Elezioni politiche, obiettivi e soglie psicologiche dei partiti. Il Pd sotto al 20% è un fallimento, la Lega teme il sorpasso del M5S

Elezioni politiche, obiettivi e soglie psicologiche dei partiti. Il Pd sotto al 20% è un fallimento, la Lega teme il soprasso del M5S
Elezioni politiche, obiettivi e soglie psicologiche dei partiti. Il Pd sotto al 20% è un fallimento, la Lega teme il soprasso del M5S
di Fausto Caruso
Domenica 25 Settembre 2022, 10:44 - Ultimo agg. 21:59
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Tutti vogliono vincere e quasi tutti si proclamano in grado di farlo. All’interno del centrodestra si parla già del futuro governo, con le prime frizioni sui nomi del Premier e dei ministri, ma gli avversari non si arrendono ai pronostici: ancora venerdì, durante l’ultimo comizio in Piazza del Popolo, il segretario del Pd Enrico Letta ha lanciato il grido «andiamo a vincere», Calenda e Renzi promettono che col 10-12% al Terzo Polo chiederanno a Draghi di restare a Palazzo Chigi. Tra poche ore promesse e proclami dovranno fare i conti con il risultato delle urne. Al di là degli intenti dichiarati, quali sono obiettivi realistici e soglie psicologiche dei vari partiti?

Centrodestra

Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni partiva dal 4,3% ottenuto nel 2018 ed è cresciuto sempre di più nei sondaggi durante l’opposizione al governo Draghi. È forse l’unico partito che non aveva nulla da perdere, ma certo dopo essere stati i favoriti per tutta la campagna elettorale le aspettative si sono alzate. Qualunque risultato oltre il 20% sarebbe un buon traguardo, che diventerebbe ottimo se si dovesse arrivare al 25%. Avvicinarsi al 30% trasformerebbe il voto in una cavalcata trionfale per il partito della fiamma.

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Uno scenario simile spalancherebbe a Giorgia Meloni le porte di Palazzo di Chigi, ma attenzione agli equilibri alla coalizione. Il “problema” di FdI è che potrebbe doppiare gli alleati della Lega e questo metterebbe in fibrillazione il partito di Matteo Salvini, per cui un buon risultato sarebbe invece avvicinarsi al 17% delle scorse elezioni. Gli ultimi sondaggi pubblicati evidenziavano un trend discendente per il Carroccio, tanto da mettere in dubbio l’esito della sfida con il Movimento Cinque Stelle, quella guardata più attentamente dalle parti di via Bellerio. Se la Lega dovesse arrivare sotto ai pentasetllati il segretario finirebbe immediatamente sotto accusa. A prescindere dal confronto con l’ex alleato Conte, con un risultato sotto al 12% si può già immaginare l’hashtag #Salviniout in tendenza su Twitter, mentre scendere sotto al 10% segnerebbe senza dubbio la fine della segreteria del “Capitano”, con l’ala dei governatori del Nord, Fedriga e Zaia in testa, pronta a subentrare.

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Prospettive più modeste per Forza Italia, il cui obiettivo principale è non scendere troppo al di sotto del 10% e soprattutto non farsi superare dal Terzo Polo.

Un risultato sotto al 7% sarebbe deludente e segnerebbe il definitivo tramonto politico del Cavaliere, con seri dubbi sul futuro del partito. Anche qui peseranno molto gli equilibri di coalizione: dopo essersi posto come garante dell’europeismo dell’eventuale governo di centrodestra, per Berlusconi è fondamentale che i due «figli» (come li ha definiti nel comizio di chiusura di venerdì a Milano) Salvini e Meloni abbiano bisogno di lui, vale adire che non ottengano da soli la maggioranza dei seggi potendo fare a meno di Forza Italia.

Centrosinistra

L’idea di Enrico Letta per queste elezioni era di presentarsi con un “campo largo” che andasse dai Cinquestelle a Calenda ai Verdi da contrapporre alla destra, con il Partito Democartico come perno. Dalla caduta del governo Draghi il campo si è ristretto sempre di più, con Azione e il M5S che hanno optato per la corsa solitaria, facendo sì che una vittoria del centrosinistra con l’attuale legge elettorale divenisse quasi impossibile. Il segretario dem crede ancora nella rimonta, ma durante la campagna elettorale è stato lui stesso a far capire che il vero obiettivo del Pd è quello di uscire dalle urne come primo partito, superando FdI. Se quest’ultimo scenario si dovesse realizzare, Letta potrebbe comunque reclamare una propria vittoria personale anche nella sconfitta elettorale, mentre se fosse Giorgia Meloni a raccogliere la maggioranza delle preferenze la disfatta si farebbe più pesante col crescere della distanza tra i due partiti. Con queste premesse, la soglia psicologica al di sotto della quale il segretario sarebbe invitato a farsi da parte è il 20%.

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Diversa la situazione degli alleati di colazione. Per l’Alleanza Verdi-Sinistra e Più Europa l’obiettivo concreto è superare lo sbarramento del 3%; arrivare al 5% avrebbe già i tratti del trionfo. Il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, aveva posto al suo partito Impegno Civico il target del 6%, cifra a cui nessun sondaggio lo ha mai avvicinato. Più realisticamente l’obiettivo minimo è che il leader venga eletto nel collegio uninominale di Napoli, dove è il candidato di centrosinistra, e che il partito superi l’1% per contribuire almeno al risultato di coalizione.

Movimento Cinque Stelle

Nella corsa elettorale il Movimento rappresenta il rovescio della medaglia rispetto alla Lega. Dati per (politicamente) morti dopo la decisione di far cadere il governo Draghi, i pentastellati si sono via via ripresi da critiche e scissioni, tanto che gli ultimi sondaggi profilavano addirittura la vittoria in alcuni collegi uninominali del Mezzogiorno. Con un risultato sopra al 10% i grillini potranno ritenersi soddisfatti, ma la vera vittoria sarebbe sorpassare il Carroccio. Se dovessero sfondare il 15% sarebbe il personale trionfo di Giuseppe Conte, che si legittimerebbe a pieno come leader di un partito in grado di dire la sua durante la prossima legislatura. Questo tenendo presente che si tratterebbe comunque di un recupero solo parziale dopo il crollo dal 33% ottenuto nel 2018.

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Terzo Polo

«Devo essere onesto, sotto al 10% è una sconfitta», dichiarava il leader di Azione Carlo Calenda negli ultimi giorni di campagna elettorale. L’ex ministro non ha mai fatto mistero di puntare alla doppia cifra e magari a quel 19% che ottenne alle comunali di Roma lo scorso anno. Obiettivi ambiziosi, troppo forse. Alla prova dei fatti, nessuno parlerebbe di fallimento con un Terzo Polo sopra al 6%, mentre avvicinarsi all’8% sarebbe già un ottimo traguardo, specie se questo significasse aver superato Forza Italia. Se poi la coppia Renzi-Calenda dovesse andare davvero in doppia cifra la scommessa della corsa solitaria potrebbe dirsi vinta su tutti fronti e chissà che non possa esserci qualche problema nel formare una maggioranza di centrodestra.

Tutti gli altri

Italexit, Unione Popolare, Italia Sovrana e Popolare e tutte le altre formazioni che sono riuscite a presentare il proprio simbolo alla contesa elettorale hanno come unica speranza, più che obiettivo, quella di arrivare a al 3% che garantisce l’ingresso in parlamento. L'unico partito a cui i sondaggi davano questa possibilità è quello di Gianluigi Paragone, mentre per i restanti andare sopra all’1% rappresentarebbe una buona base per impegni futuri.

 

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