Elezioni 2022, Letta con Emiliano e De Luca: «Ecco il nostro manifesto per il Sud»

Elezioni 2022, Letta con Emiliano e De Luca: «Ecco il nostro manifesto per il Sud»
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 12 Settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 20:12
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Inviato a Taranto

«Finalmente ci hanno richiamato dalla panchina per farci entrare in campo...», dice, mentre aspira una sigaretta, Michele Emiliano, il governatore della Puglia. Il riferimento è a lui ed al suo collega della Campania, Enzo De Luca, appena scesi dal palco che hanno condiviso con il segretario nazionale del Pd Enrico Letta. Una scena impensabile sinora visti i rapporti non certo idilliaci tra il segretario e i due governatori ribelli ma in questi ultimi giorni è tornato il sereno all'orizzonte. Perché ci sono elezioni difficili alle porte e serve la mano di tutti. Specie di Emiliano e De Luca al Sud. Senza contare l'appuntamento su cui punta il Pd: la presentazione, ieri mattina, del «Manifesto per il Sud», un piano organico in 7 punti che vede come piatto forte 900mila assunzioni nella pubblica amministrazione da qui al 2029 (300mila entro il 2024).

«Lanciamo il piano del Pd per il Sud, da Taranto, luogo emblematico per noi. Mezzogiorno vuol dire innanzitutto che combatteremo con tutta la nostra forza il tentativo che la Lega e Salvini stanno facendo per togliere quella soglia del 40 per cento di premialità per i fondi del Pnrr nel Mezzogiorno. È l'impegno principale che abbiamo», spiega l'ex premier entrando nel teatro Orfeo di Taranto, oltre la città vecchia, dove i due governatori l'attendono già sul palco. Atmosfera rilassata con i tre che chiacchierano amabilmente, senza contare sguardi e sorrisi d'intesa che si scambiano durante gli interventi. Questo per dire che non si tratta una pace forzata in vista del voto ma una sorta di patto tra gentiluomini in cui ognuno si assume le proprie responsabilità, dà una mano al partito e lascia da parte i soliti veleni interni che animano da sempre il Pd. «Un'ottima iniziativa, una giornata di svolta: sono felice di essere qui», evidenzia non a caso Vincenzo De Luca, in genere parco di complimenti e quasi mai a suo agio nelle kermesse di partito. Ma la città dei due mari ha fatto il miracolo. E le cose, stavolta, si dicono vis àvis, in un rapporto franco, senza trincerarsi dietro dirette social o battute. «Il segretario non ha certo il dono dell'effervescenza ma è una persona perbene di cui ti puoi fidare», evidenzia non a caso De Luca che però, poco dopo, avverte anche: «Sull'autonomia, caro Enrico, però bisogna darsi una linea non che ognuno va avanti a briglia sciolta. Noi ad esempio l'abbiamo chiesta ma solo dopo che l'avevano fatto tre regioni». E proprio sul Sud: «Il Pd negli ultimi 15 anni ha rimosso meridionalismo. Forse in maniera opportunistica con la scusa di drenare voti alla Lega». Poi vira sulla politica dove i fendenti sono tutti per Carlo Calenda. «Avevamo tutte le ragioni e tutti gli obblighi per mettere insieme una coalizione che fosse in grado di contrastare il centrodestra.

Non siamo riusciti a farlo perché qualcuno rispetto all'obiettivo di salvare l'Italia ha preferito scegliere di salvare se stesso», aggiunge riferendosi al leader di Azione che in serata ricambia, si fa per dire, parlando di «300mila assunzioni? Un numero delirante, ormai Letta è all'inseguimento dei Cinque Stelle».

Emiliano invece non fa mistero di aver avuto rapporti pessimi con i precedenti vertici del Nazareno. Ce l'ha, anche se non lo nomina mai, con Matteo Renzi per l'Ilva: «Arrivavano a fare decreti che consentivano a impianti siderurgici inidonei di funzionare anche se erano pericolosi». Poi rivendica il primato di una «Puglia come la Stalingrado d'Italia» dove «la destra non passerà: sputeranno sangue per cambiare quello che abbiamo costruito in 20 anni», facendo offendere il suo eterno rivale Raffaele Fitto.

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Coinciso Letta nel suo intervento finale dove rilancia con forza un meridionalismo contro la visione a trazione nordista del centrodestra. «Quando sentite parlare di rinegoziazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, significa togliamo i soldi al Sud e portiamoli al Nord», avverte prima di toccare il tema del lavoro. «Vogliamo rilanciare, stabilizzare e dare continuità al fatto che al Sud si possa assumere con detassazione e decontribuzione. Questo vuol dire dare al Mezzogiorno una possibilità di lavoro in più che oggi è assolutamente necessaria, perché il lavoro al Sud non può essere un lavoro instabile e totalmente marginale». Con l'obiettivo finale di colmare il gap con il centrodestra: «I sondaggi non ci sono più ma c'è - conclude - un unico dato: il 42 per cento degli italiani è indeciso, non sa chi votare. Negli ultimi 12 giorni di campagna elettorale faremo uno sforzo enorme per parlare con loro». 

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