Puzzle governo, tempi più lunghi: il Colle segue le mosse dei partiti

Puzzle governo, tempi più lunghi: il Colle segue le mosse dei partiti
di Marco Conti
Martedì 10 Aprile 2018, 07:00 - Ultimo agg. 12:28
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L'attesa sarà lunga, ma al Quirinale non ci si scompone più di tanto. Le contorsioni dei partiti erano attese e seguite con particolare attenzione. L'inasprirsi del confronto non è detto che sia un segnale negativo. Molto si muove, anche se non tutto alla luce del sole, e molto altro per il Colle deve ancora accadere prima che i partiti riescano ad incastrare tutti i tasselli del puzzle. Il tempo serve anche per far metabolizzare ai partiti le regole di un sistema proporzionale che obbliga a discutere di possibili coalizioni leader ancora troppo convinti di aver vinto e altri che, avendo perso, si chiamano fuori.

Oggi si dovrebbe conoscere il calendario stringato di nuove consultazioni. L'idea è quella di concentrare gli appuntamenti al Quirinale in un paio di giorni anche perché quello di giovedì e venerdì - o venerdì e sabato - non sarà l'ultimo tour a piedi delle delegazioni e di novità, rispetto al dibattito in corso, potrebbero essercene poche. La strada resta quella di trovare una maggioranza per mettere in piedi un governo politico destinato a durare e in grado di affrontare i problemi del Paese e gli impegni che l'Italia ha con i partner europei. Segnali di impazienza non si registrano sui mercati e ieri anche il Financial Times parlava di «tempi lunghi», «due mesi», e della «rassicurante presenza di Mattarella».
 
Quindi nessuna fretta e nessun incarico al buio. Tantomeno, e come è noto da tempo, nuove elezioni a breve che - in costanza dell'attuale legge elettorale - non cambierebbero la situazione. Senza contare che per cambiare il Rosatellum serve un governo. Sergio Mattarella conferma la volontà di assecondare i tentativi dei partiti ad uscire dallo stallo e il dibattito in corso conferma una vivacità dovuta anche alla tempesta perfetta che si è abbattuta sul quadro politico dopo il voto del 4 marzo. Finché nei partiti, e tra i partiti, c'è movimento, a volte anche aspro, c'è quindi speranza di arrivare ad una conclusione. Nel frattempo il Parlamento parte con l'iniziativa del presidente Fico sui vitalizi e la convocazione delle Camere per l'elezione dei componenti del Csm.

Con attenzione si segue al Colle il dibattito in corso nel centrodestra dove la tensione resta alta. Berlusconi non ci sta a farsi da parte, mentre Salvini dice no al Pd ma da ieri deve prendere atto che il forno grillino resta sbarrato sino a quando si presenterà con il Cavaliere. Insieme i due, più la Meloni, si recheranno al Quirinale e l'attesa è su cosa diranno i tre che la scorsa settimana avevano raccontato a Mattarella film diversi. Occorre quindi del tempo per capire se il centrodestra resterà unito o se ciò che è accaduto domenica scorsa, dopo il vertice ad Arcore, non sia la conferma di una tensione destinata ad esplodere visto che Salvini continua a dire no ad un incarico esplorativo. Non certo sfumature che segnano una diversità di vedute profonde tra Berlusconi e Salvini con quest'ultimo che magari potrebbe strappare dopo le elezioni in Friuli aprendosi ad un'intesa con il M5S o salvare l'unità del centrodestra accettando di guidare un governo di minoranza. Senza contare che l'offerta grillina a Salvini prevede per Di Maio la poltrona di palazzo Chigi e per il leader del Carroccio una posizione subalterna e inaccettabile per colui che ora si muove come leader del 37%.

Ipotesi alternative nel centrodestra che devono ancora sedimentarsi e che scontano anche le rigidità di Di Maio che pur di andare a palazzo Chigi è pronto ad allearsi a destra come a sinistra e a trattare a 360° sul contratto di programma. Sulla rigidità di Di Maio pesa anche il limite ai due mandati. Una regola che però il cerchio magico grillino, guidato da Grillo e Casaleggio, pensa di superare non solo in vista di nuove elezioni, ma forse anche per poter ammorbidire Di Maio offrendogli un'altra possibilità qualora nei prossimi giorni dovesse tornare attuale il principio dell'uno vale uno che spingerebbe Di Maio a fare un passo indietro nella corsa per palazzo Chigi. Il Pd domani sera, nella riunione dei gruppi parlamentari, ufficializzerà il no ad intese con il M5S, ma tra i dem il dibattito non sarà facile e l'attesa è per ciò che potrebbe accadere nell'assemblea del 21 aprile quando si dovrà decidere se e come scegliere un nuovo segretario.

L'attesa del Quirinale è rivolto a ciò che farà Renzi dopo il 21 aprile e ciò che accadrà al Nazareno dopo le elezioni regionali che potrebbero segnare un'altra sconfitta del Pd, con il passaggio del Friuli alla Lega e del Molise ai grillini.

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