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ROMA E' stallo. Prima delle elezioni europee non passerà né il decreto sicurezza bis voluto da Matteo Salvini, né il decreto a favore di famiglie e natalità proposto da Luigi Di Maio. Dietro il doppio stop, pasticci tecnici, giuridici, assenza di coperture. E, soprattutto, la guerra senza quartiere tra Lega e 5Stelle: né l'una, né gli altri vogliono concedere all'avversario di alzare la propria bandierina. Conclusione: Giuseppe Conte, per evitare di essere trascinato nella rissa, lunedì celebrerà un Consiglio dei ministri «vuoto» dove il governo si limiterà a procedere alle nomine in scadenza.
Decreti Sicurezza e Famiglia verso il rinvio, stallo governo: Salvini e Conte allo scontro
Salvini però resiste. Appena da palazzo Chigi in serata filtra la notizia del doppio rinvio, dal Viminale esce una nota che racconta l'opposto. E intima: «Il decreto sicurezza dovrà essere all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri. I tecnici hanno limato gli ultimi aspetti, il testo è solido, ragionevole e necessario». Il segno che lunedì Salvini è determinato a dare battaglia. «E oltre al decreto, porterà nella riunione del governo anche la riforma dell'autonomia», dicono i suoi.
La minaccia di una prova di forza non spaventa i 5Stelle. Tanto più che, a sentir loro, anche Sergio Mattarella avrebbe detto che il decreto di Salvini «ha troppe criticità e dunque non può passare, sia per multe contro chi salva i migranti in mare, sia per il tentativo del ministro dell'Interno di scippare i poteri agli altri dicasteri». Di Maio, infatti, preferisce addossare sul Quirinale la responsabilità dello stop per evitare di ritrovarsi accusato di Salvini di essere a favore degli scafisti e degli sbarchi dei migranti. Peccato che in serata, informalmente, il Colle smentisca: «Il Presidente valuterà quando ci sarà un testo definito, se non definitivo». E, al momento, non c'è né l'uno, né l'altro.
La tensione, come in ogni giornata pre-elettorale del governo giallo-verde, così sale alle stelle. «Anzi, è densa, si taglia con il coltello...», sospirano a palazzo Chigi. Salvini, determinato a rastrellare voti con il nuovo giro di vite e a far vedere al mondo che è lui a comandare, minaccia: «Mi arrabbierei molto se qualche ministro 5Stelle facesse il furbo e per motivi elettorali bloccasse il decreto». Dello stesso tenore la reazione di Di Maio: «C'è un limite a tutto, sulla famiglia non transigo. Su questo provvedimento si giova il destino e la tenuta del governo. Invece purtroppo vedo che la Lega sabota, fa ostruzionismo per paura di un nostro successo prima delle elezioni». Salvo inchiodare all'ultimo giro: «In ogni caso non tiro la corda sui tempi o la forma, noi facciamo le cose per farle bene e non per vendercele in campagna elettorale. Il decreto può andare a questo Consiglio dei ministri o in un altro». «Può diventare anche un disegno di legge», spiega l'entourage del vicepremier grillino.
IL DOPPIO STOP
Nel preconsiglio incaricato di esaminare il decreto di Di Maio «per l'istituzione di un Fondo a favore della natalità e le famiglie» accade di tutto. I tecnici del ministro grillino si presentano con un testo di un solo articolo in cui al secondo comma c'è scritto: «Il Fondo è alimentato dalle eventuali risorse derivanti dai risparmi del Fondo per il reddito di cittadinanza».
COMUNICAZIONE M5S
I 5Stelle però non ci stanno. Non vogliono accettare, come non aveva voluto accettare il giorno prima Salvini, che il decreto promesso e sbandierato non sta in piedi. Così fonti pentastellate a metà pomeriggio fanno filtrare: «Lo staff del ministro della Famiglia Fontana nel corso del pre-consiglio sta sabotando il decreto portato da Di Maio e concordato con il Forum delle Famiglie. Siamo sconcertati. La Lega pur di racimolare qualche consenso e fare titolo colpisce tutte le famiglie italiane».
Fontana non ci sta. E alle nove di sera detta un comunicato di fuoco: «Leggo dal documento della Ragioneria che il decreto che ha presentato Di Maio, e sul quale ha scatenato forti accuse nei miei confronti e nei confronti della Lega, non avrebbe le coperture. Mi spiace notare che da diverso tempo, in particolar modo oggi, il vicepremier Di Maio dica menzogne nei miei riguardi e nei confronti dei miei collaboratori. Gli ricordo che la menzogna è un atto di corruzione morale, indice di una predisposizione alla disonestà». La replica di Di Maio: «Non è vero che il mio decreto ha problemi di copertura».
Per fortuna domenica prossima si vota. E, forse, la zuffa avrà termine. Con o senza la crisi.