Inviato a Bruxelles
Sono quasi 5 milioni e chiedono di poter avere qualche beneficio in più dal proprio Paese in materia di tasse, sanità e burocrazia. Sono gli italiani all’estero che, nonostante la riduzione dei parlamentari, dovranno comunque eleggere 8 membri per Montecitorio e 4 per Palazzo Madama. Assai sentita è la sfida elettorale tra gli italiani di Bruxelles, qui anche per la vicinanza del Parlamento europeo, tutti si sentono pienamente cittadini europei, ma vorrebbero maggiore vicinanza dal proprio Paese. I plichi per il voto a distanza giungeranno tramite posta in settimana e le schede andranno consegnate entro il 22 settembre, tre giorni prima dall’apertura delle urne in Italia. Tanti i giovani che arrivano qui, nella capitale belga, per iniziare a lavorare o avviare uno dei tanti stage previsti proprio dal Parlamento europeo, ci sono poi i tanti che sono emigrati da anni aprendo una propria attività, ma anche imprenditori che si sono stabiliti qui per intraprendere nuove sfide fiutando il vento prima degli altri grazie alla vicinanza dei palazzi del potere della Ue.
Ha appena 23 anni Fiorenza Ceniccola, arrivata a Bruxelles dal Sannio, dal paese di Guardia Sanframondi. Anche lei è cittadina del mondo, ha vissuto a Londra per sei anni e ora è al Parlamento europeo per uno stage. «Vivo come una sconfitta dover vivere lontano per crescere. Alla politica chiedo di mettere in campo delle soluzioni per fare in modo che i giovani ritornino, metterli nelle condizioni di rendere grande il nostro Paese dall’interno e non più dall’estero». Fiorenza spiega che voterà e di avere le idee chiare, ma le soluzioni che cerca non sono quelle promesse per chi vuole restare e lavorare qui. «Voterò - aggiunge - soprattutto sulla base dei programmi per gli italiani che vivono in Italia perché è lì che vorrei tornare». Molto più interessato ai programmi dei partiti per gli italiani emigrati è Antonio Scribellito, manager di Post Europ, l’associazione degli operatori postali pubblici europei che ha sede a Bruxelles. Napoletano, Scribellito, fuori dall’Italia da oltre 20 anni, chiede interventi per la sanità e l’educazione. «Per noi iscritti all’Aire - spiega - lo Stato ci considera residenti all’estero e quindi non abbiamo più un nostro codice personale per l’assistenza sanitaria. Quando ci troviamo in Italia per periodi più lunghi dobbiamo augurarci di non dover fare esami clinici, altrimenti dobbiamo rivolgerci soltanto ai privati».
L’altro aspetto che rileva il manager napoletano è la progressiva chiusura degli istituti di cultura in tutto il mondo: «Sono fondamentali - dice - anche per far studiare i nostri figli e non far perdere le nostre tradizioni e la nostra cultura.
Tra gli altri problemi segnalati anche la possibilità di ricevere la carta d’identità digitale. «L’ho chiesta da mesi - rivela Giovanni, pizzaiolo a due passi dalla Grand Place - ma a quanto pare l’unica soluzione è recarsi in Italia, stesso discorso per lo Spid, ormai l’unico modo per avere accesso a servizi digitali». Quello dell’interazione con la pubblica amministrazione è uno dei problemi maggiormente sentiti da tanti.
Se c’è chi si sente molto partecipe della contesa elettorale e annuncia il proprio voto, in tanti invece guardano con distacco alle vicende politiche. Bernardo Ruzziconi, origini romagnole, ha una piadineria proprio nei pressi del Parlamento europeo. È italiano, ma praticamente di seconda generazione perché furono i suoi genitori a partire alla volta di Bruxelles per aprire una fortunata attività commerciale. «Anche se qui si organizzano tanti incontri politici - racconta - ormai la mia vita si svolge qui e mi interesso sempre meno di cosa accade in Italia. Non so se voterò, se ne avrò il tempo deciderò all’ultimo momento». Del resto l’esperienza di Bernardo non è dissimile da tanti altri italiani emigrati, alle scorse elezioni decisero di inviare il proprio voto soltanto il 30 per cento di chi ne aveva diritto.