Settimana caldissima quella che si apre oggi per il premier Giuseppe Conte. Al via la trattativa sul Mes, con il Pd che preme per l’ok e M5S che ufficialmente non vuole sentirne parlare ma al suo interno è spaccato anche su questo. Il voto parlamentare però non dovrebbe essere prima di fine giugno, Conte è deciso ad allontanarlo il più possibile, e magari affogarlo in un pacchetto complessivo con Recovery found, Sure e aiuti della Bei. La prima grana è la sfiducia a Bonafede.
Oggi la Boschi porterà a palazzo Chigi un documento con i punti che il partito di Renzi considera essenziali per continuare a restare nella maggioranza. L’incontro sarà con Goracci, capo gabinetto del premier. Piano shock sulle infrastrutture, politiche per la famiglia, piena rappresentanza nelle decisioni. Ma il segnale richiesto è soprattutto sulla giustizia, in primis sulla riforma della prescrizione e i tempi del processo. «Ci deve essere – viene spiegato – una discontinuità chiara». Insomma il premier deve apporre la sua firma sul documento.
Altrimenti Renzi darà ai suoi l’input di votare non la mozione del centrodestra, ma quella presentata ieri da Bonino di +Europa e sottoscritta anche da Richetti di Azione e da diversi senatori di FI. Nella mozione Tortora - così è stata battezzata nel giorno dell’anniversario della morte del giornalista simbolo delle vittime di malagiustizia - si chiedono le dimissioni del Guardasigilli. Mercoledì a palazzo Madama andrà ai voti, insieme a quella del centrodestra, e Renzi ha già fatto sapere che prima radunerà i suoi per decidere il da farsi. Iv è divisa. «Dare il via libera vuol dire far cadere il governo», osserva un senatore. In ogni caso per l’ex premier è il momento della verità. Conte ha già aperto al dialogo, ha fatto sapere che considererà tutte le proposte della maggioranza ma non vuole diktat.