Al decollo “Centro Italia”: la prima macro-Regione

Al decollo “Centro Italia”: la prima macro-Regione
Al decollo “Centro Italia”: la prima macro-Regione
di Diodato Pirone
Mercoledì 9 Giugno 2021, 00:05 - Ultimo agg. 15:20
4 Minuti di Lettura

L’incontro è stato breve ma denso. Zero retorica e tanto buon senso intorno a progetti concreti. Se il buongiorno si vede dal mattino è questa la migliore garanzia della qualità del vertice svoltosi ieri via web fra le cinque Regioni del Centro Italia (in ordine alfabetico: Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana e Umbria). L’incontro ha lanciato pubblicamente il tavolo “operativo” destinato a presentare al governo un pacchetto ragionato di progetti comuni per un’area che vale oltre 400 miliardi di Pil, dispone di ben 1.477.000 imprese, rappresenta il 20% dell’export e conta oltre 13 milioni di abitanti.


In realtà, la posta in gioco emersa nel confronto di appena 35 minuti fra i cinque presidenti regionali (Zingaretti per il Lazio e Giani per la Toscana del centrosinistra; Marsilio per l’Abruzzo, Acquaroli per le Marche e Tesei per l’Umbria del centrodestra) è molto più alta e innovativa: la necessità di spendere, bene e in fretta, i tanti soldi europei in arrivo sta spingendo le cinque Regioni a trasformarsi de facto nella prima macro-Regione italiana. Poco importa se si chiamerà “Centro Italia” o “Italia dei Due Mari”, nome col quale l’iniziativa è stata presentata. Fatto sta che i cinque presidenti, pur appartenendo a schieramenti politici diversi, sono apparsi sintonizzati sulla stessa frequenza concreta e unitaria di chi ha capito la lezione della pandemia: rilanciare il proprio territorio in connessione con lo sviluppo di quelli limitrofi.


Operazione Win Win 

«In questa macroarea è evidente l’importanza strategica della presenza della Capitale della nazione - ha spiegato il presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio - Ma è altrettanto evidente che la Capitale può godere dei riflessi positivi dello sviluppo coordinato con i territori circostanti. Una collaborazione vincente per i contraenti come mai successo in passato». Nicola Zingaretti ha presentato l’iniziativa in modo sobrio ma chiarissimo. «Vediamo nel Recovery europeo una grande opportunità di svolta per il sistema Paese - ha detto Zingaretti - Il punto è come le regioni dell’Italia centrale possano mettere in campo il proprio contributo per aiutare l’Italia, tutti assieme, ad accendere i motori dello sviluppo. Vorremmo dimostrare che coordinare assieme lo sviluppo economico e la nascita di nuove infrastrutture possa assicurare una svolta a tutta l’Italia».

Come si vede non c’è stata ombra di paroloni roboanti ma è evidente che ai cinque presidenti l’ambizione non manca. Ma di quali argomenti concreti si occuperà il tavolo “operativo” delle cinque Regioni? Il primo dossier è quello classico: strade e ferrovie.

Su questo fronte l’urgenza più evidente è vecchia ed è la trasformazione in ferrovia veloce della Roma-Pescara, oggi sostanzialmente ferma ai tempi del dopoguerra. Ma all’orizzonte si profilano anche interventi più dettagliati come il possibile rilancio con treni a idrogeno di linee interne ad oggi sottoutilizzate come quella che collega Terni a Sulmona. Per le nuove strade la scarsità degli investimenti degli ultimi vent’anni ha allungato moltissimo la lista dei progetti attesi fra i quali spiccano il completamento della Tirrenica; l’accelerazione del corridoio adriatico; il raddoppio della Avezzano-Sora con prolungamento fino a Cassino per collegare l’Abruzzo al porto di Gaeta; la pedemontana Teramo-Ascoli. «E’ assurdo - ha sottolineato Eugenio Giani - che fra la Toscana e l’Adriatico oggi ci sia solo un collegamento a quattro corsie e per di più diretto verso Bologna». 


L’altro tema da prendere per le corna è quello dello sviluppo economico. Le cinque Regioni intendono accompagnare l’aumento della competitività delle filiere industriali come quella farmaceutica che è forte nel Lazio e in Toscana o quella meccanica di Lazio Sud e Abruzzo. Sul fronte turistico, poi, Roma e Firenze rappresentano poli di attrazione enormi assieme alle coste di due mari. Il patrimonio paesaggistico, culturale e gastronomico del Centro Italia è però decisamente sottovalutato rispetto ai flussi turistici mondiali e la scommessa di un aumento del valore aggiunto di questo settore nei Pil regionali post-pandemia potrebbe rappresentare una delle sorprese più positive dei prossimi anni.


«Dobbiamo interconnettere temi materiali e immateriali in modo da spingere la crescita dei territori», ha sottolineato la presidente dell’Umbria, Donatella Tesei. «E tutto questo senza sottovalutare il pericolo dello spopolamento delle aree interne», le ha fatto eco il presidente delle Marche, Francesco Acquaroli.
Ora la parola passa agli assessori allo sviluppo delle cinque Regioni. Non sarà semplice definire una scala di priorità anche perché ragionare per macro-area è una novità assoluta per l’Italia. Fra i temi poco affrontati nel vertice di ieri c’è ad esempio quella della riforma dei sistemi sanitari. E’ ipotizzabile che cinque Regioni da 13 milioni di abitanti diano vita a nuovi centri di eccellenza specializzati a livello europeo? E sulla scuola c’è da chiedersi cosa manca al “Centro Italia”. Un grande Politecnico? Oppure meglio puntare su un sistema ancora più raffinato di Istituti Tecnici Superiori che preparano tecnici per l’industria e il turismo? E perché non dare vita ai Fraunhofer, centri di ricerca pubblico-privati che tanto aiutano l’industria tedesca? La carne al fuoco è tanta e promette bene. Solo il tempo ci dirà se la macro-Regione “Centro Italia” sarà capace di cucinarla
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA