M5S, faccendieri e riciclati:
la rivolta dell'ala di Fico

M5S, faccendieri e riciclati: la rivolta dell'ala di Fico
di Francesco Lo Dico
Sabato 16 Giugno 2018, 09:26 - Ultimo agg. 17 Giugno, 13:24
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Se la ruspa di Matteo Salvini ha sinora asfaltato il M5s e trainato il governo al ritmo sincopato del Carroccio, «è per colpa della stampa» ha detto Luigi Di Maio ieri sera nella riunione con i viceministri e i sottosegretari a Cinque Stelle. Nell'occhio del ciclone insieme ai vertici, il vicepremier prova a giocarsi la carta un po' logora della malevolenza dei giornalisti. Ma la verità è che la bomba deflagrata a Roma ha messo in ginocchio il Movimento, ne ha messo in discussione i vertici, e minato la fiducia di quanti da tempo denunciavano «scelte opache come quelle di Lanzalone». L'avvocato, balzato da Livorno ai vertici dell'Acea, otto ore prima di finire ai domiciliari era seduto con Davide Casaleggio a discutere di nomine nelle partecipate in un hotel di Roma. Ma del suo arresto, all'interno del Movimento, più di qualcuno non è sorpreso. «Avevamo segnalato più volte ai vertici, e anche a Beppe Grillo, i suoi strani giri. Avevamo chiesto spiegazioni anche sul ruolo di Parnasi. Ma dai piani alti non abbiamo mai avuto nessuna risposta. O meglio, la risposta c'è stata: la consigliera di Roma che aveva segnalato questa sporca storia (Cristina Grancio, ndr.), è stata cacciata».

GLI ORTODOSSI
La rabbia per l'affaire stadio è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. L'innesco che oggi dà voce a quanti denunciano da tempo «una deriva verticistica che ha consegnato il potere decisionale a tre o quattro persone. Non c'è nessuna democrazia diretta. C'è solo la democrazia diretta. Ma da loro». Per molti, aver appreso che il vero padre dello Statuto del M5s considerato anche da alcuni costituzionalisti «liberticida e incostituzionale» era in realtà lo stesso avvocato Lanzalone, è stato un colpo al cuore. Non a caso la senatrice Paola Nugnes, più volte critica verso regole interne che consegnano al capo politico poteri assoluti, ieri ha rievocato sui social il centralismo democratico leninista. «Ricordo, innanzitutto a me stessa ha scritto la parlamentare ortodossa - che anche per Lenin il centralismo democratico, per il conseguimento della missione e dell'obiettivo comune, chiaro e chiaramente condiviso, presuppone la condizione inderogabile che sia assicurata la partecipazione e condivisione a tutti i processi decisionali». Come a dire che viceversa, il Movimento ha sorpassato a sinistra persino la dottrina bolscevica. L'assenza di scelte condivise all'origine del caos Capitale, delinea per alcuni un punto di non ritorno.

 

IL COMITATO
«È ora di istituire un comitato direttivo collegiale e inclusivo. Sono stati Di Maio, Bonafede e Fraccaro a volere Lanzalone per commissariare Virginia Raggi. Troppo comodo adesso, scaricare tutta sulla povera sindaca: Virginia è solo un pupazzo», si arrovella un colonnello grillino. E scelte condivise sono evocate anche da Luigi Gallo. Che invita su Facebook Virginia Raggi a decidere liberamente. «Deve dare un segnale di inversione di rotta nominando ai vertici di Acea una persona che ha un passato nelle lotte per la ripubblicizzazione del servizio idrico», scrive il deputato di Torre del Greco. Che per l'elezione del nuovo presidente, suggerisce un metodo collegiale non più fondato su scelte premiali come quelle evocate da Luigi Di Maio. «Per farlo dice Gallo a proposito del successore di Lanzalone - devono decidere con un'assemblea soci». Duro l'intervento del senatore grillino Elio Lannutti, che intima al M5s di fare attenzione «a faccendieri e riciclati, molto abili ad infiltrarsi nel M5S». «È poi così difficile si chiede irritato l'ex presidente di Adusbef - estirpare la mala pianta della corruzione?». Evidentemente sì. Tanto che Serenetta Monti, già candidata M5S al Campidoglio nel 2008 ha svelato ieri a Supernova di essere già stata contattata nel 2010 da Parnasi. «Declinai l'offerta ha spiegato Monti - spiegando che preferivo il sostegno della gente comune». La ragione per cui il costruttore puntava sui Cinque Stelle, ha raccontato Monti, «la spiega benissimo l'inchiesta di oggi. Si assicuravano di tutto un po' già da tempo, giocavano d'anticipo». La conclusione di un parlamentare, in mezzo a tanto caos, è sconfortante. «Abbiamo gridato mafiosi a tutti, in questi anni. E oggi che la mafia ci ha infiltrato, restiamo in silenzio. Questa non è omertà»?
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