Elezioni, la Regione Lazio va a destra: Rocca nuovo governatore. FdI vola, FI-Lega tengono, Meloni: «Governo più stabile»

Scarto di 20 punti tra Rocca e D’Amato. Il centrodestra a valanga anche a Roma. Espugnato uno degli ultimi fortini del Pd. A FdI-Lega-FI quindici Regioni contro 4

Elezioni, la Regione Lazio va a destra: Rocca nuovo governatore. FdI vola, FI-Lega tengono, Meloni: «Governo più stabile»
Elezioni, la Regione Lazio va a destra: Rocca nuovo governatore. FdI vola, FI-Lega tengono, Meloni: «Governo più stabile»
di Francesco Bechis
Martedì 14 Febbraio 2023, 00:09 - Ultimo agg. 17:07
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«Prudenza». Eur, Salone delle Fontane. Tra i corridoi del comitato elettorale di Francesco Rocca è questa l’indicazione una volta chiuse le urne. Ma alle prime proiezioni la prudenza cede il passo agli applausi, gli abbracci e le risate. Dopo dieci anni di governo Pd, il Lazio torna nelle mani del centrodestra. Lo fa con un verdetto inappellabile. Rocca, il civico con il pallino del “fare” per anni alla guida della Croce Rossa Internazionale, è il governatore che certifica il ribaltone alla Pisana interrompendo una lunga era di dominio dem targato Nicola Zingaretti.

I NUMERI

Vittoria netta. Il centrodestra scavalca il 50% (la coalizione arriva al 51,4%), il centrosinistra dietro ad Alessio D’Amato - Pd e Terzo Polo - si ferma al 34%, in fondo i Cinque Stelle con Donatella Bianchi, 12%. I conservatori aggiungono una regione al palmarès nazionale: ora ne hanno 15 su 19 (tolta l’autonomista Valle d’Aosta), al centrosinistra ne restano quattro (Puglia, Campania, Emilia Romagna e Toscana). 
È andato bene anzi benissimo il “referendum” laziale per il governo Meloni, più di un semplice test locale per ammissione della stessa premier, il risultato «rafforza il lavoro» dell’esecutivo, ha detto ieri.

Può ben esultare Fratelli d’Italia che mette la firma sul ritorno della destra alla Pisana confermandosi primo partito e perno della coalizione. Vince un po’ ovunque, città, periferie, provincia, tocca quota 34% superando i numeri incassati alle politiche di settembre. Reggono l’urto gli alleati Lega e Forza Italia confermando il trend di quattro mesi fa (rispettivamente 8,5% e 9%). Fa sorridere la maggioranza la geografia del voto, che ribalta vecchi schemi. Nel Lazio il centrodestra stravince in città, a Roma Rocca è al 46%, vince anche fuori. A Latina la destra è sopra al 70%, nella Tuscia al 63%, a Viterbo sfiora il 68%. E fa niente se in cima al podio sale il partito dell’astensione: vota il 37% degli elettori, uno su tre, quasi la metà rispetto alle urne del 2018. All’Eur è festa grande per il candidato civico e al tempo stesso militante scelto dopo una faticosa trattativa nella coalizione conservatrice, memore del precedente tentativo della civica Renata Polverini, approdata alla Pisana tredici anni fa e uscitane due anni e mezzo dopo per uno scandalo che ha travolto la giunta.

 

Rocca invece ha convinto e quando arriva al comitato è travolto dagli applausi, presenti i big di partito, dal leghista Durigon ai meloniani Donzelli, Meloni Arianna, Fabio Rampelli, che lo abbraccia. «Una vittoria emozionante», dice - poco prima ha sentito al telefono la premier - e annuncia subito i cantieri da aprire a via Cristoforo Colombo. In cima all’agenda una missione: «Risollevare una Sanità distante, che mortifica i cittadini». Di Sanità si intende Rocca, avvocato e manager, già direttore generale dell’Ospedale Sant’Andrea. E infatti c’è chi scommette che potrebbe inizialmente tenere la delega più delicata per gestire le tante emergenze nel Lazio, dalle interminabili liste di attesa al nodo posti letto. «Decideremo insieme, sarà una giunta straordinaria», si limita a dire il neo-governatore mentre già impazza il totonomi per un’altra casella ambita, la presidenza del Consiglio regionale, in lizza i fratelli d’Italia Giancarlo Righini e Fabrizio Ghera.

Per ora la testa è al fitto programma di governo, dalla gestione dei rifiuti, a partire dai lavori per il termovalorizzatore, fino alla spinosa questione autonomia differenziata. «Ora prevale il senso di responsabilità», ammette con un sospiro Rocca. A metà pomeriggio arriva la telefonata, in fair play, di D’Amato che riconosce la sconfitta annunciando «una opposizione dura sulle questioni concrete». Per il Pd il verdetto laziale è la conferma di una parabola già certificata dalle politiche. Il 21% raccolto ieri è anche in linea con il 21,25% delle ultime regionali e in città, specie nella Ztl, restano sacche di resistenza. Magro bottino per un partito che ha messo in campo un candidato solido ma non ha mai davvero scommesso sulla tornata laziale, a giudicare dall’assenteismo in campagna dei leader nazionali, il segretario uscente Enrico Letta ma anche i due principali contendenti per la segreteria Elly Schlein e Stefano Bonaccini. Per di più, il voto nel Lazio dà una picconata al campo-largo con il Movimento Cinque Stelle uscito assai ridimensionato rispetto ai pronostici. Il sorpasso sperato da Giuseppe Conte, questa sì è una consolazione per i dem, almeno qui, non è all’ordine del giorno. 

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