Non c’è più Franco Marini. Se n’è andato ora. A 87 anni. Capitava d’incontrarlo a spasso su Viale Parioli (abitava lì accanto, a via Lima) con il basco in testa e un sorriso sornione: «Poteva andare meglio...». Riferito alle sorti dell’Italia. Poi la malattia del Covid lo ha colto a Rieti, la città dove era cresciuto (primo di sette figli, suo padre Loreto detto Totuccio era operaio a Rieti, alla Snia Viscosa) e dove amava stare specialmente negli ultimi tempi. Faceva impressione in lui l’assoluta mancanza di stress.
La politica come passione e organizzazione, il mondo del lavoro la sua bussola, il calore nei rapporti umani. Ci mancherà #FrancoMarini. Ha accompagnato i cattolici democratici nel nuovo secolo
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) February 9, 2021
Mentre tutti erano eccitati, per le continue convulsioni politiche di un Paese emotivo, lui non lo era mai. Padroneggiava se stesso in maniera ammirabile.
E con poche parole sintetizzava storie anche molto complesse: «La Dc? Era un mostro positivo». Lui invece non era affatto un mostro, ma un positivo sì. È stato Presidente Senato, Ministro del Lavoro, Segretario generale della CISL e Segretario nazionale del PPI.
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Però si tolse la soddisfazione di battere Andreotti alla presidenza del Senato. Era un fumantino, grande alpino e "lupo marsicano". Vero cattolico illuminato, di quelli che hanno la laicità dello Stato come uno dei principi fissi e inderogabili. Già manca a tutti. E i messaggi di cordoglio piovono a centinaia da dentro e da fuori il palazzo politico. Un luogo che Marini ha frequentato sempre ma basta averlo conosciuto un po’ per poter dire che le logiche di palazzo non lo hanno mai posseduto e dalla vita reale non si è mai staccato. Questo non capita spesso ai politici e anche ai sindacalisti.
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