Crisi di governo, Fassino: «Con Draghi a Palazzo Chigi, l'Italia è credibile come mai da decenni»

Crisi di governo, Fassino: «Con Draghi a Palazzo Chigi, l'Italia è credibile come mai da decenni»
di Generoso Picone
Domenica 17 Luglio 2022, 08:57 - Ultimo agg. 18 Luglio, 07:05
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«C'è un errore classico che in politica non bisogna mai compiere quando si è in una condizione di difficoltà: presumere che radicalizzando lo scontro si possa trovare una via d'uscita. Non è vero, non è mai così e si tratta soltanto di una illusione perché radicalizzando si perdono consensi e ci si chiude in una deriva minoritaria». Piero Fassino recupera una solida lezione che gli viene dalla lunga esperienza politica per consegnare una sorta di consiglio al vertice del M5S: da attuale presidente della commissione Affari esteri della Camera, ma già ministro, sindaco di Torino e ultimo segretario dei Ds prima della nascita del Pd, ha davanti a sé il quadro di una situazione nazionale e internazionale decisamente complicata e difficile. Le paventate dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il venir meno del governo di unità nazionale con il disimpegno dei cinquestelle rischiano di produrre un grave vuoto di potere.

Fassino, lei teme che mercoledì con il dibattito in Parlamento a cui parteciperà Draghi si arrivi a tanto?
«Mercoledì è ancora lontano. Dobbiamo usare questi giorni per superare il trauma, facendo in modo che la riflessione del M5S vada nella direzione di confermare un impegno alla governabilità consentendo al governo Draghi di riprendere il suo cammino. Lo scenario che abbiamo davanti è mai come oggi assolutamente critico: una guerra nel cuore dell'Europa, una crisi economica ed energetica che coinvolge famiglie e imprese, un'emergenza alimentare nella vicina Africa che rischia di innescare nuovi flussi migratori, la pandemia non ancora sconfitta, una crescita che rallenta e un'inflazione che sale, il Pnrr in pieno esercizio.

Sono questioni di tale rilievo che impongono a tutti di non scherzare con il fuoco».

Il presidente Draghi le ha catalogate tra le buone ragioni per restare. Poi ci sono le altre che lo indurrebbero a lasciare.
«Guardi, se c'è un dato indubitabile è che con Draghi a Palazzo Chigi il ruolo e l'immagine dell'Italia in Europa e nel mondo hanno conquistato un credito ben superiore a quello che si aveva negli ultimi decenni. Da Paese a cui veniva imposto di svolgere i compiti a casa, oggi è l'Italia un riferimento e una garanzia di credibilità. Proprio qualche giorno fa, esponenti della Commissione europea mi sottolineavano che oggi Bruxelles tutto ciò che proviene dal governo Draghi è valutato in termini positivi e si guadagna procedure immediate. Il prestigio del nostro premier è peraltro confermato dagli attestati di solidarietà che gli arrivano da tutto il mondo, dal presidente Joe Biden alle cancellerie europee. Mario Draghi rappresenta un punto di certezza».

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Non per il M5S, però.
«I problemi di ordine interno a una forza politica non possono prevalere sulle esigenze del Paese. Occorre senso di responsabilità. I Cinquestelle stanno discutendo intensamente ed è bene che lo facciano per sciogliere il dilemma sulla loro identità: ripiegare sull'originario spirito antagonistico mettendo in discussione la presenza in maggioranza oppure portare a compimento il percorso fin qui intrapreso per abbracciare una vera e solida cultura di governo?».

Lei cosa si aspetta?
«Mi auguro la seconda ipotesi, dichiarando che la non partecipazione al voto sul decreto aiuti era riferita al disaccordo sulla realizzazione dell'inceneritore di Roma, ma che sono pronti a proseguire il loro impegno nella maggioranza e nel governo Draghi. E così la crisi si possa chiudere».

Forza Italia fa sapere che non parteciperebbe più a un governo con il M5S.
«Se i Cinquestelle definiranno il loro atteggiamento con una decisione chiara di sostegno al governo non ci sarebbero ragioni per escluderli. Siamo contrari a qualsiasi forma di esclusione delle forze che costituiscono l'attuale maggioranza. L'Italia ha bisogno di un governo in grado di funzionare nella pienezza dei poteri e con il consenso parlamentare più ampio. Noi tutti nel Pd siamo impegnati affinché si arrivi a questo esito».

Anche per salvare l'ipotesi del campo largo?
«È chiaro che la crisi di questi giorni sollecita una riflessione su come strutturare il campo largo. Noi continuiamo a lavorare per la più ampia inclusione, rivolgendoci al M5S, Leu, Insieme per il futuro di Di Maio e anche ad Azione, +Europa, Italia Viva, Verdi e socialisti. E vogliamo interloquire con quelle energie di società civile che con le liste civiche hanno concorso alle vittorie degli schieramenti progressisti nelle recenti elezioni amministrative. Il campo largo deve fondarsi su un progetto per il Paese, coinvolgendo le tante energie della società italiana. Le convergenze vanno verificate sui temi concreti e sulle aspettative degli italiani: questa è l'unica strada percorribile per raggiungere intese che possano essere credibili per gli elettori».

Il voto anticipato spaventa il Pd?
«In democrazia non può mai spaventare andare alle elezioni, che sono sempre un appuntamento di chiarezza e di verifica. Bisogna però essere consapevoli che - già soltanto per le procedure elettorali - si creerebbe un vuoto nell'attività di governo per un periodo non breve. A chi invoca elezioni subito va ricordato che nel 2018 si votò tre mesi dopo lo scioglimento del Parlamento e si dovettero attendere altri 5 mesi per avere un nuovo esecutivo. Mentre battono alle porte scadenze e sfide che chiedono di essere affrontate tempestivamente con un governo nel pieno dei suoi poteri. Per questo abbiamo bisogno di superare in fretta questa crisi consentendo a Draghi di proseguire nella sua guida dell'Italia».

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