Di Maio e la «non sfiducia»: ecco il piano B dei cinque stelle

Di Maio e la «non sfiducia»: ecco il piano B dei cinque stelle
di Stefania Piras
Giovedì 8 Marzo 2018, 06:38 - Ultimo agg. 12:41
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Paola Giannetakis entra al comitato elettorale confusa e felice, in modalità secondo colloquio di lavoro. Bacia calorosamente la cronista e si avvia sulle scale trepidante. Venti minuti dopo guadagna l'uscita visibilmente contrariata e avvolta da un'aura burrascosa. Giannatakis era stata designata come possibile ministro dell'Interno, ma il M5S non ha una maggioranza e sa bene che non potrà imporre una squadra intera ai futuri partner che daranno l'eventuale appoggio esterno.
Perché al momento il traguardo più realistico è un «governo della non sfiducia», modello 1976, quando Giulio Andreotti governò per due anni senza avere la maggioranza e grazie all'astensione del Partito Comunista Italiano guidato da Enrico Berlinguer. Il M5S ha capito che può solo puntare a un governo di minoranza, che è obbligato dunque a tenere tutti i canali aperti, anche quello con la Lega, e soprattutto a sacrificare pezzi della squadra presentata in pompa magna all'Eur. «Per essere molto chiari: solo Luigi Di Maio è intoccabile perché è il nostro candidato premier», spiega un parlamentare.

È andata meglio a Emanuela del Re ieri. Eletta alla Camera in un collegio uninominale di Roma, la candidata ministro degli Esteri ha approfittato del lungo stallo che si prefigura per farsi un giro delle cancellerie europee e ha incontrato un ambasciatore proprio ieri insieme al deputato Manlio Di Stefano. «Si parla di programmi e di progetti per i prossimi cinque anni, e di come l'Italia sarà pronta a svolgere di nuovo un ruolo centrale in Europa e nel mondo», ha scritto su Facebook.
 
Ma intanto si è aperta una insolita no fly zone tra M5S e Carroccio. I due partiti più votati il 4 marzo potrebbero già convergere sulla legge elettorale da modificare. E pure sulla partita dei presidenti delle Camere, sulla quale ci sono già stati contatti. Ecco perché l'altro ieri dopo quattro ore di faccia a faccia tra Roberto Fico e Luigi Di Maio, ieri è stato chiamato a rapporto un altro super ortodosso, Nicola Morra, a cui sono stati spiegati i termini dell'accordo.

Quindi oltre alle telefonate da area Pd («cercate fra i renziani della primissima ora», confida una maliziosa fonte dem), il M5S sta giocando su più fronti perché, pallottoliere alla mano, mancano ottanta parlamentari ed è obbligatorio rivolgersi direttamente ai gruppi più numerosi: Lega e Pd. Ieri è stata l'ennesima giornata di riunioni e di analisi, soprattutto di studio dei sondaggi che dicono al M5S che le convergenze con la Lega non spaventano affatto l'elettorato pentastellato.

Poi, certo, calcoli a parte, c'è chi pur di far partire un governo confessa apertamente: «Con la Lega non avremmo alcun problema di numeri». «Se eleggiamo insieme i presidenti di Camera e Senato non è detto che sia per forza in ottica di governo», dice uno dei protagonisti delle trattative.

Si parte con un tema iper tecnico come la legge elettorale e poi chissà. Ieri c'è stato un valzer di senatori vecchi e nuovi alla porta di Di Maio. Sono arrivati Danilo Toninelli, Primo De Nicola, Laura Bottici e Nicola Morra. Tutti in pole position per la vicepresidenza del Senato e per i ruoli di capigruppo che verranno nominati direttamente da Di Maio. Dureranno 18 mesi e dovranno essere ratificati dalle assemblee dei gruppi parlamentari.

Guardare ai temi permetterà di tenere a freno possibili tensioni tra chi spera in un accordo programmatico a destra e chi invece a sinistra. Ma qui è arrivato a spegnere gli incendi sul nascere Beppe Grillo già un giorno fa quando ha detto: «Siamo un po' di destra e un po' di sinistra».

Toninelli, neosenatore di Crema arriva da quella Lombardia che ha visto per la prima volta M5S e Lega convergere sui un tema apparentemente solo tecnico: l'articolo 116 della Costituzione, ovvero il referendum sull'autonomia. Toninelli mantiene toni interlocutori e ubiqui: «Le coalizioni non hanno numeri per governare. Il Movimento si assume questa responsabilità: per questo facciamo un appello a tutti i partiti per un governo che metta al centro i temi che sono cari a tutti i cittadini: creare lavoro, combattere la povertà, abbassare le tasse e tagliare gli sprechi».

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