Governo M5S-Pd, i cinque ostacoli da superare dopo l'autogol di Salvini

di Mauro Calise
Lunedì 19 Agosto 2019, 08:30
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Meglio aspettare martedì sera, prima di esser certi che Salvini sia riuscito nell'autogol più clamoroso della storia della politica italiana. Ma il risultato dipende anche dalla chiarezza con cui gli altri due poli Cinquestelle e Pd allargato imboccheranno l'alternativa che sembrava, sette giorni fa, impensabile. E oggi appare quasi obbligata. 

Una buona base di partenza può essere quella proposta da Prodi, ieri su queste colonne, evocando l'accordo che ha portato all'elezione molto tribolata della presidente della Commissione europea. Il cui valore principale, per l'Italia, sta nel fatto di non essere avvenuto secondo linee partitiche tradizionali. Ma, anzi, rimescolando le carte in modo per molti versi imprevisto. Come imprevisto sarebbe l'accordo tra vertici Pd e pentastellati, magari perfino con l'aggiunta di qualche settore del centrodestra moderato indisponibile a farsi annettere alla corte troppo autoritaria di Salvini. Quindi, la prima sfida da affrontare è quella di sbarazzare il campo da schemi rigidi del passato, e relative rendite ideologiche. Si naviga in mare aperto. Ciò che conta davvero sono pochi, fondamentali obiettivi.

La seconda sfida consiste, appunto, nel selezionare un numero limitato di priorità. Chiaramente individuabili e ancor più chiaramente comunicabili. Si è vista la brutta fine che ha fatto il contratto gialloverde con tutti i suoi codicilli e le sue numerose ambiguità. E non mi sembra un'idea migliore evocare il precedente tedesco, dove ci sono voluti molti mesi per stilare minuziosamente un capitolato d'intesa. Sarebbe un'operazione a tavolino, che capirebbero solo i parlamentari, e la fascia di militanti più attivi. Impiegando un tempo lunghissimo, che Mattarella non può concedere. E lasciando nell'incertezza ampie fasce dell'elettorato che, invece, va attivamente coinvolto. Anche per contrastare l'offensiva mediatica di Salvini che sarà martellante, asfissiante. Riuscite a immaginarvi l'effetto del Capitano che batte spiagge e piazze d'Italia contro l'inciucio giallorosso mentre gli sherpa dei due partiti cesellano un centinaio di decreti a venire?

Una volta convenuto che bastano tre, massimo quattro obiettivi strategici, sceglierli non è molto difficile. È sufficiente mettere da parte, almeno per la fase di avvio, i temi più divisivi e concentrarsi su quelli che possono fare da cemento per la nuova alleanza. Ne cito tre: ambiente, formazione e innovazione tecnologica. Si tratta dei grandi assenti della piattaforma leghista. E, al tempo stesso, di quelli che hanno dato un'importante spinta propulsiva alla fase iniziale dei grillini. E che potrebbe trovare d'accordo l'ala renziana con la nuova leadership del segretario del Pd. Se poi si riuscisse a coniugare questi temi pensando soprattutto al rilancio del Mezzogiorno, i Cinquestelle consoliderebbero il loro principale bacino elettorale, fermando il tentativo di recupero che Salvini sta mettendo in campo da mesi. E il Pd proverebbe a ritrovare la vocazione meridionalista che con Renzi è andata smarrita, e senza la quale è difficile che recuperi l'elettorato giovanile.

Già, starete pensando, e la Giustizia, le Banche? Che fine farebbero le politiche su cui grillini e democratici si sono violentemente contrapposti nella scorsa legislatura? Se gli uni o gli altri vogliono prenderle subito di petto, liberi di farlo. Si finisce dritti di nuovo tra le braccia di Salvini. Più saggio sarebbe fare tesoro gli uni e gli altri dell'esperienza pregressa. I cinquestelle sanno benissimo che, tra i motivi di rottura della Lega, c'è anche il rifiuto di far passare la riforma giudiziaria voluta dai grillini. I renziani, per canto loro, non possono pensare di dettar legge, e qualche rospo devono pure prepararsi a ingoiarlo. L'importante è che questi disaccordi fisiologici e inevitabili vengano rinviati a una fase più matura della coalizione. Il primo tempo quello che conta nei confronti dei propri elettori e della platea internazionale deve essere all'insegna di uno spirito di solidarietà costruttiva. Mettere l'economia in salvaguardia, con poche parole d'ordine che diano chiaro il segno di un nuovo inizio.

Superare queste quattro sfide è difficile, ma non impossibile. Ma sarebbe uno sforzo inutile se non si vincesse anche la quinta, di gran lunga la più ardua. Lo dico con le parole che Cassese ha usato ieri sul Corriere: «aver la capacità di spiegare bene all'elettorato le proprie mosse, dotandosi di strumenti mediatici e informatici almeno pari a quelli usati finora dalla Lega». Fino ad oggi, i dinosauri del Pd sono riusciti a comunicare bene soltanto le proprie divisioni interne. E i cinquestelle, che un anno fa sembravano avere il monopolio del Web, si sono fatti fregare da Salvini sul loro stesso terreno. Forse l'obiettivo strategico più importante della nuova maggioranza dovrebbe consistere proprio nel rifondare possibilmente insieme la comunicazione democratica. Se non ne sono capaci, si tenessero l'autocrazia dei selfie in salsa leghista.
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