Gas, Draghi: «Ascoltata l’Italia, ma ora debito comune. Segretario generale della Nato? Non sono interessato»

Gas, Draghi: «Ascoltata l’Italia, ma ora debito comune. Segretario generale della Nato? Non sono interessato»
Gas, Draghi: «Ascoltata l’Italia, ma ora debito comune. Segretario generale della Nato? Non sono interessato»
di Alberto Gentili
Mercoledì 1 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 13:05
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Dopo la lunga una maratona negoziale, a tratti aspra e scandita da toni duri, Mario Draghi è stanco ma «soddisfatto». Il premier italiano è riuscito a incassare il “sì” dell’Unione al tetto al prezzo del gas. Una battaglia lanciata da Draghi fin dall’inizio della guerra: «Siamo stati accontentati, ora la Commissione ne studierà la fattibilità». Traduzione: la partita comincia ora. E non sarà facile. 

In più, il premier ha scongiurato che l’embargo del petrolio russo avesse un peso diverso, tra i Ventisette, sfavorendo l’Italia: «Invece non siamo stati penalizzati». E nell’avvertire che le sanzioni contro Mosca «dureranno molto, molto a lungo», rilancia il suo progetto (sostenuto anche dal francese Emmanuel Macron), di un Recovery di guerra: «È impensabile che le spese per la difesa, per l’energia, per sostenere famiglie e imprese dal caro prezzi siano affrontate solo dai bilanci nazionali. Lo sforzo deve essere a livello comune, a livello europeo». Con l’emissione di titoli di debito comunitari, com’è avvenuto con il Next generation Ue contro gli effetti devastanti della pandemia. Tema che verrà affrontato al prossimo Consiglio europeo, quello di fine mese che chiuderà il semestre di presidenza francese dell’Unione. 

Da buon europeista, il premier parte dallo scongiurato fallimento del 6° pacchetto di sanzioni: «L’accordo è stato un successo completo, perché immaginare di essere uniti su un embargo di circa il 90% del petrolio russo, fino a qualche giorno fa non sarebbe stato credibile». 

Poi, dopo aver ripetuto che «Putin non potrà vincere» e che «la pace sarà alla condizioni dell’Ucraina», Draghi svela che «il momento di massimo impatto delle sanzioni» contro la Russia, scatterà «da questa estate».

E che, appunto, le misure contro Mosca «dureranno molto molto a lungo». Da qui la necessità di un nuovo Recovery, questa volta per l’energia e la guerra: «Saranno almeno 10 anni che continuo a dire che occorre un bilancio comune o un meccanismo di debito comune o una capacità fiscale centrale». Ma fino al Next Generation Eu, il Recovery fund anti-Covid, «che è stato un messaggio importantissimo, un precedente fondamentale, non si era fatto niente. Adesso mi aspetto che si ripeta: i bisogni sono tanti ed è impensabile che possano essere affrontati solo con i bilanci nazionali». 

Descritti «il grave imbarazzo» e «la situazione frustrante» innescati dalla consapevolezza che «acquistando gas russo si finanzia Mosca», Draghi aggiunge che «non si può fare altrimenti», vista la dipendenza energetica del nostro Paese dal metano di Mosca. E soprattutto affronta il tema che gli sta più a cuore: l’emergenza alimentare, con 25 milioni di tonnellate di grano bloccate nei silos ucraini. Il premier parla di «catastrofe umanitaria di proporzioni gigantesche». Dice: «Bisogna fare presto». Riconosce all’Onu «il ruolo di leadership», ma dubitando sull’operatività immediata delle Nazioni Unite, il premier si chiede «se l’Unione europea non possa fare qualcosa». E per sminare i porti ucraini, a cominciare da Odessa, annuncia: «La nostra Marina è pronta a dare il suo contributo». 

Non è solo il «pericolo agghiacciante» di veder morire di fame «milioni e milioni di persone» a spingere Draghi a occuparsi di grano. «Vincere la battaglia della sicurezza alimentare per l’Africa è importante anche dal punto di vista strategico», dato che «molti Paesi africani non sono dalla parte dell’Occidente». Forse lo diventeranno «se riusciremo a non farli sentire traditi» e così non resteranno sotto l’influenza russa e cinese, «come dimostra il loro voto all’Onu» sulla guerra. 

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Nel bilancio del premier non manca un capitolo dedicato alla difesa comune, soprattutto adesso che sono stati stanziati fondi comunitari ad hoc. E qui Draghi denuncia la mancanza di «inter-operatività», le «duplicazioni», il fatto «stupefacente» che «l’Europa importa il 60% degli armamenti» e «spende più di tre volte di quanto spende la Russia». «L’impressione è che l’indirizzo della scelta della armi, di cosa comprare e dove comprare, sia tutta nazionale ed è una prerogativa gelosamente custodita dai generali». Quindi «i generali facciano uno sforzo per parlarsi di più e capiscano che sono soldi nostri». 

Il finale è la conferma dell’impegno a «fare tutto il necessario per aiutare famiglie povere e imprese», ma senza scostamenti di bilancio, «pur non avendo preclusioni ideologiche di fondo». Anche per difenderle dall’inflazione che, «se si esclude cibo ed energia», non è al 6,9%, «ma al 2%». Segue un appello: «Questo momento difficile va gestito tutti insieme. Sindacati, imprese e governo devono lavorare assieme».

Non mancano un’annotazione personale e un siparietto con lo staff. L’annotazione: a chi gli chiede se, una volta chiusa la sua esperienza a palazzo Chigi, sarà interessato a diventare presidente della Commissione Ue o capo della Nato, Draghi replica, «la risposta è no». Il siparietto: al termine della conferenza stampa il premier si rivolge ai giornalisti. «Aspettate, Giuliano voleva dicessi qualcosa, stava facendo delle facce.... Ah, sì, ho detto gas e non petrolio. Mi correggo».

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