Domani vertice tra Matteo e il Cavaliere: «Di questo leader Pd mi fido»

Domani vertice tra Matteo e il Cavaliere: «Di questo leader Pd mi fido»
di Mario Ajello
Venerdì 17 Gennaio 2014, 07:56
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ROMA - Io non mi sento Cappuccetto rosso che vede il lupo. Parola di Renzi. Io di Matteo mi fido, parola di Berlusconi. Che aggiunge: Il leader del Pd un bravo ragazzo, pratico e scattante.

L’incontro si fa. Domani. O comunque prima di lunedì. Come due amanti clandestini, Silvio e Matteo si vedranno in un hotel? Sì, questo il luogo prescelto. Ma dove? Farlo al Bernini Bristol, ai piedi di via Veneto, dove Renzi alloggia, darebbe un vantaggio a Matteo e sarebbe anche un rovesciamento di senso. Del tipo: se l’altra volta fu il sindaco di Firenze a recarsi umilmente nella reggia di Arcore, per chiedere aiuto all’allora premier e ancora la trasferta gli viene rinfacciata a sinistra, adesso la parte dell’uomo forte che riceve nelle proprie stanze la farebbe Matteo. Ma il Cavaliere, così voglioso di vivere questa giornata storica da cui si aspetta di venire legittimato come «nuovo costituente» e come leader politico a tutto tondo nonostante la condanna giudiziaria, non fa lo schizzinoso: «Al Bristol? Benissimo. Gioco in casa a anche lì, perchè l’hotel è di Bernabò Bocca, un nostro valido parlamentare di Forza Italia».



IL SET

E se l’incontro con il Diavolo - diavolo in quanto rossonero, sarebbe la naturale replica di Silvio - avverrà invece in Toscana e addirittura a Palazzo Vecchio, anche in questo caso no problem da parte del Cavaliere. Egli già andò tra i rossi, per incontrare Fassino, all’ultimo congresso dei Ds nel 2007, e con sua viva e spiritosa sorpresa dovette poi ammettere: «Sono un bambino, ma i comunisti non mi hanno mangiato». Tutt’altro. «L’hanno applaudito come una rockstar», ricorda Paolo Bonaiuti, che quel giorno di primavera era con lui nella fossa dei rossi. E la scorta formata dai portuali livornesi non dovette intervenire a difesa del Cavaliere, il quale si mise ad offrire - almeno come promessa - biglietti per le partite del Milan. «Lei, compagno, ne vuole solo uno? E’ sicuro che non vuole portare allo stadio anche i suoi figli, così diventano milanisti e poi elettori berlusconiani?». Anche stavolta nessuno vuole mangiare nessuno. Denis Verdini, che ha già incontrato Renzi e ci parla spesso al telefono, è super-ottimista e dice al presidente: «Troverete subito l’intesa. Siete due persone fatte per piacervi». Silvio, simpaticamente attratto dall’avversario («Ne avessimo noi uno così», ma un simil-Renzi crede di averlo trovato in Giovanni Toti) si sente politicamente forte: «Renzi ha bisogno di noi, per non finire lessato tra Letta e Alfano». E come nei momenti clou, l’ex premier sarà accompagnato dal fuoriclasse della diplomazia, Gianni Letta. Quando si videro a quattrocchi al centenario della Barilla a Parma, e Renzi era accompagnato da i fedelissimi Francesco Bonifazi e Dario Nardella, chiese agli amici di aspettarlo fuori dalla stanza e dentro tra «il vecchio e il bambino» (come nella canzone di Guccini) scattò subito il feeling: «Però sei troppo alto», finse di protestare il Cavaliere rivolto a Matteo. Parlarono dell’elezione del presidente della Repubblica. Silvio non si trattenne dalla battuta: «Sai quanti leader della sinistra ho già battuto? Sei. Tu vuoi essere il prossimo?». E Renzi: «Anche io ho l’abitudine a vincere». A qualcuno parve l’inizio di uno spaghetti western. Ora il clima cercherà di essere diverso. Nascerà, dopo Dalemoni e dopo Veltrusconi, il Renzusconi o il Berlenzi? Il problema è che Matteo, sulla via verso il summit, oltre che dalle lagne anti-berlusconiane è inseguito dai precedenti sfortunati. Il patto della crostata siglato a casa Letta si sfarinò poche ore più tardi, a causa del voltafaccia del leader forzista, e D’Alema ancora non se ne fa una ragione. L’incontro blindato a Montecitorio tra Veltroni e Berlusconi - uscì soltanto la foto della stretta di mano, perchè Walter non voleva esporsi più di tanto - s’incentrò sul Vassallum, anche allora una legge elettorale sul piatto, ma dopo quel faccia a faccia del 30 novembre 2007 il leader del Pd contento per le «convergenze rilevanti» assicurò: «Berlusconi non ha detto che si deve andare a votare subito». E Silvio, ai giornalisti: «L’incontro è andato bene, ma ora si deve andare a votare». Scene così le vedremo anche stavolta? Sarà questo il film del weekend, se non vira sul pulp, una sorta di «Strana coppia» senza Lemmon e Matthau ma con battute replicabilissime: «Scusa il ritardo», «Pulisciti i piedi», «Ma guarda...», «Se non vuoi farmi arrabbiare, è meglio che ti pulisci i piedi»?



EQUILIBRI

Renzi tra i due è quello che ha più da perdere. Perciò vorrebbe evitare troppi clamori. Se non si può tornare all’epoca degli incontri segreti tra Berlinguer e Almirante, o di quelli tra il leader del Pci e Moro, neppure siamo più alle larghe intese nel governo Monti, quando Alfano, Bersani e Casini twittarono la foto del loro incontro notturno con dida gioiosa: «Siamo tutti qui!». E ora, a meno che il faccia a faccia non salti all’ultimo minuto? «Io - avverte Berlusconi - la foto opportunity la voglio!».
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