Forza Italia, via alla resa dei conti: tutti contro tutti, accuse a Toti e Mastella

Forza Italia, via alla resa dei conti: tutti contro tutti, accuse a Toti e Mastella
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 29 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:29
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Dentro Forza Italia lo hanno già ribattezzato «il giorno del giudizio», almeno lo sperano in molti. Domani Berlusconi aprirà le porte di Villa Gernetto alle sue truppe parlamentari per un comitato di presidenza, la comunicazione ufficiale indica che bisognerà svolgere «l'analisi del voto e avviare un rinnovamento condiviso all'interno del partito». Il problema è che di condiviso dentro Fi c'è praticamente nulla tra lotte intestine e guerre tra bande, ma l'ex premier è deciso a imprimere una svolta anche perché non ne può più di chi si ostina a dispensare consigli cercando di tirarlo per la giacchetta. Coglierà intanto la palla al balzo per rimuovere viene fatto filtrare - tutti i coordinatori regionali che non hanno ottenuto consensi, soprattutto al Nord dove Fi ha preso poco più del 5 per cento. Redde rationem. L'unico che può cantar vittoria è proprio Berlusconi che ha comunque incassato oltre mezzo milione di preferenze dimostrando di essere più vivo che mai.
 
In attesa dell'Armageddon le varie correnti già scalpitano. Nel mirino c'è sempre quel cerchio magico che vede Licia Ronzulli più di altri al centro della raffica di proiettili del «fuoco amico»; con lei Niccolò Ghedini e Antonio Tajani. Gestione della campagna elettorale inefficace, scelta delle liste, ma soprattutto, l'aver chiuso Berlusconi in una teca e lontano da ogni rapporto con il partito sono le accuse. Rabbia amplificata ancor di più dopo il comunicato post-elettorale di Berlusconi ritenuto dettato - in cui difendeva il suo staff. La senatrice forzista però rilancia e replica. «Il dato che conta dice Ronzulli - sono le preferenze di Berlusconi che confermano la fiducia degli italiani in lui. Solo ed esclusivamente consenso personale, la struttura di partito non ha drenato nulla. Il dato generale risente del nulla rappresentato dai beneficiati per anni che ora fanno i critici». Definisce «il nulla» quei colleghi di partito che già da domani chiederanno in primis la sua testa come quella di Antonio Tajani. L'unico candidato senza «l'ingombro» di Berlusconi nella circoscrizione Centro, nonostante corresse in solitaria, che ha ottenuto appena 50mila preferenze. Un flop perché in quella circoscrizione Fi è stata pure superata dal partito di Giorgia Meloni. Ci fosse stato il traino di Berlusconi anche nell'Italia centrale l'altra accusa al cerchio magico si sarebbe raggiunta la soglia del 10 per cento.

Tutti intanto guardano alle mosse di Giovanni Toti che, senza indugi, ha già lanciato la sua Opa ostile nel partito indicando un percorso che prevede le primarie entro l'estate, azzeramento dell'attuale classe dirigente e un'intesa solida con Lega e Fdi. Pronte anche le contromosse. Ronzulli e Tajani domani chiederanno l'istituzione di un direttorio collegiale, invece i più che sono fuori dal cerchio berlusconiano vogliono, anzi pretendono, la firma di un documento che fissi un congresso entro settembre per eleggere un unico coordinatore nazionale in grado di scegliersi autonomamente un proprio organo direttivo. Berlusconi finirebbe così per fare il padre nobile conservando comunque la prima voce in capitolo. Del resto come riconoscono tutti dentro Fi - senza il carisma del cavaliere sarebbe dura tenere in vita i destini politici di quanti ora si affannano a costruire alternative.

Sempre viva resta pure la guerra tra parlamentari meridionali e settentrionali con risultati eloquenti più che mai. Forte del suo 17 per cento ottenuto in Sicilia, pur avendone titolo, il coordinatore Gianfranco Micciché sta cercando di smorzare i toni senza fare rivendicazioni. Più attivo è il fronte campano dove i veleni, anche incrociati, non mancano. Mara Carfagna, Paolo Russo, Armando Cesaro e con loro il coordinatore Domenico De Siano chiedono una svolta definitiva: l'obiettivo è uscire dal cul-de-sac. Che siano primarie, congressi o altre soluzioni, dalla Campania si alza forte la richiesta di rinnovamento anche per consentire ai tanti «porta-voti» di entrare in campo dopo essere stati lasciati in panchina. Non una questione anagrafica, ma di capacità. Nel frattempo si è però riaperta una questione Mastella con il sindaco di Benevento accusato di non aver trainato la campagna elettorale per Berlusconi.

Questione di numeri: a Benevento la candidata dell'ex leader dell'Udeur, Molly Chiusolo, ha preso il doppio dei voti del Cavaliere. Berlusconi nel Sannio è finito alle spalle non solo di Chiusolo, ma scalzato anche da Aldo Patriciello. Dati invertiti a Napoli dove l'ex premier ha incassato il doppio dei voti del secondo in lista. Un Mastella l'altra accusa che dai veleni interni viene indicato come già pronto ad accordarsi con il Pd di Vincenzo De Luca nella corsa alle regionali del prossimo anno. Ieri, in un'infuocata riunione a Palazzo Madama tra i senatori di Fi, i parlamentari campani hanno puntato l'indice pure contro la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. «Viene in Campania e hanno detto gli azzurri non ci chiama nemmeno per un saluto». Eppure, in fondo, oltre alle guerre di potere, ci sarà da decidere l'orizzonte politico che Fi dovrà darsi. Al Sud si chiede un distanziamento da Salvini, mentre al Nord, dove tanti enti locali sono condivisi con la Lega, lo strappo viene scongiurato. La sintesi, come sempre, spetterà a Berlusconi. Come già accaduto in passato, potrebbero profilarsi nuove diaspore da parte di chi non condividerà la linea scelta. Per saperlo non resterà che attendere «il giorno del giudizio» in un comitato di presidenza che parte già azzoppato perché non ritenuto rappresentativo visto che ne fa parte anche chi non è più parlamentare oltre ai soliti noti.

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