Emergenza climatica: governi indietro sulla tabella di marcia

Emergenza climatica: governi indietro sulla tabella di marcia
di Rita Annunziata
Domenica 28 Febbraio 2021, 12:20
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I governi nazionali stanno realmente mettendo in atto le misure necessarie volte a contenere l’aumento medio della temperatura globale entro gli 1,5 gradi centigradi, in linea con quanto stabilito nel dicembre del 2015 dall’Accordo di Parigi? Secondo l’ultimo rapporto della United nations framework convention on climate change (Unfccc), la strada giusta verso il raggiungimento degli obiettivi del primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici non è stata ancora intrapresa. Uno studio preliminare che mostra uno spaccato allarmante, secondo le principali organizzazioni del settore, e che chiede anche l’Italia di porsi in prima linea nella tutela del pianeta.

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Stando allo studio, infatti, 75 paesi al mondo (produttori del 30% delle emissioni globali di gas serra) hanno assunto impegni che prevedono la sola riduzione delle emissioni dell’1% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010.

Un obiettivo insufficiente, se si considera che il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici ha indicato come dovrebbero ridursi del 45% per consentire il raggiungimento di quanto stabilito dall’accordo di sei anni fa. Certo, come anticipato, si tratta solo di un rapporto iniziale, cui seguirà un secondo volto a includere i contributi di emettitori importanti come gli Stati Uniti e la Cina, oltre a garantire la possibilità per i paesi che abbiano già presentato le proprie evidenze di rivederle e di aggiornarle.

«Questo rapporto rappresenta un campanello d’allarme per il pianeta, dimostrando come siamo molto lontani dal raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Nel 2021 abbiamo l’opportunità di invertire questa tendenza», scrive su Twitter Patricia Espinosa, segretario esecutivo dell’Unfccc. Sulla stessa linea d’onda anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, secondo il quale i principali emettitori dovrebbero fissare obiettivi più ambiziosi per il 2030 e gli «impegni a lungo termine dovrebbero essere accompagnati da azioni immediate, di cui i cittadini e il pianeta hanno disperato bisogno».

Non si lascia attendere il monito di Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International, che ribadisce come i governi si stiano dirigendo «verso una catastrofe climatica», mentre dovrebbero «lavorare insieme per anteporre la tutela delle persone e del pianeta agli interessi dell’industria fossile». «Chiediamo ai principali emettitori del mondo, Stati Uniti e Cina, di consegnare obiettivi che ci diano motivo di speranza. L’Australia e il Brasile, che hanno recentemente visto negli incendi una delle conseguenze dell’emergenza climatica, devono rispettivamente tenere a freno gli interessi dell’industria dei combustibili fossili e dell’agricoltura intensiva, lavorare per garantire un futuro equo e sicuro per cittadine e cittadini, e proteggere la preziosa biodiversità del pianeta», spiega Morgan.

E anche l’Italia potrebbe giocare la propria parte, aggiornando «profondamente il Piano nazionale integrato energia e clima, che risponde ai vecchi e ormai superati obiettivi comunitari», interviene Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. «Il governo Draghi – conclude – porti l’ambizione europeista e ambientalista dalle parole ai fatti e utilizzi l’occasione storica del Piano di ripresa e resilienza per portare il nostro Paese all’avanguardia della lotta alla crisi climatica».

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