Meloni, patto di Algeri: «Sì al mix energetico». E intese con altri Paesi

Il premier: «Partnership molto forte, l’Italia porta di accesso all’Ue». «Approvvigionamenti con il Pnrr». Aiuti di Stato, altolà alla Germania

Meloni, patto di Algeri: «Sì al mix energetico». E intese con altri Paesi
​Meloni, patto di Algeri: «Sì al mix energetico». E intese con altri Paesi
di Alberto Gentili, nostro inviato ad Algeri
Martedì 24 Gennaio 2023, 00:02 - Ultimo agg. 06:29
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«Sono molto soddisfatta dalla concretezza e di un rapporto di partnership con l’Algeria forte. Solido. L’Italia è credibile e offre una cooperazione non predatoria, fatta anche per aiutare le nazioni con cui coopera a crescere e a svilupparsi». Dopo un lungo vertice bilaterale con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune e la firma di cinque accordi bilaterali con l’Algeria, Giorgia Meloni affronta la stampa nel cortile d’onore del palazzo El Mouradia. Il bilancio della premier italiana, al termine della due-giorni algerina, è senza chiaroscuri. «È decisamente positivo». E Meloni parte dal “disegno” di Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni che «qui è considerato alla stregua di un eroe nazionale». Un esempio, come più volte annunciato, che la presidente del Consiglio si propone di seguire: «Ci diamo come orizzonte di legislatura la realizzazione di quello che chiamiamo “Piano Mattei”». Vale a dire: «La capacità, soprattutto in un periodo di emergenza energetica, di fare dell’Italia la porta di accesso» del metano africano, nell’ottica di trasformare il nostro Paese nell’«hub europeo di distribuzione dell’energia» anche grazie ad accordi «con altri Stati africani».

Come prova, Meloni porta la firma dei due protocolli di intesa tra Eni e il colosso statale Sonatrach.

Il primo per aumentare gli approvvigionamenti di gas e di idrogeno. Il secondo «per rendere l’aumento di produzione sostenibile, riducendo le emissioni». Insomma, «una strategia di mix energetico, compreso il gas liquefatto, che individuiamo come possibile soluzione alla crisi» dell’energia. In più la premier sottolinea «l’importanza» dell’accordo tra il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, e il suo omologo algerino per garantire «nuove forme collaborazione tra i nostri tessuti produttivi: molte aziende italiane sono pronte a investire qui, a partire dall’innovazione e del digitale». Per Meloni non basta però l’Italia a realizzare il “Piano Mattei”. Serve anche l’Europa: «Noi possiamo giocare una parte rilevante, utilizzando anche il piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, sul tema dell’approvvigionamento energetico. Ma è interesse dell’intera Europa essere più presente in Africa. Finora lo è stata poco. E vediamo i risultati di questa assenza: la penetrazione di Cina e Russia» in Africa. Una penetrazione che «porta destabilizzazione» e va «arginata nell’interesse geopolitico dell’Ue».

IL NODO MIGRAZIONI

In più lo sviluppo del continente africano, secondo Meloni, porterà anche a una riduzione dei flussi migratori che stanno investendo l’Europa e in primis l’Italia: «L’immigrazione è la risposta all’assenza di opportunità. Bisogna dare alle persone che scappano verso Nord la possibilità di restare nei loro Paesi. Noi ciò facciamo, non lo facciamo solo per noi, ma per l’Europa intera». 
Il capitolo europeo porta con sé la questione degli aiuti di Stato per fronteggiare l’inflazione e difendere la competitività delle imprese. E qui Meloni lancia un altolà alla Germania che progetta di varare un piano autonomo, in risposta all’Inflaction Reduction Act americano, ricorrendo al suo enorme spazio fiscale. Soluzione che penalizzerebbe l’Italia che ha un alto debito: «Sono preoccupata. La Commissione Ue non può pensare di affrontare il pericolo di una scarsa competitività delle aziende rispetto al piano Usa, solo con l’allentamento della normativa sugli aiuti di Stato. Ciò darebbe una maggiore possibilità ai Paesi con ampi spazi fiscali di aiutare le proprie imprese e penalizzerebbe l’Italia e altri Stati con minore» capacità di bilancio. Segue avvertimento, quasi un altolà: «Ciò produrrebbe un’enorme distorsione del mercato interno». Invece «non si può andare in ordine sparso. Così si danneggia l’Europa». La soluzione? «Un fondo sovrano» sul modello del Recovery Plan, «per aiutare gli investimenti a favore delle aziende». E una «maggiore flessibilità» nell’utilizzo delle risorse già esistenti: «Sui fondi di coesione abbiamo una significativa mole di investimenti non utilizzati che potrebbero essere impiegati per sostenere le nostre imprese. Questa è la proposta che porterò al Consiglio Ue del 9 febbraio». Con il presidente algerino Tebboune, che si è detto determinato a «rafforzare la collaborazione nel settore energetico», Meloni ha anche parlato della stabilizzazione della Libia. L’obiettivo: ridurre le partenze dei migranti verso le coste italiane.

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