No al negazionismo sulle foibe. No alla rimozione di quelle stragi. No alla sottovalutazione di una tragedia che non è stata una tragedia minore tra le tante del 900. Il presidente Mattarella nel Giorno del Ricordo mette sul campo una serie di punti chiari. Che vanno oltre le polemiche politiche su questa pagina orrenda del totalitarismo di matrice comunista e tremendamente anti-italiano e che cercano di mettere la storia nella giusta luce. Il messaggio del Capo dello Stato è questo a proposito degli esodi e degli eccidi patiti a suo tempo dalla comunità italiana a causa del furore dei titini: «Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso e negato, come se fosse un'appendice minore della fosca epoca dei totalitarismi. E il rischio più grave non è il confronto di idee, ma l'indifferenza che genera rimozione e oblio».
Giorno ricordo, Mattarella: nazionalismo esasperato porta guerra
Conservare la memoria e tenerla viva, ecco.
Un concentrato, quel pezzo di terra al confine orientale, dei diversi totalitarismi: le Foibe, il campo di prigionia di Arbe, la Risiera di San Sabba. E di questo Mattarella parla al Quirinale, dove intervengono anche il ministro Tajani e i professori De Vergottini e Orsina. Viene proiettato un filmato di Rai Storia, suona l'Orchestra Tartini e Maria Letizia Gorga dà corpo e voce ai ricordi di una bambina esodata.
«Nessuno deve avere paura della verità», incalza il presidente: «La verità rende liberi. Le dittature - tutte le dittature - falsano la storia, manipolando la memoria, nel tentativo di imporre la verità di Stato. La nostra Repubblica trova nella verità e nella libertà i suoi fondamenti e non ha avuto timore di scavare anche nella storia italiana per riconoscere omissioni, errori o colpe». E precisa: «La complessità delle vicende che si svolsero, in quei terribili anni, in quei territori di confine, la politica brutalmente antislava perseguita dal regime fascista, sono eventi storici che nessuno oggi può mettere in discussione. Va altresì detto, con fermezza, che è singolare, è incomprensibile, che questi aspetti innegabili possano mettere in ombra le dure sofferenze patite da tanti italiani. O, ancor peggio, essere invocati per sminuire, negare o addirittura giustificare i crimini da loro subiti. Per molte vittime, giustiziate, infoibate o morte di stenti nei campi di prigionia comunisti l'unica colpa fu semplicemente quella di essere italiani».
DA IERI A OGGI
Parla anche di un fattore, quello dell'indifferenza, Mattarella: «Le sofferenze di tanti connazionali sono state acuite dall'indifferenza avvertita da molti dei trecentocinquantamila italiani dell'esodo, in fuga dalle loro case, che non sempre trovarono solidarietà e adeguato rispetto nella loro madrepatria. Furono sovente ignorati, guardati con sospetto, posti in campi poco dignitosi». E da ieri si passa all'oggi, dagli orrori del comunismo a quelli del putinismo. «L'aggressione all'Ucraina porta indietro lancette della storia, a quei tempi oscuri contrassegnati dalla logica del dominio della forza», dice il presidente. Che con lo sguardo al presente aggiunge: «La presenza di segnali ambigui e regressivi, con rischi di ripresa di conflitti, ammantati di pretesti etnici o religiosi, richiede di rendere veloce con decisione e coraggio il cammino dell'integrazione europea dei Balcani occidentali».