Draghi, la pagella della crisi di governo: Conte, Zingaretti e M5S ko; Renzi (per ora) vince

Draghi, la pagella della crisi di governo: Conte, Zingaretti e M5S ko; Renzi (per ora) vince
Mercoledì 3 Febbraio 2021, 23:45 - Ultimo agg. 4 Febbraio, 08:20
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IL PAESE 

Fiducioso 

Whatever it takes: l’Italia è lì lì per sentirselo dire un’altra volta. Certo, ci sono sempre quelli che gridano ai poteri forti, Di Battista che punta il dito contro l’establishment e Fratoianni che teme il commissariamento della politica, però non sembra proprio che stiamo finendo in cattive mani. È tutto ancora da costruire: non solo il Recovery Plan, ma pure il consenso necessario, in Parlamento e nel Paese. Ma il capitale di serietà, di competenza, di autorevolezza che viene messo a disposizione è grande. Fiducioso. 

GIUSEPPE CONTE 

Periclitante 

Che botta. L’ex avvocato del popolo aveva quasi raggiunto lo status di insostituibile. Quasi. Quando è arrivata la spallata di Renzi, non è riuscito a far argine in Parlamento. Non aveva l’arma fine di mondo delle elezioni da minacciare, e s’è visto. Ha dato le dimissioni perché non c’era altro da fare, avendo però compreso, forse prima della sua maggioranza, che a Palazzo Chigi non sarebbe rientrato. Ora si apre un’altra partita, e lui deve capire se intende davvero giocarla, o se ne ha avuto abbastanza. Periclitante.

MATTEO RENZI 

Spregiudicato 

Lui dice di aver giocato la partita da solo con il resto del mondo, e di averla vinta 3 a 0. E in effetti: ha messo in crisi il governo, ha messo in forte difficoltà la squadra giallorossa, ha mandato a casa mister Conte. Se ora Draghi monta in sella e i Cinque Stelle si spaccano, fa filotto. Gli avversari dicono che gioca solo a distruggere, ma lui una strategia ce l’ha: disarticolare il quadro politico per poi ricostruirlo intorno a un centro riformista e liberaldemocratico, e lì mettere casa. Spregiudicato.

NICOLA ZINGARETTI 

Volenteroso

Forse la via crucis è finita, forse prevede ancora altre stazioni. (Potrebbe piovere). Nell’estate del 2019 Zingaretti non voleva allearsi con i Cinque Stelle e non voleva Conte: è stato spinto ad allearsi e ha subito Conte. Ieri Zingaretti voleva proseguire con i Cinque Stelle e non voleva sentire altri nomi: c’era solo Conte, per lui. Ed è andata com’è andata, invece. L’impegno ce lo mette, i risultati sono quello che sono. E ora lo aspettano le comunali di Napoli, Roma, Torino. Che gli si può dire? Volenteroso. 

LUIGI DI MAIO 

Incassatore

Ora non ce lo ricordiamo, ma Di Maio ha vissuto il suo annus terribilis prima di questa crisi: ha dato le dimissioni da Capo del Movimento, e assistito all’ascesa di Conte.

Ha deciso allora di giocare palla a terra, senza fronzoli. Senza esporsi, senza sbilanciarsi. E ha aspettato. Anche in queste ore sta aspettando, prudentissimamente. Lui non morirà con Conte, o per Conte: questo è sicuro. È rimasto allineato e coperto, ma se le Cinque Stelle si disintegreranno, lui sarà su una navicella spaziale che lo porterà altrove. Incassatore. 

SILVIO BERLUSCONI 

Inossidabile

Se nel “suo” Milan può giocare Ibrahimovic, a quasi 40 anni, perché lui non dovrebbe avere più l’età per il gioco politico, a 84 anni suonati? In fondo a questa crisi c’è pur sempre il Quirinale, ed entrare in maggioranza è un passo nella giusta direzione. A ciò si aggiunga che con Draghi il solo centrodestra che può contare è quello europeista: chi meglio di Forza Italia può rappresentare questo profilo? Il Cavaliere ha tenuto uniti i suoi, e arrestato nei sondaggi la china discendente. Tanta roba. Inossidabile.  

MATTEO SALVINI 

Incasinato

Per l’opposizione far cadere il governo è una vittoria: punto. Per Salvini, su cui il premier aveva affondato i colpi, all’atto di nascita del Conte bis, è una vittoria con sapore di rivincita: altro punto. Però il bello viene ora. Se non si va alle elezioni, si deve governare. E se si deve governare con SuperMario, ci sono un bel po’ di tossine sovraniste da smaltire. Giorgetti, buon amico di Draghi, starà di sicuro dicendo qualche parolina nell’orecchio del Capitano: basterà? Incasinato. 

GIORGIA MELONI 

Tenace 

Aveva il gioco facile, e anche per lei la fine prematura di Conte è un punto a favore. Ma l’ideale sarebbe passare subito all’incasso. Si sta giocando la leadership nel centrodestra, e gli cambiano il tavolo: ovvio che non faccia i salti di gioia. Stando ai sondaggi, ha quasi quadruplicato i voti presi nel 2018: ovvio che punti alle elezioni. Detto ciò, dà minimi segnali, per non far saltare subito l’unità del centrodestra: un’astensione, magari… In fondo, è pur sempre una piccola novità. Tenace. 

BRUNO TABACCI 

Realista 

Fino a quando, nelle vicende della Repubblica, ci sarà bisogno dell’arte tutta democristiana della politica? Non moriremo democristiani, forse, ma nemmeno moriranno, i democristiani. Tabacci si è assunto il compito di reclutare responsabili, e preparare la strada al partito di Conte. Non ce l’ha fatta, ma non si è mica perso d’animo: lui conosce Mario Draghi dal 1983… Insomma: si fa politica con il materiale che c’è a disposizione. Per dargli una forma accettabile Tabacci un buon consiglio lo dispenserà sempre. Realista. 

ROBERTO FICO  

Non pervenuto 

C’era quella battuta formidabile di Fortebraccio: «Si fermò una macchina, si apri la portiera, non scese nessuno. Era Nicolazzi». È perfetta anche per il Presidente Fico, e l’impalpabilità della sua esplorazione. Mattarella gli ha chiesto di verificare, e lui lo ha fatto, senza far sentire la sua voce né sul tavolo del programma né su quello, decisivo, sui nomi. Non è un cuor di leone, e si vede. Se è stato sfiorato dall’idea di proporsi lui stesso come soluzione nessuno se n’è accorto. Lui, uscito dal Quirinale, è solo sceso dalla macchina. Non pervenuto. 

SERGIO MATTARELLA

Impeccabile 

Quello che deve essere un Presidente della Repubblica: una garanzia. Per tutti. Ha atteso le dimissioni di Conte, senza pretenderle. Ha dato alla maggioranza una chance, e ha atteso anche lì. Infine, ha deciso per il meglio: le elezioni, in piena pandemia e con un Recovery Plan da presentare nei prossimi mesi non sono nell’interesse del Paese. Dunque: incarico alla personalità che meglio rappresenta il Paese nel mondo. Non una parola polemica, non un segno di impazienza. Solo la gravità che il momento richiede. Impeccabile. 

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