Grandi manovre per il nuovo governo: il Colle attende la fine delle ostilità

Grandi manovre per il nuovo governo: il Colle attende la fine delle ostilità
di Alberto Gentili
Mercoledì 7 Marzo 2018, 09:57
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Sergio Mattarella attende con pazienza e disincanto che i partiti ammaino le bandiere di guerra. Aspetta che Luigi Di Maio e Matteo Salvini la smettano di proclamarsi vincitori e acquisiscano la consapevolezza che nessuno dei due ha i numeri in Parlamento per formare un governo. E spera che il Pd (le accuse di Renzi non sono passate inosservate, innescando un moto di amarezza) ritrovi al più presto la bussola. L'avvitamento del Pd, che ha garantito in questi anni la governabilità, allarma non poco.

Per fortuna di tempo ce n'è. E gioca dalla parte del Quirinale, dove si auspica vengano smaltite quanto prima le tossine della propaganda elettorale. Il nuovo Parlamento si riunirà il 23 marzo, poi dovranno essere eletti i presidenti di Camera e Senato. L'operazione potrebbe essere lunga e complessa: a Montecitorio dovrà coagularsi una maggioranza per eleggere il successore di Laura Boldrini (al Senato invece, dopo la terza votazione, scatta il ballottaggio tra i più votati). E soltanto alla fine di questo percorso istituzionale cominceranno le consultazioni. Probabilmente tra fine marzo e inizio aprile. Se non più tardi, se la situazione alla Camera dovesse incartarsi. Quando entrerà in gioco, Mattarella ascolterà le indicazioni dei gruppi. Le proposte per formare il governo. E non farà alcuna pressione sui partiti (Pd in primis) affinché sostengano un potenziale premier (Di Maio o Salvini) invece di un altro. «Il capo dello Stato non compie scelte politiche, è super partes e neutrale», dicono sul Colle.
 
A maggior ragione, proprio per questa neutralità e per rispetto delle scelte compiute dagli elettori, Mattarella affronterà le consultazioni senza alcuna preclusione. Senza alcuna conventio ad excludendum. Traduzione: nessun ostacolo a un governo guidato dai Cinquestelle o dalla Lega se avesse i numeri in Parlamento. Certo, il rispetto dei trattati internazionali e l'adesione all'Ue sono principi inviolabili. Ma l'eventuale intervento di Mattarella scatterebbe soltanto dopo la formazione dell'esecutivo, vigilando sia sulla scelta dei ministri, sia sui provvedimenti assunti del nuovo inquilino di palazzo Chigi. La Costituzione affida al capo dello Stato il potere di non controfirmare e di rispedire al mittente leggi e decreti.

In più, in vista delle consultazioni, dal Colle avvertono che il capo dello Stato non assumerà iniziative senza essere sollecitato dai gruppi parlamentari. Ciò significa, che Mattarella interverrà solo dopo che Di Maio o Salvini avranno eventualmente alzato bandiera bianca e tutti i partiti saranno andati a bussare alla porta del Quirinale per chiedergli di aiutarli a trovare una soluzione.

Quale? In assenza di un governo squisitamente politico, nato sulla base di un accordo tra i partiti, c'è l'esecutivo del presidente formato in base alle indicazioni del capo dello Stato che poi riceve la fiducia del Parlamento «e in quel momento», suggeriscono sul Colle, «diventa immediatamente politico». C'è il governo di scopo: un paio di punti in agenda (legge elettorale e di bilancio) e poi alle urne. Ci sono formule più antiche come il governo tecnico, il governo della non sfiducia: in piedi solo perché non sfiduciato (accadde nel 76 ad Andreotti). Il governo di minoranza sostenuto dall'appoggio esterno di qualche partito: più o meno la subordinata di Salvini e Di Maio. Ormai più improbabili invece le larghe intese o il governo di unità nazionale: troppo deboli, in un Parlamento a trazione populista, le forze moderate e riformiste.

C'è da aggiungere che il Presidente darà l'incarico esclusivamente quando un potenziale premier incaricato avrà la certezza di avere la maggioranza. E che le elezioni saranno l'extrema ratio: non si svolgeranno a giugno e difficilmente in autunno, quando scatterà la sessione di bilancio e si rischierà l'esercizio provvisorio. Se tutto andrà a gambe all'aria si rivoterà tra un anno. Difficilmente con Paolo Gentiloni ancora a palazzo Chigi. Più probabilmente con un governicchio elettorale.
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