Crisi Venezuela, M5S detta la linea a Conte: ignorato il pressing del Colle

Crisi Venezuela, M5S detta la linea a Conte: ignorato il pressing del Colle
di Marco Conti
Martedì 5 Febbraio 2019, 11:00 - Ultimo agg. 16:05
3 Minuti di Lettura
«Sul Venezuela non stiamo facendo una bella figura». Matteo Salvini lo ammette ufficialmente mentre il suo collega vicepremier Di Maio è silente e avalla le tesi sudamericane di Alessandro Di Battista. Subisce invece Giuseppe Conte che non una parola ha aggiunto all'esortazione di Sergio Mattarella a non avere dubbi e incertezze, salvo diffondere a tarda sera una nota in cui Palazzo Chigi ribadisce la sua solita posizione in favore di «nuove elezioni presidenziali libere e trasparenti», senza offrire alcun riconoscimento a Guaidó e senza esprimere neanche la minima critica nei confronti di Maduro. Scegliere tra un dittatore che sta affamando il suo popolo e libere elezioni, non dovrebbe essere difficile per il governo italiano. Tantomeno per un europeista come Giuseppe Conte e un governo che a suo tempo affidò al ministro degli Esteri Enzo Moavero il compito di dire in Parlamento che l'Italia non riconosceva la legittimità delle elezioni in Venezuela perché Maduro le aveva truccate usando anche la violenza.
 
L'allineamento dell'Italia al resto dell'Europa invece non arriva. Mattarella non cita Gauidò ma chiede al governo di essere più chiaro nel denunciare le brutalità del dittatore e nel chiedere nuove elezioni. Invece non accade nulla, e ieri l'Italia a Bruxelles ha bloccato un documento di solidarietà al popolo venezuelano solo perché riconosceva Guaidó presidente ad interim. Ovviamente sull'isolamento dell'Italia in Europa - e non solo, visto il pressing di Washington a favore di Guaidó - soffiano molti paesi europei con i quali, per motivi diversi, abbiamo polemizzato nelle ultime settimane. L'ultimatum di Francia, Germania e Spagna a Maduro è scaduto e l'isolamento del dittatore - che ha causato un immenso esodo per fame di milioni di venezuelani - aumenta, visto che sono ormai una ventina i paesi che hanno dichiarato contro Maduro senza attendere quel documento unitario che l'Italia blocca.

Incartati, come solo al tempo della manovra di Bilancio e del 2,4%, il governo del cambiamento annaspa e sfoggia uno splendido isolamento che piace solo a Di Battista che si dà del coraggioso «ad essere neutrale» insieme a Russia, Cina e Cuba. Salvo poi dire - come Maduro - che «l'Europa dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini degli Stati Uniti». La campagna elettorale in corso può giustificare sino ad un certo punto il fatto che l'ex parlamentare Di Battista pesi in politica estera più del presidente del Consiglio, dei due vice premier e del ministro degli esteri. Soprattutto che il richiamo del presidente della Repubblica, che oggi parte per l'Angola insieme al ministro Moavero, resti fuori del portone di palazzo Chigi dove una sorta di strana ambiguità in politica estera è sempre più difficile da giustificare anche nei colloqui informali che Conte ha con i leader davanti ad un caffè. Senza contare che il premier ha una fitta agenda internazionale che dopodomani lo porterà in Libano. Ieri Guaidó ha ringraziato sui social ogni singolo Paese europeo che lo sostiene e si è invece detto «sicuro» che l'Italia farà prima o poi lo stesso. Il racconto delle divisioni interne alla maggioranza che è stato fatto a Guaidó e che il presidente dell'Assemblea racconta, ricorda molto le giustificazioni fuori-onda del premier, ma non aiuta il prestigio di un Paese che in Venezuela conta 160 mila connazionali.

Mentre il ministro Moavero cerca di dare coerenza alla politica estera dell'esecutivo, a Conte spetterebbe il compito di fare sintesi tra la posizione grillina pro Maduro e quella della Lega che spinge su Guaidó e libere elezioni. Ma il M5S è ormai a trazione Di Battista e Salvini è in difficoltà per la vicenda del voto in giunta sulla Diciotti dove potrebbe non uscirne indenne. Con Salvini sotto scacco e Di Maio espropriato dal Dibba della linea politica - tornata tutta nelle mani della Casaleggio - la navigazione del presidente del Consiglio sino a maggio si annuncia molto complicata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA