Enrico Letta a Napoli: «Lavoro al Mezzogiorno, basta assistenzialismo»

Enrico Letta a Napoli: «Lavoro al Mezzogiorno, basta assistenzialismo»
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 19 Settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 20 Settembre, 07:27
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Enrico Letta, segretario del Pd, siamo all'ultima settimana e c'è un 40 per cento di indecisi. Come pensa di convincerli?
«Con il linguaggio della verità. Dopo le terribili crisi di questi anni l'Italia si stava rialzando. Conte, Salvini e Berlusconi hanno buttato giù Draghi nel pieno di una gravissima emergenza, internazionale ed energetica. Oggi rischiamo di vanificare tutti i sacrifici fatti dai cittadini e di precipitare in recessione consegnandoci alla destra peggiore di sempre. La stessa che nel 2011 ci ha portato a un passo dal fallimento di Stato. Sono sempre loro: Berlusconi, Tremonti e Meloni, il trio del rischio bancarotta. Altro che novità. Il Pd in questi anni è molto cambiato, ha capito gli errori del passato e oggi ha un programma forte e solido sulla protezione sociale, il lavoro, i diritti. E propone un piano credibile per rimediare subito agli aumenti folli delle bollette di questi mesi che ricadono su imprese e famiglie».

Il Pd ha polarizzato lo scontro sulla Meloni con l'allarme democratico. Non si rischia l'effetto contrario?
«No, tutte le rilevazioni indicano che il confronto si sta polarizzando. È l'effetto di una legge elettorale che esaspera l'impatto del maggioritario e rende ininfluenti per la vittoria i partiti minori. Ma è anche la fotografia oggettiva, limpida, di due visioni antitetiche dell'Italia e del suo futuro. Da una parte europeismo, dall'altra sovranismo isolazionista. Da una parte, flat tax e taglio dei servizi, dall'altra progressività fiscale e più risorse a scuola, cultura e sanità pubblica. Da una parte privilegi per pochi, dall'altra protezione sociale, salario minimo, una busta paga in più a fine anno per i lavoratori. Da una parte un modello patriarcale e intollerante sui diritti, dall'altra inclusione, ius scholae e matrimonio egualitario.

Da una parte pulsioni presidenzialiste, dall'altra la Costituzione. Potrei continuare. La polarizzazione è nei valori, nella cultura politica, nelle storie personali di ciascuno».

Al Sud l'M5s non flette grazie al reddito di cittadinanza.
«Il reddito ha dimostrato di essere indispensabile in questi anni di pandemia e crisi. Strumenti contro la povertà esistono in gran parte dei paesi europei. Noi vogliamo migliorarlo sulle politiche attive del lavoro. Di certo niente di più lontano da me e dal Pd della caccia al povero che fanno a destra con la volenterosa complicità di Renzi e Calenda».

Come farete con gli alleati della Sinistra ecologista che dicono no ai rigassificatori.
«Con i Verdi e con Si lavoriamo molto bene da anni in Europa. E proprio sull'ambiente abbiamo fatto fronte comune contro la destra negazionista sui cambiamenti climatici e contro la visione nuclearista di una parte dei liberali, che propongono ricette vecchie e industrialiste. Serve un cambio radicale di paradigma di sviluppo. Dopo le Marche, dopo la Marmolada, che altro deve succedere per capire?».

Ne il Manifesto del Sud di Taranto il Pd rilancia il meridionalismo: è un mea culpa?
«Bisognerebbe chiederlo a Tremonti il mea culpa su come ha trattato il Sud. Noi passaggi onesti di autocritica li abbiamo fatti da tempo. L'ex ministro Provenzano ha impresso un'impronta moderna alle politiche per il Sud. Ed è soprattutto grazie al Pd e ad Articolo 1 che siamo riusciti ad ottenere la clausola del 40 per cento dei fondi del Pnrr per il Sud. Salvini la vuole togliere. È tornato quello che sperava nel Vesuvio essendo fallito il suo progetto di Lega nazionale. A Taranto anche di questo abbiamo parlato. Dicendo basta alla sindrome dello struzzo, a una classe dirigente nazionale che mette la testa sotto la sabbia e non ammette che se non riparte il Sud non c'è futuro per l'Italia. Ma dicendo basta anche a un approccio meramente assistenzialista o alle pulsioni ribelliste. Al Sud serve lavoro, lavoro, lavoro. Per i giovani e le donne, prima di tutto. Noi proponiamo la defiscalizzazione completa delle assunzioni per gli under 35, lo stop alla vergogna degli stage non pagati, il superamento del Jobs Act per combattere il lavoro precario e povero. È il Paese, lo Stato, che ha bisogno dei ragazzi e delle ragazze del Sud, non viceversa. E proprio per attuare il Pnrr chiediamo un piano per l'assunzione di 300mila giovani nella Pa. Il blocco del turn-over ha inaridito l'amministrazione, adesso servono risorse fresche, preparate, motivate per far fruttare i miliardi che arrivano dall'Europa e trasformarli in asili nido, scuole sicure, infrastrutture degne di un Paese avanzato, musei e servizi per il turismo all'avanguardia».

A Taranto era sul palco con De Luca ed Emiliano, due governatori dem ribelli. Come siete riuscite a fare pace?
«Due bravi governatori che conoscono il proprio territorio e le istanze dei cittadini. Con entrambi ho un rapporto franco e autentico. Sono preziosi per il Pd e per i cittadini che amministrano».

Oggi sarà a Napoli, che è, dice Papa Francesco al Mattino, paradigma della questione meridionale in Italia. Il suo Pd ha forza per permettere un riscatto vero del Sud?
«Il mio Pd non è mio. È una comunità straordinaria di donne e uomini che c'è e ci sarà sempre, a dispetto dei tanti che hanno tentato di distruggerlo. Dalla parte delle persone, degli ultimi, dei valori della Costituzione e dell'antifascismo. Perché Napoli è anche il paradigma di questi valori e di chi non si arrende e non si consegna a quanti vogliono negarli e comprimerli.

Il sindaco Manfredi chiede impegno sul Patto per Napoli, sancito anche con l'M5s, che ora la destra vuole ridiscutere.
«Il Patto non si tocca. Il Pd ha contribuito a scriverlo e si batte e si batterà affinché non si torni indietro. Anche su questo punto, mi lasci dire, far cedere Draghi, che su quell'accordo ha investito e dato la propria parola, è stato un errore capitale».

Nel Sud c'è una grande paura per l'Autonomia cara alla destra: ma in passato anche i governatori del Nord l'hanno chiesta.
«L'autonomia differenziata nel progetto della destra punta a spaccare il Paese, noi diciamo parole chiare: prima i Lep, trasporti, sanità, assistenza a disabili e anziani, asili nido e il superamento delle spesa storica, prima la perequazione. E comunque no alle differenziazioni sui grandi pilastri della cittadinanza, a partire dalla scuola».

Per il Sud chiedete il rinnovo di incentivi fiscali: non rischia di inimicarsi il mondo degli imprenditori del Nord?
«Ma no. Non cadiamo anche noi in una rappresentazione caricaturale degli imprenditori del Nord. Quelli saggi, che sono la stragrande maggioranza, sanno benissimo che alla vecchia storia della locomotiva del Nord che trascina il resto del Paese non crede più nessuno. È interesse di tutti che il treno proceda e proceda velocemente tutto insieme. Ripeto: se il Sud continua a restare indietro, è l'Italia che si condanna al declino».

L'altro giorno c'è stato l'ennesima morte di uno studente in uno stage. Non sarebbe il caso di abolirli?
«È una delle nostre proposte, come le dicevo. Lo stage non può essere sfruttamento e non può essere, mai più, sinonimo di morte. Noi chiediamo di abolire quelli extracurriculari e di ripensare l'alternanza scuola-lavoro».

Il centrodestra vuole cambiare la Carta per avere il presidenzialismo. Discutereste modifiche con una Bicamerale?
«Noi contrasteremo nella misura piu radicale ogni deriva presidenzialista. Quanto alla Bicamerale non mi pare che i precedenti abbiano avuto fortuna».

Il Terzo Polo ora è un avversario ma in futuro si può recuperare un rapporto con alcuni loro esponenti?
«Penso al 25 settembre. E il 25 settembre chi vota il cosiddetto Terzo Polo vota Meloni. Per il motivi che le ho detto prima».

È solido il Pd? Dal 26 settembre si aprirà la resa dei conti?
«È solido e sta rimontando. Solo questo mi interessa». 

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