Lega, così Salvini punta al granaio del Sud e a scalzare Di Maio

Lega, così Salvini punta al granaio del Sud e a scalzare Di Maio
di Valentino Di Giacomo
Martedì 12 Febbraio 2019, 12:00
5 Minuti di Lettura
«Abbiamo il vento in poppa, alle prossime elezioni europee possiamo anche superare il 40 per cento dei consensi». Pina Castiello, sottosegretaria al ministero del Sud in quota Lega, è sicura che il Carroccio crescerà ancora a partire proprio dal Mezzogiorno. Il boom leghista in Abruzzo, con il partito di Salvini che ha ormai ampiamente compiuto il passo del Rubicone, trova fondamento anche nei dati e nelle opinioni di politologi e sondaggisti. In tutto il meridione è in atto un trend capace di far percepire la Lega non più soltanto come partito del Nord, ma con il marchio di un movimento nazionale in grado di dragare consensi nel centrodestra e, ancor di più, nell'elettorato del Movimento 5 Stelle. Un capolavoro di marketing targato Salvini, che in pochi anni è riuscito a far dimenticare i tempi andati quando i napoletani erano insultati come «colerosi e terremotati», ma pure nel saper rappresentare le istanze del tessuto sociale meridionale. Dal profondo Nord al profondo Sud le distanze si sono ridotte in un batter d'occhio. Al centro di questa impresa la narrazione abilmente costruita dal «Capitano» - come sui social network viene appellato Salvini - che con enormi capacità di mimesi sa interpretare l'uomo forte che fa rispettare le leggi dello Stato e, contemporaneamente, di rappresentare il tribuno della plebe in lotta contro i potenti.
 
«Non sorprende il risultato in Abruzzo e spiega Antonio Noto, sondaggista e direttore di Ipr Marketing anche in altre regioni meridionali è un'affermazione ampiamente replicabile. I dati indicano, in maniera omogenea, che la Lega viaggia al Sud tra il 27 e il 29 per cento». Un quadro ribaltato in meno di un anno: alle ultime elezioni politiche il Carroccio ottenne al Sud percentuali di consenso tra il 5 e il 10 per cento. A farne le spese è certamente Forza Italia che vede dimezzare i propri consensi dal 20 a circa il 10 per cento, ma la fetta grande a cui Salvini può puntare è l'elettorato grillino. «Al meridione, alle elezioni dello scorso 4 marzo dice Marco Valbruzzi, coordinatore dell'Istituto Cattaneo il Movimento 5 Stelle ha incassato percentuali tra il 40 e il 50 per cento. È proprio al Sud che la Lega può crescere ancora, al Nord i dati sono ormai stabili e più di tanto non potrà aumentare i propri favori. C'è un travaso di voti dai partiti moderati del centrodestra a quelli sovranisti, ma almeno un elettore M5s su tre può essere attratto dall'offerta della Lega. Quindi al Sud ci sono ancora praterie da conquistare». Eppure, secondo i recenti sondaggi, il Movimento 5 Stelle possiede ancora forti sacche di consenso al meridione e, fino alle elezioni europee del prossimo maggio, tutto può ancora accadere. «Al Sud secondo Carlo Buttaroni, presidente dell'Istituto Tecné i 5 Stelle mantengono ancora insediamenti importanti. Il pericolo per i grillini è che Salvini possa marginalmente prendere ancora pochi voti all'interno del centrodestra, se si confermasse la tendenza dell'Abruzzo è ovvio che il bacino più grande a cui la Lega può attingere è quello grillino. Ormai la Lega viaggia già oltre il 20 per cento in quasi tutte le regioni meridionali».

Sicurezza e contrasto dell'immigrazione: questi i capisaldi su cui Salvini ha basato i suoi consensi. Temi che fanno breccia anche al Sud. «Forse anche grazie alla complicità dei giornalisti secondo il politologo Roberto d'Alimonte i meridionali non hanno compreso che Salvini rappresenta ancora in pieno le istanze di un settentrione autonomo, dell'indipendenza della Padania e che la scomparsa della parola Nord dal simbolo è servita solo per cambiare un contenitore, ma non il contenuto. Qui c'è l'immensa abilità di Salvini che è destinato a crescere ancora». Una vocazione nordista che, secondo i ricercatori, Salvini è stato abile a mascherare. «Per il momento dice Valbruzzi dell'Istituto Cattaneo - la carica autonomista non arriva. La Lega viene invece presentata come un partito sovranista, contro l'invasione degli immigrati e delle tecnocrazie europee. La carta dell'indipendenza viene tenuta nel cassetto solo per il Centro-nord». Non tutti però sono d'accordo. «Il cambiamento per il filosofo e scrittore Marcello Veneziani è reale rispetto alla Lega di Bossi. Va riconosciuto a Salvini di aver fatto tabula rasa riuscendo così a costruire una piattaforma differente dalla Lega del passato soprattutto nei confronti dei meridionali».

Tutti gli esperti sono però concordi che il successo di Salvini è a rischio di un'inversione di tendenza. «Bene fa il leader leghista secondo Buttaroni di Tecné a tenere la foto di Renzi sulla propria scrivania. Anche se Salvini si è intestato tutte le battaglie securitarie e meno quelle economiche, i nodi prima o poi verranno al pettine». Il banco di prova più arduo che individuano i ricercatori è sicuramente quello economico, alla luce dei dati dell'occupazione e del Pil proiettati al ribasso. «Panta rei, tutto scorre spiega D'Alimonte - tutto può cambiare nello spazio di un mattino. L'economia può avere un impatto notevolissimo sui flussi e Salvini può ritrovarsi in breve tempo dal 30 al 15 per cento se non soddisferà le attese». Per tutti, soprattutto al Sud, il discrimine sarà rappresentato dal reddito di cittadinanza che può essere un volano, ma può anche causare un effetto boomerang. «Le aspettative per Buttaroni potrebbero essere superiori della realtà. Al Sud c'è una platea che ha un lavoro, ma che non arriva a fine mese e che guarda al reddito cittadinanza senza venir soddisfatto. Su questi elettori, che una volta guardavano a sinistra, la Lega ha più presa, ma solo se questi avranno risposte».

Se in Campania, dove la Lega ha raggiunto dal 3 al 6 per cento alle ultime politiche, sono forti le aspirazioni di Pina Castiello, lo stesso avviene nelle altre regioni meridionali. In Sicilia, il coordinatore regionale del Carroccio, Alessandro Pagano è certo che la Lega quadruplicherà i propri consensi passando dal 6 ad almeno il 20 per cento. «Proprio il tema dell'autonomia dice Pagano è fortemente avvertito nella nostra regione. Qui siamo riusciti a replicare il modello organizzativo della Lega al Nord e farlo nostro». Pagano, ex deputato dell'Ncd di Alfano, non ci sta però a passare per un voltagabbana. «Io sono transitato nella Lega nel 2016 quando aveva lo 0,6 per cento: nessuno può accusarmi di opportunismo, anzi ho fatto un salto nel buio». Anche in Calabria ci si organizza, qui il coordinatore regionale Domenico Furgiuele non è sorpreso dal boom. «Si tratta di un consolidamento di voti partito già 5 anni fa. Sul territorio riusciamo a dialogare sia con i colleghi M5s che con gli amici di Fi». Un modo per lasciarsi ogni porta aperta e, forse, anche in questa capacità, c'è la chiave del successo leghista.
© RIPRODUZIONE RISERVATA