Fondi Ue al riparo da penali sul deficit, la mossa dell'Europarlamento

Fondi Ue al riparo da penali sul deficit, la mossa dell'Europarlamento
di Nando Santonastaso
Lunedì 18 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 10:52
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Per chi conosce le dinamiche dell'europarlamento è difficile non parlare di sorpresa. Perché il voto trasversale, dai socialisti ai popolari, con il quale il Parlamento europeo ha escluso che i fondi strutturali possano essere tagliati ad un Paese in caso di infrazione per deficit eccessivo è decisamente un inedito. La notizia è particolarmente interessante per l'Italia e per le Regioni meridionali, quelle del cosiddetto obiettivo convergenza, che ricevono la quota maggiore delle risorse previste dai cicli di finanziamento comunitario. Il voto di Strasburgo infatti apre finalmente una robusta crepa nel muro finora granitico della maggior parte dei Paesi membri secondo cui è impossibile garantire la stessa quantità di risorse ad uno Stato che non riesca a rispettare i parametri europei in materia di coi pubblici, come il tetto imposto al rapporto deficit-pil, appunto.
 
Naturalmente la pronuncia dell'europarlamento non basta a cambiare subito rotta. Ci sarà sempre e comunque bisogno del via libera del Consiglio europeo, quello che si formerà dopo il voto di maggio. Ma è difficile non considerarla come una svolta se si considera che prima del voto dei giorni scorsi le rappresentanze socialiste e popolari elette nei Paesi più rigidi in materia di bilanci, dalla Germania all'Olanda alla Danimarca, non avevano mai aperto ad una valutazione diversa da quella dei rispettivi governi. Sembrava insomma inossidabile il bunker eretto a protezione di questa discutibile volontà di sanzionare comunità locali e Regioni per colpa di Stati in difficoltà e già per questo costretti a subìre le pesanti procedure di infrazione. Emblematico il caso della Grecia, il più clamoroso e pesante degli ultimi anni (al punto che lo stesso commissario uscente Ue Jean-Claude Juncker ha parlato di un eccesso di rigidità dell'Unione nei confronti di Atene). Non a caso l'eurodeputato pd Andrea Cozzolino, che ha presentato a nome dei Socialisti democratici gli emendamenti approvati dall'assemblea plenaria, parla di «risultati inaspettati», comprendendo in essi anche il voto altrettanto favorevole sul principio di flessibilità («Gli Stati che chiedono deroghe al Patto di stabilità possono utilizzare le quote di flessibilità per co-finanziare i Fondi strutturali», spiega l'esponente pd).

La spinta in Parlamento a cambiare rotta, sancendo il principio che le risorse previste dai Fondi strutturali non possono in alcun modo essere collegate a deficit eccessivi e dunque essere ridotte, è venuta non a caso dai Paesi del Sud Europa, dall'Italia alla Spagna, al Portogallo, e senza contrapposizioni legate all'appartenenza politica. D'accordo ad esempio per quanto riguarda l'Italia anche Lega e 5 Stelle e il dato non va affatto trascurato se si considera che il nuovo Parlamento europeo potrebbe avere una maggioranza diversa da quella uscente.

La partita, oltre tutto, si giocherà in tempi molto ravvicinati. Uno dei primi nodi del dopo-voto di maggio sarà infatti l'approvazione dei criteri di assegnazione delle risorse per il prossimo ciclo dei fondi strutturali, quello previsto tra il 2020 e il 2027. È vero che un'intesa di massima è già stata raggiunta (è in base ad essa, ad esempio, che i fondi destinati all'Italia sono stati incrementati rispetto alle prime pessimistiche previsioni) ma poi bisognerà comunque riaffermarla con atti politici definitivi. E in ogni caso il rischio che per deficit eccessivo quei fondi possano essere ridotti o cancellati allo Stato in difficoltà resta a tutti gli effetti se non verrà accolta e ratificata in sede di trattativa la ben diversa volontà della maggioranza del Parlamento europeo sia pure uscente. E qui entrano in gioco i governi dei Paesi membri, con l'Italia che proprio alla luce dello scontro, poi appianato con l'Ue, sullo sforamento del deficit, potrebbe svolgere un ruolo determinante per stanare gli altri partners.

Al di là dei tecnicismi inevitabili per la materia, è il dato politico la vera novità. Perché riconosce, dopo anni di inutili tentativi, che le logiche dell'austerity e appunto della rigidità non possono continuare ad essere l'unico baluardo dell'Unione, specie in tempi di congiuntura economica difficile e quasi recessiva (come si teme per l'Italia).
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