​Più fondi agli euroscettici, il paradosso di Bruxelles

Più fondi agli euroscettici, il paradosso di Bruxelles
​Più fondi agli euroscettici, il paradosso di Bruxelles
di Diodato Pirone
Sabato 18 Maggio 2019, 00:25 - Ultimo agg. 15:31
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Le elezioni europee del 26 maggio sembrano destinate a gettare nuovo sale su una vecchia ferita: gli europei che più ricevono dall’Europa sono quelli che ci credono meno. Il partito del non voto probabilmente resterà il più forte in Europa confermando - secondo le previsioni - l’astensionismo al 57% di 5 anni fa. Ma secondo gli istituti demoscopici anche in questa tornata elettorale i più euroscettici come slovacchi, cechi, ungheresi e polacchi, i cittadini dei paesi del blocco di Visegrad che non hanno rispettato l’accordo Ue che li obbligava ad accogliere piccole quote di rifugiati sbarcati in Italia e Grecia, quasi diserteranno le urne con le dodici stelle.

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In Slovacchia nel 2014 si recò a votare per il parlamento europeo addirittura solo il 13% degli elettori anche se proprio ogni slovacco è titolare di un record Ue: riceve ben 560 euro all’anno in più da Bruxelles di quanto versa sotto forma di contributi fiscali. In pratica una tredicesima per tutti, con i livelli salariali di quel paese, neonati compresi a spese degli altri europei .

PIÙ RICEVO MENO VOTO
Il paradosso per cui “più ricevi dall’Europa ma meno ti interessa” trova conferma fra i Cechi che riscuotono un assegno Ue di ben 523 euro a testa ma solo uno su sei di loro (il 15%) si è recato alle urne nel 2014 e le intenzioni di non-voto sono analoghe quest’anno. In Polonia la proporzione è fra 240 euro a testa incassati (Bruxelles ha inondato Varsavia con la bellezza di 86 miliardi di euro di Fondi Ue in sette anni) contro una partecipazione al voto del 24%. Mentre l’Ungheria del discusso premier anti-immigrati Viktor Orban, viaggia a ruota fra 462 euro a testa di contributi annui e mini-partecipazione al 30%.

Per avere un termine di paragone, gli italiani (a loro volta protagonisti di una rottura sentimentale con l’Europa molto meno apprezzata di un tempo) nel 2014 votarono in una percentuale abbastanza alta, il 58%. Eppure noi siano contributori netti dell’Ue. Ogni italiano versa agli altri europei 59 euro in più all’anno di quanto riceve. Il record di generosità spetta ai tedeschi che lasciano nei forzieri Ue 211 euro a testa. E in Germania alle europee va a votare un elettore su due.

Va detto che il fenomeno dell’astensionismo sul parlamento europeo riguarda anche altre periferie dell’Unione. Solo un finlandese su tre vota per il parlamento Ue, la Spagna è al 45% e storia a parte fa la Gran Bretagna, in pieno dramma Brexit sì Brexit no. Ma nessuno di questi Paesi è in testa alla classifica della distribuzione pro-capite della manna europea. Di qui anche l’emersione sulla stampa continentale e in Italia sul Sole 24ore delle prime proposte per porre fine al paradosso magari incentivando l’interesse verso l’Europa: un taglio parziale dei fondi Ue se l’affluenza non supera soglie minime oppure una parametrazione del numero dei parlamentari al numero dei votanti effettivi.
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