Giustizia, altolà di Conte: è alta tensione con Grillo. Rispunta l’idea della crisi

Giustizia, altolà di Conte: è alta tensione con Grillo. Rispunta l’idea della crisi
Giustizia, altolà di Conte: è alta tensione con Grillo. Rispunta l’idea della crisi
di Alberto Gentili
Sabato 10 Luglio 2021, 07:00
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«Ora tutto si complica, l’accordo che sembrava a portata di mano torna in bilico. Non vorrei che Conte cogliesse a pretesto la questione della giustizia per rompere con Grillo e addirittura per uscire dal governo appena ad agosto scatterà il semestre bianco». A sera, dopo l’ennesima giornata di scontro tra i 5Stelle sul fronte della riforma del processo penale e una nuova riunione su Zoom, uno dei Sette Saggi incaricati di trovare una mediazione sullo statuto del MoVimento «vede nero». L’approdo a un’intesa, che «appariva vicina» e da sfornare entro il week-end, si allontana. 

C’è chi racconta che l’ex premier, che boccia senza se e senza ma l’accordo raggiunto giovedì in Consiglio dei ministri sulla prescrizione e dunque di fatto sconfessa Luigi Di Maio che ha condotto la trattativa, sia tornato ad accarezzare l’ipotesi della scissione. Che sia di nuovo solleticato dall’idea di fondare un proprio partito, per poi uscire dalla maggioranza che sostiene il governo di Mario Draghi.

In realtà, rapporti con il premier a parte, Conte appare piuttosto determinato a «fare tesoro di ciò che è successo sulla prescrizione», per limitare ulteriormente i poteri di Grillo.

Questo perché, secondo quanto trapela dall’entourage dell’avvocato e viene confermato dal Fattoquotidiano.it, il padre fondatore del MoVimento giovedì avrebbe convinto i ministri grillini a votare sì alla riforma di Marta Cartabia. Nella ricostruzione viene riportato che a spingere Grillo a entrare in azione è stato Draghi con una telefonata. Una posizione diametralmente opposta a quella di Conte che si era speso, chiamando i ministri pentastellati e invitandoli a non cedere, in difesa della legge Bonafede varata dal suo governo. 

 

Ebbene, questa «interferenza», questa «invasione di campo» di un Grillo «sempre più in prima linea» e per nulla disposto a fare un passo indietro e ad assumere semplicemente le funzioni di garante e custode delle regole 5Stelle, sarebbero secondo l’ex premier la prova provata di quella «diarchia» e di quella «confusione di ruoli» che l’avevano spinto alla guerra contro l’Elevato. E a chiedere che sia solo lui e soltanto lui a dettare la linea politica. Non a caso, intervenendo a un convegno dei giovani di Confindustria e rompendo la consegna del silenzio, Conte ha messo a verbale una sorta di ultimatum: «La mia leadership del M5S? Ci stiamo lavorando, ma serve un quadro di principi molto chiaro». Questa è la «premessa indispensabile: definire bene i contorni, i ruoli. Se saranno pienamente condivisi io ci sono, altrimenti no».

Ma la partita che si gioca in queste ore non è solo interna. Conte, innescando «una forte irritazione di Grillo», ha deciso di guidare la rivolta di quella parte dei 5Stelle contraria alla riforma del processo penale: «Io non canterei vittoria. Non sono sorridente sull’aspetto della prescrizione, siamo ritornati a una anomalia italiana: se un processo svanisce per nulla per una durata così breve, non può essere una vittoria per lo Stato di diritto». È seguita una mezza frenata: «Un attacco al governo Draghi? Nessuno si permetta di dirlo, io invoco semplicemente una legittima dialettica democratica che avverrà in Parlamento». 

Insomma, Conte darà battaglia durante l’iter di approvazione degli emendamenti votati giovedì all’unanimità dai ministri. Per il governo deciderà più tardi, in agosto, quando Sergio Mattarella non potrà più sciogliere le Camere. I 5Stelle sono in subbuglio, divisi per bande. Alfonso Bonafede attacca a testa bassa, dice che la riforma Cartabia «annacqua» e «stravolge» la sua legge sulla prescrizione. E critica apertamente i ministri 5Stelle: «Timorosi e ossequiosi», rompendo l’antico sodalizio con Di Maio. L’ex Di Battista invece parla di «calata di braghe» e di «ministri grillini incapaci e pavidi». 

In questa situazione c’è chi esce allo scoperto e invoca l’uscita dal governo. Alla richiesta avanzata giovedì da Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento europeo, si uniscono l’ex capogruppo Gianluca Perilli, il senatore contiano Gianluca Castaldi e Alberto Airola: «Sto con Bonafede, non vedo ragioni per continuare a sostenere Draghi». L’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi: «Se non conti nulla è meglio stare fuori». Sulla stessa linea Giulia Sarti, componente della commissione Giustizia della Camera. Ciò significa, indipendentemente da ciò che accadrà al governo, che dal 23 luglio quando la riforma Cartabia arriverà a Montecitorio i grillini ribelli daranno battaglia.

Per provare a sedare la rivolta, i ministri Di Maio, Fabiana Dadone, Federico D’Incà, Stefano Patuanelli domani pomeriggio incontreranno su Zoom i gruppi parlamentari per spiegare il sì agli emendamenti Cartabia. Ma già adesso fanno sapere di essere «riusciti a salvare la riforma della prescrizione, che gli altri partiti avrebbero voluto cancellare del tutto. Abbiamo evitato il peggio». 

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