Boom Lega, il divario tra città e provincia: nei grandi centri è avanti il Pd

Boom Lega, il divario tra città e provincia: nei grandi centri è avanti il Pd
di Diodato Pirone
Martedì 28 Maggio 2019, 08:30
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Il voto italiano per il Parlamento Europeo ha gettato altro sale su una frattura sociale emersa già con le politiche del 2018: le città votano compattamente per il Pd mentre le province si sono spostate massicciamente sulla Lega (solo in parte del Sud restano fedeli ai 5Stelle che avevano scelto nel 2018).

Il fenomeno è per certi aspetti sbalorditivo. Prendiamo ad esempio le due principali città italiane, Roma e Milano, e il loro contado regionale. A Roma il Pd ha superato il 30% mentre nel Lazio (capitale compresa) non supera il 24%. La Lega invece in città è al 26% e nella Regione sfiora il 33%. A Milano i Dem superano il 36% mentre in Lombardia si fermano al 23%. La Lega fa l'opposto: Milano città è al 27 e nella Regione oltre il 43%.

I dati sono sostanzialmente analoghi anche per l'Emilia, il Veneto, la Campania. Il trend è uniforme e ha determinato un cambiamento del colore politico di intere Regioni e, anzi, dell'intera nazione. Se nel 2014 tutta l'Italia era colorata di rossa perché il Pd era il primo partito in tutte le Regioni oggi il grosso dell'Italia è rappresentato dal colore della Lega con la parziale eccezione di alcune aree del Sud. Impressionante la Sardegna: rossa nel 2014, gialla nel 2018, verde (o blu Lega) nel 2019.
 
Quali le ragioni di questo comportamento? «In realtà gli italiani sono in sintonia con un comportamento mondiale - spiega il professor Gianfranco Viesti dell'Università di Bari - la Brexit in Gran Bretagna ha vinto nelle contee periferiche ma ha perso a Londra. In America un radicale di destra come Trump ha attirato a sé strati sociali dell'America profonda ma a New York o San Francisco è odiatissimo. Anche la Le Pen in Francia prende pochissimi voti a Parigi e per molti aspetti il fenomeno dei Gilet Gialli è stato un fenomeno di rivolta dei provinciali contro i cittadini». «Il tema - spiega Viesti - è che i flussi dell'economia moderna sono sostanzialmente urbani e lasciano scoperte molte aree territoriali che entrano in una spirale di declino e di richiesta di protezione. Chiudere la dicotomia città/campagna non è una cosa semplice, succede quando classi dirigenti adeguate lavorano a progetti che saldano il territorio alla città. Accade in Germania che dispone di una diffusa presenza di fabbriche che aiutano la coesione sociale».

Secondo Marco Valbruzzi ricercatore dell'Istituto Cattaneo di Bologna la frattura città/campagna in versione italiana è figlia della fine dei partiti. «Un tempo erano i partiti che controllavano i territori e infatti c'erano le Regioni Rosse e quelle Bianche - sottolinea Valbruzzi - Oggi è esattamente il contrario: è il territorio che cambia partito a ogni elezione perché chiede alla politica cose diverse di volta in volta. Non a caso il colore politico delle regioni italiane è cambiato tre volte nelle ultime tre tornate elettorali nazionali, 2014, 2018 e 2019».

Secondo l'analista del Cattaneo finché i partiti non torneranno a radicarsi sul territorio l'elettorato italiano resterà estremamente liquido e volubile e anche l'azione delle classi dirigenti non potrà che portare a risultati sporadici «magari per la buona qualità di qualche sindaco o di qualche manager» ma non sarà sistematico.

Una terza chiave di lettura viene offerta da Enzo Risso, direttore dell'Istituto di Ricerca SWG. «Il successo del Pd nelle città e in particolare nei quartieri alti e dirigenziali delle città non è novità - attacca Risso - Si tratta dei fortini delle classi aspirazionali ovvero di quella quota di società dinamica che governa ed è legata ai flussi internazionale del commercio. Questo segmento sociale che potremmo chiamare ceto medio urbanizzato vede nel Pd un baluardo di modernizzazione del Paese e si schiera con i Dem ormai da lungo tempo. Ma non a caso nelle città hanno avuto un buon successo formazioni minori come +Europa e i Verdi. Il punto è che nessuno ha ancora trovato una chiave per diffondere uniformemente sul territorio i benefici della globalizzazione oppure per ridurne gli impatti negativi».
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