Def, Tria impone la linea dura:
il rischio è la manovra correttiva

Def, Tria impone la linea dura: il rischio è la manovra correttiva
di Marco Conti
Mercoledì 10 Aprile 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:47
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Ammettere di averle sbagliate più o meno tutte non è facile e un tentativo di reazione Salvini e Di Maio l'hanno anche tentato nella lunga riunione che ha preceduto un consiglio dei ministri dai musi lunghi. Scendere da una previsione di crescita dell'1% allo 0,2 non è facile. Soprattutto perché il bagno di realtà è avvenuto a suon di numeri e proiezioni che delineano una situazione dei conti pubblici in grave difficoltà.
 
Gli attacchi più pesanti ancora una volta li ha subiti il ministro dell'Economia Giovanni Tria, che però alla fine ha visto licenziato il suo Documento di Economia e Finanza depurato anche della questione delle aliquote irpef che la Lega avrebbe voluto in versione flat tax. Se la riunione del consiglio dei ministri è durata meno di mezz'ora è perché il tutto contro tutti è andato in scena prima e si è concluso in serata con Tria di fatto imbavagliato e, per la prima volta, con nessuno del governo disposto a scendere in sala stampa per spiegare i contenuti del Def. L'approvazione c'è stata, anche se non si sa ancora nulla dei decreti crescita e sblocca cantieri approvati giorni fa, salvo intese, ma ancora lontani dall'essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale. All'ora di pranzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con il ministro dell'Economia Tria al suo fianco, aveva provato a trovare un'intesa riunendo a palazzo Chigi i sottosegretari Giorgetti, Garavaglia e Castelli con il ministro Fraccaro. I due vice disertano l'incontro e i presenti non se la sentono di dare il via libera. Prima delle cinque del pomeriggio Di Maio e Salvini si presentano per la riunione del cdm che però non inizia perché Conte li mette intorno ad un tavolo per sentire in diretta le argomentazioni del titolare del Mef. Sul tavolo i numeri di un Paese fermo con Quota100 che i grillini cominciano sempre più apertamente a contestare visti gli scarsi effetti che ha sulla crescita. I due vicepremier vorrebbe alzare la previsione dello 0,2%, ma Tria è convinto che non sia più tempo di numeri dati a caso e che la credibilità è un argomento importante, sia nei rapporti con Bruxelles che con il Quirinale che monitora con attenzione la sostenibilità delle misure promesse dai giallo-verdi.

Il ministro dell'Economia racconta anche gli ultimi incontri avuti a Bucarest. La richiesta di una manovra correttiva da parte di Bruxelles è solo rimandata a dopo le elezioni europee, ma mettere ora le dita negli occhi della Commissione con previsioni stravaganti può essere rischioso, visto anche il giudizio del Fmi che considera l'Italia un rischio per l'eurozona al pari della Brexit. Per colmare il divario tra l'1%, previsto solo a dicembre, e lo 0,2% di oggi senza dover correggere i conti non sarà facile, anche se il premier Conte è convinto che il secondo semestre andrà meglio.

Nella riunione del cdm Salvini insiste con la flat tax. Tria non si scompone e con il consueto disincanto spiega al leader della Lega che se il governo intende rivedere le aliquote sarà difficile sterilizzare le clausole Iva. Un avvertimento che provoca la reazione del ministro Di Maio secondo il quale è assurdo diminuire le tasse per una parte dei contribuenti e aumentare l'Iva. Il ragionamento non è peregrino, ma la campagna elettorale è ormai iniziata e i due partiti sono alla caccia di argomenti, anche se la situazione della nostra economia fatica a concederne. Nell'operazione verità del Mef entra anche l'aumento esponenziale del debito pubblico dovuto ad una crescita che langue e che spinge Salvini a tornare di nuovo all'attacco del ministro delle Infrastrutture Toninelli accusato dalla Lega di non riuscire ad aprire i cantieri. In un clima di scontro totale si conclude la riunione del Consiglio, ma Conte sfrutta ancora l'occasione di avere insieme i due vicepremier per stringere sul decreto destinato ai presunti truffati delle banche. Alla fine il primo a lasciare palazzo Chigi è il ministro Tria che oggi volerà a Washington per la riunione del Fondo monetario internazionale. Poco importa al titolare del Mef che non c'è conferenza stampa. Dopo tre ore di braccio di ferro i due vicepremier Di Maio e Salvini si sono arresi all'evidenza dei numeri e il Def esce dal palazzo Chigi accompagnato da un comunicato nel quale si sottolinea «il rispetto degli obiettivi fissati dalla Commissione europea» e non c'è nessuna rassicurazione su un possibile aumento dell'Iva.

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