Manovre anti-voto, ecco il piano

Manovre anti-voto, ecco il piano
Manovre anti-voto, ecco il piano
di Diodato Pirone
Domenica 11 Agosto 2019, 08:53 - Ultimo agg. 12 Agosto, 09:05
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Non bisognerà aspettare a lungo per veder materializzarsi il partito del Grande Inciucio. Anzi, il fronte per il governo di garanzia democratica come lo chiama chi, in queste ore, ci lavora segretamente. E alacremente. Già domani pomeriggio, quando in Senato si riunirà la conferenza dei capigruppo, l'asse per le elezioni anticipate d'ottobre incarnato da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e da Nicola Zingaretti verrà sconfitto. Niente dibattito sul destino del premier Giuseppe Conte «prima di Ferragosto», come chiede il leader della Lega.

Manovre anti-voto, ecco il piano

Renzi: «Governo di garanzia ed elezioni nel 2020». Ma Zingaretti dice no

Ma martedì 20. Per il rinvio si schiereranno i capigruppo del Pd, che a palazzo Madama è il renziano Andrea Marcucci, dei 5Stelle, del Misto guidato da Loredana De Petris di Leu e quello delle Autonomie. In bilico Forza Italia: Silvio Berlusconi sta trattando il rilancio del centrodestra con Salvini e Anna Maria Bernini resterà in una posizione di neutralità. Il totale di questo schieramento, anche senza forzisti, e senza i senatori fedeli a Zingaretti, è di circa 180 voti. E per tenere in piedi un governo in Senato ne bastano 161.
 





IL CAMBIO DI PASSO
Fino a ieri il fronte contro Salvini e contro le elezioni anticipate, era un fiume carsico, formato soprattutto dall'esercito dei peones mosso dall'istinto di sopravvivenza: non tornare a casa e perdere il lauto stipendio dopo appena 19 mesi di legislatura. Un fiume che potrebbe innescare la scissione del Pd e il definitivo spappolamento di Forza Italia. Nelle ultime ore però stanno uscendo allo scoperto i leader. Il primo è Beppe Grillo: «Altro che elezioni, salviamo il Paese dai nuovi barbari». E oggi si farà sentire Matteo Renzi, che ha bisogno di tempo per organizzare il suo partito ed è pronto a lanciare un esecutivo di garanzia. In più anche Enrico Letta (che renziano certo non è) e Romano Prodi fanno sapere di essere contro le elezioni. La ragione: la vittoria dell'asse Salvini-Meloni, con la sue massicce dosi di sovranismo e di anti-europeismo, innescherebbe l'isolamento del Paese. Non a caso si narra di diverse cancellerie europee, Parigi e Berlino in testa, che starebbero «attenzionando» la situazione in Italia, tifando silenziosamente per il disinnesco della bomba sovranista e filo-russa.

Il fronte contro il voto anticipato sta coniando motivazioni alte. La prima: evitare, appunto, di consegnare il Paese alla destra estrema anti-europea. La seconda: fare subito la legge di bilancio per scongiurare l'aumento dell'Iva e lo scontro con Bruxelles sui conti che inquieta i mercati finanziari. La terza, ma non ultima: impedire che sia Salvini che ha già chiesto «pieni poteri» a mettere le mani nel 2022, quando scadrà il mandato di Sergio Mattarella, sulla massima istituzione repubblicana di garanzia.

Così, la tesi più accreditata è un governo di transizione o di scopo per fare legge di bilancio e taglio dei parlamentari. Ma soprattutto, per fare la riforma delle legge elettorale e cancellare la quota di maggioritario che permetterebbe a Salvini di avere oltre il 50%. Se questo esecutivo dovesse nascere, probabilmente arriverebbe almeno fino alla data in cui si eleggerà il nuovo capo dello Stato.

Ma l'operazione che Salvini - pronto a lasciare il Viminale «per togliere alibi agli inciucisti» - ha già bollato «antidemocratica» e «schifosa», è tutt'altro che facile. Perché impopolare in una larga fetta dell'opinione pubblica: i governi Dini e Monti sono passati alla storia come indigeste operazioni di palazzo. E non sarà facile reggere all'urto della ruspa e della piazza del leader leghista. Perché quando si andrà alle elezioni Salvini potrebbe guadagnare ulteriori consensi. «Ma chissà cosa sarà di lui nel 2023...», sibila uno degli sherpa. E perché le distanze tra i presunti e potenziali alleati sono grandi. Anzi, abissali.

INCOMUNICABILITÀ
«I 5stelle sono inaffidabili, cambiano idea ogni momento», allarga le braccia un mediatore renziano. «Chi comanda nel Pd? Renzi o Zingaretti? E poi chi si può mai fidare di Renzi?!», si interroga un plenipotenziario grillino. In più, i dem come Dario Franceschini e Marcucci che lavorano all'accordo puntano a «un governo politico con un leader politico» che non deve essere né Fico, né Conte. Chi tratta nei 5Stelle invece vuole un Conte-bis, oppure su un esecutivo guidato dal presidente della Camera che, per rendersi più appetibile, sta facendo balenare l'ipotesi di lasciare la sua poltrona proprio a Franceschini. «Zingaretti è contrario? Lo convinceremo con le buone o con le cattive. Non può consegnare il Paese alle destre solo per cacciare dal Parlamento i renziani», sostiene un esponente del Pd.

Ma c'è chi dice che potrebbe non essere necessario un accordo alto siglato dai leader per scongiurare il voto in ottobre. Le elezioni potrebbero essere rinviate con un'operazione di basso profilo. Dopo le dimissioni di Conte, se dai gruppi parlamentari Mattarella non riceverà indicazioni chiare in occasione delle brevi consultazioni che svolgerà tra il 21 e il 22 agosto, il Presidente affiderà l'incarico a un tecnico per un governo di garanzia elettorale. E circola il nome di Carlo Cottarelli che già tentò nel 2018. Poi questo esecutivo dovrà andare in Parlamento per la fiducia. «E chi può dire che questo governo non l'ottenga?», si domanda un altro mediatore, «in questo caso Mattarella non potrebbe sciogliere il Parlamento». E bye bye elezioni. Anche per questo Pier Ferdinando Casini, grande esperto di dinamiche parlamentari, è ottimista: «La strada è stretta, ma comincio ad avere qualche speranza di non assistere alla cavalcata solitaria di Salvini».

Una cosa è certa: Mattarella garantirà ai contendenti la più assoluta neutralità. «Il Presidente non brigherà per far nascere governi a prescindere e non darà incarichi al buio a ipotetici premier che poi andrebbero in Parlamento a cercare i voti», spiega chi ha parlato con il capo dello Stato. L'incarico per un governo politico verrà dato solo a chi, come è avvenuto nel 2018, potrà dimostrare numeri alla mano il sostegno chiaro di una maggioranza chiara. E questo si capirà solo con le consultazioni».

 

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