La Lega si affida a Casellati: il Colle ascolterà le Camere

La Lega si affida a Casellati: il Colle ascolterà le Camere
di Alberto Gentili
Lunedì 12 Agosto 2019, 09:00 - Ultimo agg. 10:48
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ROMA Si annuncia una battaglia campale la riunione dei capigruppo del Senato in programma oggi pomeriggio. La presidente di palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è già accusata da renziani, grillini e sinistra di «fiancheggiare Salvini» e di «tentare un blitz» offrendo sponda al rinato (chissà per quanto) centrodestra.
Le questioni sono due. La prima è la discussione della mozione del Pd di sfiducia individuale contro il ministro dell'Interno. La Casellati appare orientata a sposare la tesi del capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo: «Da regolamento, se c'è una mozione di sfiducia contro il governo va discussa per prima, solo dopo si possono affrontare quelle contro i singoli ministri». La seconda questione è la data del dibattito sulla mozione di sfiducia a Giuseppe Conte.

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Il leader della Lega ha detto e ripetuto di volerla discutere «prima di Ferragosto». Però, considerati i tempi molto stretti, si accontenterebbe del 16 e 17. Il premier, che ha scelto una tattica attendista per sfibrare e far rosolare l'ex alleato, ha infatti già fatto sapere che domani sarà a Foggia e dopodomani a Genova per la cerimonia commemorativa del crollo del ponte Morandi. Anche i giorni subito dopo Ferragosto appaiono però un miraggio per il Carroccio: in Senato il fronte per il governo di garanzia o di scopo caldeggiato da Matteo Renzi, proposto da Beppe Grillo e sostenuto da parlamentari di ogni colore, ha la maggioranza. E oggi, con ogni probabilità, i capigruppo di Lega, Fratelli d'Italia e di Forza Italia, verranno sconfitti. Conclusione: il dibattito sulla sfiducia, sempre che Salvini non faccia precipitare la crisi facendo dimettere tutti i ministri della Lega, si svolgerà martedì 20 agosto.

Ed ecco che potrebbe entrare in gioco, secondo Pd, 5Stelle e Misto, la Casellati. La presidente del Senato nelle ultime ore avrebbe sondato i capigruppo Andrea Marcucci (renziano) e Stefano Patuanelli (M5S), facendo balenare la possibilità di convocare per domani o al massimo mercoledì l'Aula di palazzo Madama. E questo perché, visto che la decisione sulla data del dibattito non sarà stata presa all'unanimità, la prassi prevede che sia l'assemblea dei senatori a decidere il calendario. «Se ciò avvenisse sarebbe una forzatura gravissima, un favore spudorato a Salvini», tuona Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto ed esponente di Leu, «perché se è vero che senza unanimità nella riunione dei presidente dei gruppi è poi l'Aula a decidere, è anche vero che non si è mai stata convocata una seduta ad hoc per discutere del calendario».
C'è chi, in Forza Italia, non dà però per certo questo epilogo. Per due ragioni. La prima: così come il fronte del voto a ottobre non ha la maggioranza nella riunione dei capigruppo, così non ce l'ha Aula. I rapporti di forza: 138 senatori per le elezioni immediate, contro 181 schierati per il rinvio. La seconda: il fronte a favore del governo di scopo o di garanzia può far mancare il numero legale, dato che Lega, Fdi, Forza Italia non possono assicurarlo da soli. Dunque la Casellati non avrebbe alcun interesse ad andare allo scontro. «Ma la presidente e Salvini sperano nelle assenze nelle nostre fila, puntano all'incidente per far passare la convocazione anticipata dell'assemblea. Tanto più che Marcucci non riuscirà a portare in Aula almeno venti dei suoi 51 senatori», dice una fonte del Pd che segue il dossier.

GIRANDOLA DI APPELLI
Questo scontro va di pari passo alla zuffa sull'ipotesi di un nuovo governo. Tutti, da Salvini e Luigi Di Maio, da Nicola Zingaretti a Pietro Grasso, si appellano a Sergio Mattarella. Chi per chiedere di sventare il grande inciucio, chi per rinviare le elezioni. Il capo dello Stato, che si tiene a debita distanza (in Sardegna) prima di entrare in campo una volta chiusa la partita della sfiducia a Conte, fa solo filtrare che avrà un atteggiamento notarile, assolutamente neutrale. Non brigherà, insomma, per far nascere governi solo per posticipare il voto. «Deciderò dopo aver ascoltato il Parlamento», ha filtrare. E dopo aver sentito ciò che gli andranno a dire i gruppi parlamentari nel breve giro di consultazioni che si dovrebbero svolgere il 21 e 22 agosto.
Ciò non toglie che di fronte a una soluzione rabberciata come un governo di scopo a tempo (stop all'aumento dell'Iva etc) proposto da Renzi e all'esecutivo politico e di legislatura lanciato in serata da Zingaretti, sul Colle incasserebbe maggiore gradimento la seconda ipotesi. Più chiara e più stabile. Ma la proposta del segretario dem, dato che i 5Stelle con ogni probabilità non potranno sostenerla, appare più una mossa per uscire dall'angolo e alzare l'asticella a un'altezza tale da non poter essere superata. L'obiettivo di Zingaretti restano le elezioni.
Ciò detto, i numeri per un governo di scopo e a tempo ci sarebbero. E sarebbero più chiari se, come sembra, Renzi dovesse battezzare gruppi autonomi spaccando il Pd. In più, il partito del non voto - pur senza alcuna intesa alta tra leader - potrebbe limitarsi a non sfiduciare il governo di garanzia elettorale, guidato da un tecnico, che Mattarella spedirà in Parlamento dopo le dimissioni di Conte: senza sfiducia il capo dello Stato non potrebbe sciogliere le Camere e aprire la strada alle elezioni.
 

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