Di Maio: «Il M5S mai con la Lega, io uomo del Sud»

Di Maio: «Il M5S mai con la Lega, io uomo del Sud»
di Paolo Mainiero
Martedì 8 Agosto 2017, 08:50 - Ultimo agg. 09:19
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Da Marina di Ragusa ad Augusta, Luigi Di Maio, leader del M5s, candidato premier in pectore, vicepresidente della Camera, è impegnato in un tour della Sicilia per sostenere la candidatura di Giancarlo Cancelleri alla presidenza della Regione. Un viaggio rigorosamente a bordo di un’auto elettrica.

In Sicilia fa molto caldo...
«Il clima è rovente, in tutti i sensi. Giriamo tra i comuni, ai nostri eventi c’è tanta gente, i siciliani ci ripetono le stesse cose, di come i trattati europei ed extra-europei stiano massacrando l’agricoltura e l’economia dell’isola. I contadini sono informatissimi, sanno tutto del Ceta e del Ttp, sanno che sono una minaccia alle loro terre. Non lasceremo soli i siciliani, anzi dalla Sicilia comincerà il nostro cammino verso il governo nazionale».

Una sorta di marcia su Roma...
«Guardi, il M5s nel 2012 fu il primo partito in Sicilia; alle politiche del 2013 lo fu nel Paese. Il nostro obiettivo è vincere le regionali siciliane il prossimo 5 novembre e poi chiudere il cerchio l’anno prossimo con il governo del Paese. Siamo concentrati su questo percorso. La Sicilia deve diventare il simbolo di un Sud che vuole riscattarsi e il M5s vuol farsi carico di questo compito. Nel 2012 il movimento era il primo partito in Sicilia ma nel Mezzogiorno non aveva consiglieri comunali. Sempre nel 2012 vincemmo a Parma e Mira ma non al Sud. Da allora c’è stata una inversione di tendenza. Il M5s nel meridione c’è ed è sempre più forte e riconoscibile».

Le regionali in Sicilia saranno l’ultimo test prima delle politiche del 2018 e non a caso si parla di test nazionale. Sia centrosinistra che centrodestra stanno corteggiando Ap. Il M5s chi teme di più?
«Pd e Forza Italia sono alla canna del gas. Parlo con i cittadini e tutti mi dicono che quei partiti sono i grandi responsabili del disastro in cui si trova la loro terra. Non mi sorprende che sia Renzi che Berlusconi cerchino Alfano, del resto sono sempre andati a braccetto. Ai siciliani che sto incontrando in questi giorni ripeto che il 5 novembre non ci sarà solo un voto, ma un referendum tra chi ha massacrato la Sicilia e chi vuole offrire una nuova opportunità. Non mi faccio illudere dai sondaggi, ma nei siciliani vedo tanto risentimento nei confronti dei vecchi partiti».

Risentimento?
«I vecchi partiti hanno grosse responsabilità. La Sicilia è stata devastata. Imprenditori, professionisti, gente comune, anche di fronte a trattati internazionali che minacciano l’economia, si chiedono cosa abbia fatto il ministro degli Esteri. Nei prossimi tre mesi daremo il massimo per far capire che una svolta è possibile. Vogliamo ai siciliani l’opportunità di essere governati in modo diverso rispetto al passato. Posso già anticipare che una volta al governo della Regione elimineremo le ingiustizie tagliando gli stipendi e i vitalizi dei consiglieri regionali e riducendo le auto blu».

Ha definito la Sicilia regione simbolo del Mezzogiorno. Il Sud, al di là di dati che certificano una leggera crescita, resta indietro, con una disoccupazione giovanile ancora molto elevata. Il M5s ha una ricetta per il Mezzogiorno?
«Il M5s ha un piano chiaro per la Sicilia, un piano che può essere un modello anche per le regioni a statuto ordinario e dunque per tutto il Sud. C’è bisogno innanzitutto di un piano di investimenti su un obiettivo chiaro che, per quanto mi riguarda, è quello della mobilità elettrica. Uno dei punti del nostro programma di governo prevede l’immatricolazione di un milione di macchine elettriche in cinque anni rispetto alle attuali ottomila. L’Italia può essere davvero il Paese che fa la differenza con energie rinnovabili e mobilità sostenibile. Noi stessi in questi giorni stiamo girando la Sicilia con due van Nissan al 100 per cento elettrici che hanno prestazioni fantastiche e non inquinano. Il Sud dovrà essere il polo della mobilità elettrica investendo a Termini Imerese, Pomigliano, Melfi».

Il M5s da un lato lancia questo piano di investimento, dall’altro propone il reddito di cittadinanza. Non c’è una contraddizione tra le due proposte?
«Assolutamente no, anzi una proposta integra l’altra. Ci sarà da riconvertire la fascia di lavoratori tra i 50 e i 60 anni e c’è bisogno di uno strumento di sostegno al reddito. Il reddito di cittadinanza andrà a persone da formare per un nuovo lavoro e che intanto prestano servizio nei Comuni per lavori di pubblica utilità. Non è per niente una misura assistenzialista, come gli ammortizzatori sociali che danno soldi senza che il cittadino fa nulla. Allo stesso tempo bisognerà riformare i centri per l’impiego e i sistemi di formazione che sono stati trasformati in un bancomat del consenso».

Si voterà nel 2018, alla scadenza naturale della legislatura, ma ancora non si sa con quale legge elettorale. Il M5s è disponibile a nuove intese?
«Comprendo le ragioni del presidente Mattarella, quando dice che occorre dare al Paese una legge elettorale omogenea. Il M5s ci ha provato, ha fatto un grande sforzo, mi creda, per cercare un’intesa con Pd e Forza Italia. Adesso sono molto sfiduciato. Il Pd è pieno di franchi tiratori. Se Renzi riuscirà a risolvere i problemi interni, allora si potrà tornare a discutere».

Il M5s a settembre sceglierà il candidato premier. Con quali criteri?
«Le regole saranno presentate a settembre e non le scriverò io. Sarà possibile eleggere il candidato premier ma la cosa più importante è che il giorno dopo assisteremo alla più grande rivoluzione politica perchè il candidato eletto indicherà i suoi candidati alla carica di ministri».

Lei sarà candidato alla premiership?
«Come ho già detto in passato, se gli iscritti lo decideranno io ci sarò».

Conferma che il M5s non farà alleanze? Si parla di una intesa con la Lega.
«Ma le pare possibile che un meridionale come me possa fare un’alleanza con uno che canta “Vesuvio lavali col fuoco?”. Non è vero che non vogliamo parlare con nessuno, noi vogliamo parlare con tutti e se il M5s dovesse essere il primo partito ma non ottenere il 40 per cento andremo in Parlamento e faremo alle altre forze un discorso molto chiaro, non per dividerci poltrone ma su un programma da realizzare nell’interesse del Paese».

Gli ultimi sviluppi del caso migranti sembrano confermare i suoi dubbi sul rapporto tra Ong e scafisti.
«Potrei dire “l’avevo detto” ma non è questo il momento delle rivendicazioni personali. Piuttosto, mentre l’Italia sta vivendo un’emergenza epocale i ministri litigano. Il ministro dell’Interno Minniti ha voluto un codice per le Ong, per chiedergli di rispettare le regole altrimenti non avrebbero potuto utilizzare i nostri porti e nessuno glielo ha firmato. Il ministro dei Trasporti Delrio dice invece che i porti devono restare aperti e tutte le navi devono poter attraccare. È tutto assurdo».

La proposta del M5s qual è?
«È semplicissima. Apriamo il Parlamento, approviamo la nostra proposta a firma Bonafede. Su tutte le navi delle Ong devono esserci poliziotti a bordo, chi non accetta non potrà più utilizzare i nostri porti. Bisogna dare una sterzata ora, o dopo sarà troppo tardi. Io, tra gli scafisti e l’Italia scelgo l’Italia».

 
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