Il medici prendono posizione sul "fine vita" e dicono che non aiuteranno nessun paziente a morire. «Il medico non abbandonerà mai a se stesso il paziente, assicurerà sempre le cure si palliative per contenere il dolore sino alla sedazione profonda e sarà presente fin dopo il decesso, che certificherà, ma non compirà l'atto fisico di somministrare la morte». Il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), Filippo Anelli, riassume la linea emersa a Parma all'interno della Consulta di Bioetica della Federazione. La posizione verrà portata all'attenzione del Consiglio nazionale dei 106 presidente degli ordini locali prevista a Novembre.
Il dibattito sul fine fine si era riacceso nelle settimane scorse in seguito alla sentenza storica della Corte Costituzionale che ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile». Anche in quell'occasione, i medici avevano espresso perplessità sollecitando al più presto una legge su una questione così delicata. E avevano richiesto che nelle norme fosse prevista l'obiezione di coscienza.
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Alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale sulla vicenda di Dj Fabo che ha stabilito come in presenza di determinate condizioni l'aiuto al suicidio non sia punibile, il cosiddetto, «suicidio assistito - viene sintetizzata in una nota la posizione dei dottori italiani - non deve essere necessariamente medicalizzato: ciò non toglie che il professionista continuerà a restare vicino al malato in tutte le fasi che il diritto all'autodeterminazione gli consente, fino a dopo la morte, certificandola».
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