Fico, l'uscita sui rom fa infuriare Di Maio: Roberto si è venduto al Pd?

Fico, l'uscita sui rom fa infuriare Di Maio: Roberto si è venduto al Pd?
Fico, l'uscita sui rom fa infuriare Di Maio: Roberto si è venduto al Pd?
di Simone Canettieri
Lunedì 3 Giugno 2019, 07:15 - Ultimo agg. 13:26
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Luigi Di Maio, di primo acchito, non sa cosa pensare. Legge le parole di Roberto Fico, le derubrica «a posizioni personali», poi inizia a rispondere ai messaggi dei parlamentari in rivolta. Fiumi di veleno, il capo dei Cinque Stelle si infuria, anche a lui, come all'altro vicepremier, «girano le scatole». Tanto che consegna ai suoi una battuta: «Ma Roberto si è venduto al Pd?». L'uscita del presidente della Camera su «rom, sinti e migranti da includere» nella dedica del 2 Giugno è un rigore a porta vuota per Matteo Salvini. Lo capiscono tutti. Anche Alessandro Di Battista, che con il leader della Lega non va certo d'amore e d'accordo, è molto perplesso. Dibba chiama Di Maio. Per un confronto. Per capire. «Perché Roberto si fa strumentalizzare in questo modo? Mi dispiace davvero tanto, non so cosa pensare». Gli attivisti storici si sfogano e dallo staff di Di Maio partono stilettate di questo tipo: «Forse era Fico a doversi fare confermare su Rousseau, non Luigi. Ma come si fa, dai».

I SOSPETTI
La faglia è profonda perché arriva in un momento delicatissimo per un M5S che sta cercando di riprendersi dalla «scoppola elettorale» delle Europee e che si trova in una posizione di debolezza nei confronti dell'alleato del Carroccio. «Questa non è la linea del M5S, che si sappia», prova a mettere le mani avanti il leader, alle prese con quello che chiama «fuoco amico incomprensibile».

Il pensiero del presidente della Camera è diverso e più articolato. E a chi lo chiama spiega: «Ho detto una cosa che pensavo, la campagna elettorale è finita e, secondo me, il riferimento all'Olocausto è tristemente d'attualità. Io mi muovo sempre nel solco della Costituzione». L'Opera nomadi si schiera con Fico: «Lui è sensibile, Salvini è totalmente disinformato». Il segretario della Lega ha capito alla perfezione che questa è la polemica di giornata e così, in tour per la campagna elettorale, da a Tivoli scherza: «Alla fine andiamo tutti al bar, offre Fico visto che oggi è la festa dei migranti, dei rom e dei borseggiatori». Intanto, Fratelli d'Italia e Forza Italia attaccano la terza carica dello Stato, il Pd la difende. Si ripete lo schema già visto quando Virginia Raggi prese le difese, in piena campagna elettorale, di una famiglia rom a cui si impediva di entrare in una casa popolare del Comune di cui era legittima destinataria. Anche in quell'occasione - seppur in una dinamica differente perché l'estrema destra soffiava sulle polemiche - Di Maio fece trapelare una certa irritazione nei confronti della sindaca. Questa volta per il caso Fico è diverso. I commenti su Facebook al post del vicepremier pentastellato contro chi si scambia «attacchi e provocazioni» sono spietati: «Luigi, tutte le volte che parla ci fa perdere voti: cacciatelo».
 


LA TELEFONATA
In serata Fico e Di Maio si sentono al telefono. Il presidente della Camera gli ribadisce che «non ci sono letture politiche» dietro le sue parole. I deputati più vicini al Capo grillino per tutta la giornata disegnano congetture: «Roberto vuole rompere e puntare sulla Cosa rossa con De Magistris, candidandosi a governatore della Campania». In molti pesano le parole di «Roberto» perfettamente in linea con quelle pronunciate durante l'ultima, rovente assemblea dei gruppi di mercoledì scorso pronunciate contro la linea politica di «Luigi» («Non sappiamo più chi siamo») e all'indirizzo della comunicazione del Movimento. Critiche che hanno portato all'astensione dal voto su Rousseau da parte del presidente di Montecitorio («Non partecipo, no al focus sul singolo»). La linea interna in queste ore di navigazione difficile e di cercare di circoscrivere il più possibile la polemica. La presidente della commissione Giustizia della Camera, Francesca Businarolo, si schiera: «Questa è la festa di tutti coloro che vivono qui è strano distinguere etnie». La senatrice Elena Botto replica: «Un bel tacere non fu mai scritto».
 

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