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Gas, Tajani: «Serve una rete che colleghi il Nord e il Sud d'Italia»

Il ministro degli Esteri e vicepremier: «Egitto strategico sul fronte energetico, ma servono accordi con più Paesi. Migranti e terrorismo, è necessario stabilizzare la Libia»

Gas, Tajani: «Piombino, rigassificatore in funzione a primavera. E una rete colleghi l Italia»
Gas, Tajani: «Piombino, rigassificatore in funzione a primavera. E una rete colleghi l’Italia» ​
di Francesco Bechis
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 23 Gennaio 2023, 00:00 - Ultimo agg. : 24 Gennaio, 09:41
6 Minuti di Lettura

Sicurezza, energia, migranti. Sullo sfondo, il sostegno militare ed economico italiano per la difesa e la ricostruzione dell’Ucraina. Su questi assi si è mosso il tour nel Mediterraneo del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Turchia, Tunisia. Infine Egitto, da cui ieri è arrivata un’apertura sui casi Regeni e Zaki e l’impegno a inviare in Italia fino a 3 miliardi di metri cubi di Gas naturale liquefatto (Gnl) entro la fine dell’anno, spiega Tajani al Messaggero, «ma il rigassificatore di Piombino dovrà essere in funzione in primavera». 

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Ministro, qual è l’obiettivo di queste missioni nel Mediterraneo?

«Lo scopo è innanzitutto rispondere alla crisi energetica e affrontare il tema delle migrazioni irregolari. Per questo vogliamo riprendere contatti diretti con tutti i governi dell’area e un coordinamento su temi cruciali».

Come la Libia?

«Sì, la stabilizzazione della Libia è decisiva, per rallentare l’immigrazione irregolare e fronteggiare una minaccia terroristica che dal Sahel sale verso il Mediterraneo. Paesi come Algeria, Turchia ed Egitto hanno influenza su alcuni dei protagonisti della vita politica e militare in Libia. Dobbiamo parlare fra di noi, limitare i contrasti e creare un’agenda positiva e favorire elezioni presidenziali e politiche che legittimino nuovi dirigenti politici in Libia».

Crede che Paesi con forti rivalità come quelli che ha citato possano davvero mettersi d’accordo su un processo di pacificazione? Per non parlare poi di rivali come Russia, Stati Uniti, Emirati, Qatar…

«Non mi illudo che sia un processo facile, ma è un obbligo provarci. Noi suggeriamo a tutti, e l’ho fatto al Cairo anche con il presidente Sisi e con il mio omologo Shukri, che ogni iniziativa di dialogo o mediazione rientri sotto la guida delle Nazioni Unite. Il percorso dell’Onu è il più ragionevole ed equilibrato, l’Italia lo sostiene appieno». 

Lei è il primo ministro degli Esteri italiano che dopo anni ritorna in Egitto, un Paese con cui rimane in piedi il caso di Giulio Regeni. Ne ha parlato con il presidente Sisi?

«Ho chiesto collaborazione da parte egiziana, al presidente e al ministro degli Esteri, sui casi Regeni e Zaki. Mi hanno assicurato la volontà dell’Egitto di risolvere i problemi. Non c’è stata nessuna reticenza a discutere da parte egiziana, e anzi il primo a parlarne è stato il presidente Sisi. Ci ha detto che lavorerà per rimuovere gli ostacoli che rimangono alla soluzione dei due casi».

Al Cairo ha visto anche il Segretario della Lega Araba, Aboul Gheit, e il grande imam di Al Azhar, Ahmad Al Tayoub.

«Ho provato a parlare con tutti i protagonisti di questo Paese decisivo per il futuro del Mediterraneo, l’Egitto è un protagonista decisivo con il quale confrontarci per trovare risultati giusti e positivi risultati. Ancora, l’energia: l’Egitto ha iniziato ad esportare gas anche verso l’Italia. Grazie alle scoperte dell’Eni, il Cairo prima ha raggiunto l’autosufficienza e poi è diventato Paese esportatore. Per l’Italia è una sicurezza strategica avere più fornitori, con vari canali di approvvigionamento».

E dal Cairo quanto gas inizia ad arrivare in Italia?

«Già nel 2022 è arrivato un miliardo di metri cubi. Nel 2023 dovrebbero essere oltre 3 miliardi ma Piombino dovrà essere funzionante in primavera. Solo questo conferma quanto loro siano importanti per noi, e viceversa». 

Abbiamo infrastrutture sufficienti per investire sul gas? Serve potenziare la rete di rigassificatori?

«Le strutture italiane hanno delle strozzature. A parte il tema di Piombino, c’è il tema di collegare il Sud al Nord del Paese, di superare le difficoltà che rallentano le forniture dal Mediterraneo».

Dall’Egitto alla Tunisia. C’è un piano per rallentare le partenze dei barconi verso l’Italia?

«Siamo stati a Tunisi con il ministro Piantedosi. Abbiamo incontrato insieme il presidente e poi i rispettivi nostri colleghi. Dobbiamo sostenere il consolidamento economico della Tunisia, un Paese in profonda difficoltà economica. Sono queste condizioni a portare molti cittadini tunisini, perfino della classe media, a provare la traversata verso la Sicilia».

Oltre al Mediterraneo, i Balcani Occidentali: domani ha organizzato a Trieste una conferenza nazionale sui Balcani. Quali sono gli obiettivi? 

«I Balcani per troppo tempo sono finiti fuori dagli obiettivi della politica e dei media italiani. Dopo gli anni delle guerre, dopo i traumi della dissoluzione della Jugoslavia, l’Italia ha quasi dimenticato questa regione. Ma nei Balcani Occidentali da mesi ha ripreso a soffiare un vento di scontro, innanzitutto fra Serbia e Kosovo. Quella di Trieste sarà una conferenza nazionale, fra il Ministero degli Esteri, il Mef, le agenzie per il commercio estero e le aziende interessate ad andare sul campo. Vogliamo far crescere gli scambi commerciali e lo sviluppo di quella regione per contrastare l’esplosione di nuovi conflitti». 

In Turchia ha discusso anche della guerra in Ucraina. Ankara è in grado di mediare per un percorso di pace?

«Ankara ha già messo in atto diverse mediazioni, da quella importantissima sul grano e sull’esportazione dei cereali ucraini a quelle per il rilascio dei prigionieri. Qualcuno prova a chiedere ad alcuni Paesi europei di ammorbidire le loro posizioni per favorire una trattativa con Putin. Ma un accordo sarà possibile solo se la Russia decide di fermare le operazioni belliche, se decide di fermare i bombardamenti indiscriminati contro civili e contro installazioni strategiche. Solo allora l’Europa potrà chiedere all’Ucraina di avviare una trattativa».

L’Italia invierà a Kiev il Samp-t?

«Manteniamo gli impegni presi. Stiamo lavorando a qualche problema tecnico sui sistemi missilistici, ovviamente servirà il via libera del Parlamento». 

Dopo le armi, la ricostruzione. A marzo Roma ospiterà un summit internazionale. L’Italia è alla guida del processo?

«Siamo già al lavoro insieme alla Commissione Ue, daremo il nostro contributo per investire in settori come agroalimentare, infrastrutture, elettricità e aiuteremo il Paese a rialzarsi. A tempo debito si può immaginare un “Recovery fund” Ue per la ricostruzione ucraina». 

Di recente ha incontrato il direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dell’Onu Rafael Grossi. C’è un piano per difendere la sicurezza della centrale di Zaporizhzhia?

«Grossi ha delle idee molto chiare, conosce bene il comportamento dell’esercito russo e di quello ucraino attorno a quella installazione delicatissima. Sta facendo una serie di viaggi per verificare la possibilità di “santuarizzare” le centrali nucleari, come dicono all’Aiea. Io lo considero un primo passo importantissimo».

Ministro, il governo ha cento giorni, la maggioranza a tratti sembra divisa. Sulle concessioni ai balneari troverete la quadra?

«I dibattiti non sono divisioni, supereremo anche questa, coesi. Troveremo una soluzione per tutelare le nostre imprese nel rispetto delle regole Ue».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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