Crollo M5S, tensioni nel governo: la Lega prepara la resa dei conti sulla Tav

Crollo M5S, tensioni nel governo: la Lega prepara la resa dei conti sulla Tav
di Marco Conti
Martedì 12 Febbraio 2019, 12:00 - Ultimo agg. 17:59
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«Se qualcuno pensa che la strada sia quella del Dibba non ne usciamo. Parlare solo alla zoccolo duro del nostro elettorato ci fa perdere il voto d'opinione». Nel giorno del Maalox e del silenzio dei vertici, è difficile trovare un grillino di governo che voglia metterci la faccia. E così, mentre Matteo Salvini dice di non voler toccare nulla del governo, nel M5S il caos monta e il Movimento mostra crepe profonde, voglia di resa dei conti ma anche di riscatto.

La partita più importante, e delicata per il futuro del governo, è quella tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. I rapporti tra i due sono logorati e il vicepremier accusa Conte di aver contribuito ad indebolire il peso del M5S nell'esecutivo e di essersi di fatto iscritto al terzo partito della maggioranza, sul quale vigila il Quirinale, e che annovera i ministri Moavero, Tria, la Trenta e lo stesso Savona, almeno sino ad una settimana fa. Troppe mediazioni «al ribasso» da parte di Conte. Ma soprattutto, sempre a giudizio di Di Maio, la «costante presa di distanza», in Europa come in Italia, dalle battaglie del Movimento. L'elenco è lungo e va dalla spiegazione offerta da Conte alla cancelliera Merkel sulla politica estera grillina e carpita da La7, ai rapporti con la Commissione Ue e con il Quirinale, passando per i legami con quel mondo accademico - dal quale proviene Conte - che consiglia di andare avanti con la Tav, così come fatto su Ilva e Tap. Sullo sfondo del rapporto tra i due un sospetto forte che agita i sonni del vicepremier. Ovvero che l'avvocato, dopo l'esperienza a palazzo Chigi, e forte dell'alta percentuale di gradimento raccolta in sette mesi, non voglia tornare all'attività accademica - come promesso - ma intenda mettersi in proprio. Magari alla guida di un movimento riformista in grado di traghettare anche molti dei nuovi eletti che in questa legislatura più volte si sono lamentati dello strapotere della leva del 2013 andata quasi tutta al governo e che «decide senza consultarci trattandoci da schiacciabottoni». Conte, che ieri si è autodefinito non solo «presidente della Repubblica», ma anche «garante della coesione nazionale», nelle ultime settimane ha in effetti trovato più sponde nella Lega che nel M5S. Lo scontro su Bankitalia, come quello con la Francia o la questione venezuelana, lo testimoniano. Tutte zeppe che la coppia del doppio di, Di Maio e Di Battista, hanno messo all'attività di palazzo Chigi e che hanno contribuito ad incrinare anche i rapporti internazionali che Conte ha faticosamente costruito in sette mesi di governo.
 
La sconfitta abruzzese brucia soprattutto perché prevista e conferma un trend del M5S che Di Maio e la Casaleggio non sono mai riusciti a fermare e che rischia di esplodere alle elezioni di maggio. Ovvio però che Salvini, principale beneficiario della deriva grillina, non voglia cambiare nulla dell'attuale assetto e tanto meno rivedere la squadra di governo o il programma. Alcuni ministri M5S, da Toninelli alla Grillo, passando per la Lezzi e Bonafede, nella Lega vengono considerati una sorta di polizza. Il vertice notturno di stamatina (doveva svolgersi stanotte) confermerà questa sorta di divaricazione, con Salvini che andrà a parlare delle cose da fare mentre Di Maio si soffermerà anche sul come. In questo momento il leader leghista fa di tutto per sostenere il malconcio alleato anche in vista del voto sulla richiesta di autorizzazione a procedere sulla Diciotti. Ma il sostegno leghista è dedicato soprattutto a preservare il ruolo di Conte che per Salvini rappresenta il più forte antidoto al rischio che l'ala ortodossa del Movimento possa convincere Di Maio a pretendere segnali forti. A cominciare dalla Tav che il vicepremier intende archiviare ufficialmente prima delle elezioni in Sardegna di fine mese e che invece il ministro dell'Interno vuole fare o almeno rinviare. Destinati al rinvio sono anche la legge sull'autonomia regionale e forse anche la legittima difesa.

Di fatto si profilano tre mesi e mezzo di sostanziale paralisi dell'esecutivo con il M5S in confusione e Salvini che però rischia di pagare anche perché nel frattempo entra in attività il Reddito di cittadinanza che andrà molto poco al Nord e che capovolge la narrazione leghista delle partite iva.

D'altra parte, come ricordava ieri l'azzurro Osvaldo Napoli, le elezioni europee sono un proporzionale puro e FI e FdI a maggio concederanno molto meno all'alleato delle battaglie locali. Tre mesi e mezzo sono pochi, ma potrebbero diventare per la Lega un'eternità qualora il veto grillino alla riapertura dei cantieri - Tav in testa - dovesse far peggiorare i dati sull'occupazione e sul pil dell'anno.

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