«Coronavirus, persi 100 miliardi al mese: ora test a campione per riaprire»

«Coronavirus, persi 100 miliardi al mese: ora test a campione per riaprire»
di Marco Esposito
Venerdì 3 Aprile 2020, 07:30 - Ultimo agg. 11:30
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Professor Blangiardo, i dati sull'epidemia appaiono poco chiari. La presidente della Società italiana di Statistica Monica Pratesi denuncia una lettura «confusa, contraddittoria e disorientante». Lei da presidente Istat come la vede?
«Siamo in una situazione del tutto nuova, in cui le informazioni in effetti arrivano in modo contraddittorio e confuso, quello che si è cercato di fare è il possibile».

Non c'è chiarezza sui tamponi, c'è ambiguità tra aumento dei positivi e dei contagi...
«Non siamo nelle condizioni di giudicare quello che ci è stato fornito da fonti varie e talvolta scarsamente accreditate, e che ha spinto alcuni analisti a tentare delle previsioni poco solide. Non è questo il momento delle polemiche, dobbiamo correggere quel che va corretto, ma soprattutto essere operativi. In questo l'Istat sarà in prima linea».

In che modo?
«Sta per partire una grande operazione di analisi a campione della popolazione italiana. Ne stiamo discutendo in queste ore con il ministero della Salute e il ministro Speranza spinge perché si faccia presto e in modo dettagliato».

I diecimila tamponi con campionatura statistica proposti dalla Pratesi?
«Con la Pratesi ne abbiamo discusso. Si pensa a qualcosa di ancora più ampio e puntuale perché l'obiettivo del governo non è conoscere quanti sono davvero i contagiati in Italia, saremmo di fronte a una sorta di curiosità statistica; ma arrivare al dettaglio per professione, o quanto meno per ambito lavorativo, e per territorio della percentuale di contagiati. L'obiettivo è avere uno strumento per gestire la ripresa, la riapertura dell'Italia. Quindi, come Istat, faremo un'indagine in squadra con altri per stimare la diffusione del contagio per categorie lavorative, età, genere e territori in modo da individuare le situazioni di rischio più o meno elevato e poi definire gli spazi di libertà. La sospensione dell'attività coinvolge il 48% delle imprese non esportatrici e il 65% di quelle esportatrici. In termini di fatturato, la perdita in un mese di inattività è 100 miliardi, in valore aggiunto di 27 miliardi. Il fine è chiaro: minimizzare il rischio di aprire e poi dover tornare indietro».

L'Istat mercoledì ha dato il suo contributo rivelando i dati reali della mortalità a marzo. Al Nord i valori sono impressionanti con il raddoppio dei morti. Come è stato scelto il campione dei Comuni e quello dei 19 campani?
«Da anni l'Istat raccoglie i dati delle anagrafi comunali e li rende pubblici appena sono completi, ma ciò richiede del tempo per cui l'ultimo mese attualmente disponibile è novembre 2019. C'è però anche un'anagrafe centralizzata, in via di completamento presso il ministero dell'Interno, cui hanno già aderito tre quarti dei comuni italiani. Questo flusso è molto più rapido e aggiornato. Da questa fonte abbiamo selezionato i Comuni più completi e affidabili; quindi non abbiamo effettuato un campione, ma in un certo senso i Comuni si sono autoselezionati, compresi i campani; inoltre, abbiamo voluto scartare i Comuni troppo piccoli, con meno di dieci morti nel trimestre, per i quali si è ritenuto ci sia ancora troppa variabilità accidentale nel dato giornaliero».

È stata un'iniziativa dell'Istat o è stata richiesta?
«Una nostra iniziativa, che ha coinciso con una richiesta arrivata dall'Istituto superiore di sanità. Abbiamo capito che dovevamo essere in campo e abbiamo forzato il più possibile i tempi di utilizzo dell'anagrafe centralizzata del ministero dell'Interno, così da avere dati attuali e confrontabili sui decessi almeno per i Comuni per i quali era possibile».

L'impennata di vittime avrà impatto sul profilo demografico?
«Da demografo, mi sono posto la domanda e ho fatto alcune simulazioni. L'epidemia si è rivelata un fenomeno virulento e preoccupante e tuttavia in termini quantitativi non è paragonabile, per esempio, alla spagnola che un secolo fa fece 600mila morti. Oggi siamo messi molto meglio».

Però le vittime sono concentrate in alcune fasce di popolazione e specifici territori...
«È indubbio che sia così, come è indubbio che ogni vita vale a prescindere dall'età. Ma non dobbiamo dimenticare che l'Italia è un Paese di anziani. Abbiamo 14 milioni di persone oltre i 65 anni, di queste, quasi 800mila oltre i 90 anni di cui 15mila centenari. La mortalità aumentata eserciterà un effetto sulla numerosità di queste categorie, ma non al punto da invertire la tendenza all'invecchiamento della popolazione».

La speranza di vita non si sta abbassando?
«Verosimilmente un po' si abbasserà. Da un mio personale sommario calcolo non è un dato Istat ho visto che se per le persone con oltre 60 anni la probabilità annua di morte aumentasse del 50% rispetto al livello ultimo accertato (tavola Istat anno 2018) - cioè si accrescerebbe di un valore davvero elevato da prendere come limite veramente estremo - torneremmo alla situazione del 2001. Questo per una ragione per così dire tecnica: la speranza di vita è relativamente poco influenzata dai decessi in tarda età, peserebbe molto di più una variazione in aumento della mortalità infantile».

Per le pensioni, l'età per la vecchiaia è a 67 anni e dal 2022 dovrebbe aumentare di tre mesi. Cambierà qualcosa?
«Sì, già nel 2019 come un po' in tutti gli ultimi tre anni dispari si è registrato un incremento dei morti. I valori del 2020 accentueranno il fenomeno e questo potrebbe avere un effetto sulla speranza di vita a 65 anni la cui variazione determina la soglia di età pensionabile. Non illudiamoci però che il coronavirus possa risanare il bilancio dell'Inps».

Quali sono le stime sull'impatto economico del coronavirus?
«Il perimetro delle attività coinvolte nel lockdown è molto ampio e con una dimensione economica rilevante. L'insieme dei settori industriali e dei servizi sospesi comprende 2,2 milioni di imprese (quasi una su due), con un'occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%), un fatturato di 1.380 miliardi (42,8%), un valore aggiunto di 321 miliardi (41%) e un valore delle esportazioni di 280 miliardi (65,8%). In termini di dimensioni aziendali, le imprese che hanno bloccato le attività sono il 48,7% tra le microimprese (quelle con meno di 10 addetti), il 50,4% tra le piccole imprese, il 40,7% tra le medie imprese ed il 34,3% tra le grandi imprese. E questo è solo l'effetto diretto; considerando anche gli effetti indiretti generati dall'impatto negativo che il blocco delle attività dei settori chiusi genera sui settori aperti, l'impatto negativo diventa più ampio. Su questi aspetti l'Istat sta lavorando e il 7 aprile presenteremo le stime di impatto».

A proposito di stime, l'Istat ha annunciato che non diffonderà i dati sulla fiducia di cittadini e imprese in calendario per il 24 aprile. Non è un brutto segnale saltare una rilevazione?
«Per le imprese ci sono problemi tecnici visto che moltissime aziende sono chiuse. Per i consumatori abbiamo ritenuto che a causa dell'assoluta anomalia della situazione sarebbero stati valori non comparabili, un'informazione non significativa. Avremmo scoperto l'acqua calda».

E compito dell'Istat non è misurare la temperatura?
«Ripeto: se il dato è fuori contesto, diventa peggiore della non informazione». 

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