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Economia di guerra, quali sacrifici per l’Italia? La spesa e le bollette costeranno di più

Economia di guerra, quali sacrifici per l Italia? La spesa e le bollette costeranno di più
Economia di guerra, quali sacrifici per l’Italia? La spesa e le bollette costeranno di più
di Francesco Bisozzi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 8 Maggio 2022, 22:33 - Ultimo agg. : 9 Maggio, 10:36
4 Minuti di Lettura

Da un’economia delle scorte a un’economia di guerra e dei razionamenti. A tre settimane di distanza dall’inizio del conflitto in Ucraina, Mario Draghi aveva detto: «Ancora non siamo in un’economia di guerra, ma è bene prepararsi». Era inizio marzo. Da allora sono passati due mesi e adesso la war economy rischia di costare caro alle famiglie italiane. Spenderemo di più per la spesa e per le bollette dell’energia, già alle stelle.

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Economia di guerra, cos'è e cosa comporta. Cingolani: «Stop al gas russo? Un problema arrivare all'inverno»

Quali sacrifici per l’Italia? 

L’olio di semi di girasole costa il 43 per cento in più rispetto a un anno fa, la pasta di grano duro il 17 per cento in più. Rischiamo di dover fare i conti con gli scaffali dei negozi semivuoti e per effetto del caro-petrolio viaggeremo meno: lo sconto sulla benzina di 25 centesimi (Iva esclusa) è stato prorogato solo fino a luglio. Sacrifici anche per gli statali: la stretta a termosifoni e condizionatori degli uffici pubblici impone alle pa di fissare i termostati a quota 27 gradi quest’estate e a 19 gradi durante i mesi invernali. In caso di stop totale alle forniture di gas russo nei prossimi sei mesi, la strategia degli stoccaggi fallirà e scatterà lo stato di emergenza, dunque verranno riviste al ribasso pure nel settore civile le soglie di temperatura e le ore di riscaldamento autorizzate.


IL COSTO DELLA VITA SALIRÀ?

Un’economia di guerra si finanzia con tasse e debito pubblico. E lascia sempre in eredità un tasso d’inflazione difficile da riportare sotto la soglia di attenzione. Il costo del carrello della spesa è destinato ad aumentare ancora. Anche i prezzi delle materie prime continueranno a salire. E il caro-energia si acuirà ulteriormente. La guerra in Ucraina già si riflette pesantemente sul costo dei beni alimentari. Tra i prodotti che sono aumentati di più nell’ultimo mese, secondo Altroconsumo, ci sono la farina 00 (+6,2%) e il caffè (+4%). Il costo del gas è quintuplicato dall’inizio del 2021. Le quotazioni del petrolio a novembre viaggiavano tra gli 80 e gli 85 dollari al barile, un anno fa erano sotto la soglia dei 70 dollari al barile, mentre adesso sono sopra quota 100 dollari. Risultato? Viaggeremo meno. Non aumenta solo la spesa per il pieno di benzina dell’automobile: si temono contraccolpi pure sul costo dei biglietti aerei e, di conseguenza, sul turismo a medio e lungo raggio.


ANDIAMO INCONTRO A RAZIONAMENTI?
La produzione di beni primari in un’economia di guerra rischia di subire contrazione. Ragion per cui il rischio di trovare gli scaffali vuoti nei supermercati, e nei negozi in generale, è concreto. Ma sono gli eventuali razionamenti sul gas quelli che al momento destano maggiore preoccupazione.


CI SARÀ GAS A SUFFICIENZA IL PROSSIMO INVERNO?

Il governo ha già introdotto una stretta a termosifoni e condizionatori delle pubbliche amministrazioni: dal primo maggio di quest’anno al 31 marzo del 2023, negli uffici pubblici la temperatura non potrà essere superiore a 19 gradi in inverno e inferiore a 27 gradi in estate. Il problema è che all’Italia serve tempo per diventare energeticamente indipendente dalla Russia. Questo inverno a fare la differenza saranno gli stoccaggi. Così ieri il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nel suo intervento al Festival Città Impresa di Vicenza: «Se le forniture non saranno interrotte nei prossimi sei mesi avremo un inverno tranquillo. In caso contrario arriveremo a novembre con gli stoccaggi vuoti». Nello scenario peggiore scatterà anche lo stato di emergenza e a quel punto potrebbero essere riviste al ribasso pure nel settore civile le soglie di temperatura e le ore di riscaldamento autorizzate.


QUANDO SAREMO AUTONOMI DAL GAS RUSSO?

Nel 2021 l’Italia ha importato 73 miliardi di metri cubi di gas, di cui 30 miliardi dalla Russia, una quota pari al 40% delle importazioni tricolori di gas. Ad aprile l’utilizzo di gas russo è stato dimezzato rispetto al 2021 (ha coperto “solo” il 21 per cento delle importazioni). Il governo ha un piano per garantire 25 miliardi di metri cubi in più di gas disponibili per l’inverno 2024-2025. Il piano più nel dettaglio prevede di incrementare l’import di Gnl di 1,5 miliardi di metri cubi nel secondo semestre del 2022, per arrivare nel 2025 a 12,7 miliardi di metri cubi. Sono stati siglati a questo scopo accordi con Egitto (3,5 miliardi di metri cubi), Congo (4,6 miliardi), Qatar (1,4 miliardi) e Angola (1 miliardo), giusto per citare quelli più importanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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