Crollo del ponte, Di Maio ora accusa i vecchi governi: «Danno erariale»

Crollo del ponte, Di Maio ora accusa i vecchi governi: «Danno erariale»
di Claudia Guasco
Mercoledì 29 Agosto 2018, 07:30 - Ultimo agg. 10:44
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«Chi ha sbagliato pagherà», promette il vicepremier. I documenti, finora segretissimi, della concessione ad Autostrade sono pubblici solo da un giorno, ma la lista del ministro Luigi Di Maio è già lunga. Il governo si prepara a ingaggiare una battaglia legale con Autostrade, con la holding Atlantia della famiglia Benetton, con i suoi predecessori che hanno privatizzato e messo a punto i meccanismi di cessione delle autostrade. «È ora che tutti i ministri che hanno autorizzato questa follia paghino di tasca propria», afferma. E dagli annunci passa ai fatti: alla Corte dei conti arriverà presto un esposto per danno erariale contro i passati governi che hanno sostenuto la concessione ad Autostrade.
 
Di Maio ha già parlato con gli avvocati e fonti del governo confermano: «I margini ci sono, stiamo lavorando all'esposto e sarà pronto nei prossimi giorni». Nel mirino c'è quel rendimento garantito al 7% emerso dagli allegati diffusi dalla società, «se chi ha fatto la concessione-regalo ad Autostrade e chi non l'ha annullata ha causato un danno alle casse dello Stato sarà denunciato alla Corte dei conti, siamo già al lavoro per questo», anticipa il ministro dal blog. Per il vicepremier adesso il velo è calato: «Da oggi, con dieci anni di ritardo, tutti gli italiani sanno che la concessione di Autostrade ai Benetton è stata un regalo clamoroso che ha consentito loro di fare gli imprenditori non con il loro capitale, ma con quello dei cittadini. Il contratto prevedeva infatti una rendita garantita del 7%: una rendita spropositata».

Ma Autostrade, in una nota, ridefinisce i parametri precisando che il rendimento lordo del 10,21% «remunera solo gli investimenti richiesti dallo Stato dopo il 2008, che oggi sono di importo trascurabile. Tale remunerazione ha avuto dunque un impatto irrilevante sulle tariffe (meno di 0,05% all'anno dal 2008 a oggi)». Inoltre «per il quinquennio 2018-2022, la proposta di aggiornamento del Piano Finanziario presentato da Autostrade in applicazione della direttiva Cipe prevede una remunerazione al 7,61% lordo, che corrisponde a un 5,4% dopo le tasse». La società spiega poi che il rendimento lordo del 10,21% contenuto nella convenzione di Autostrade per l'Italia e «pari al 6,85% dopo le tasse» è stato calcolato «sulla base delle delibere Cipe vigenti e fissato a metà 2012 per il quinquennio 2013-2017 nei periodi di tassi più elevati»: il btp decennale medio 2012 «è stato pari al 5,69%, con un rendimento per l'investitore di circa il 5%, al netto delle imposte». E tali rendimenti, aggiunge il quartier generale, «sono basati su principi di calcolo - costo medio ponderato del capitale - comuni a tutte le utilities». Niente trattamenti di favore insomma, sostiene Autostrade, ma Di Maio la pensa diversamente. L'imprenditore a rischio zero, rileva, «è un'invenzione tutta italiana. Di solito è amico di quelli che furono i partiti di governo, non disdegna di assumere nelle sue aziende uomini di partito (trombati o meno), finanzia lautamente in maniera opaca o meno. Chiamiamolo con il suo vero nome: prenditore».

I «prenditori», spiega, «hanno preso possesso delle infrastrutture italiane, pagate dai nostri nonni e dai nostri padri, e grazie a politici compiacenti le hanno trasformate in macchinette mangiasoldi dei cittadini». A danno della collettività, aggiunge, perché «ci hanno fatto pagare i pedaggi molto più di quanto avremmo dovuto con il benestare della mala politica dei vecchi partiti», «hanno fatto molto meno manutenzione di quanto avrebbero dovuto» e in cambio «hanno preso miliardi che fino al 2012 hanno dichiarato in una holding con sede in Lussemburgo». Un punto sul quale, il giorno dopo l'audizione, ribadisce la sua indignazione il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, ricordando che «qui parliamo di colossi, i concessionari, che hanno margini operativi giganteschi rispetto ai fatturati, roba che possono sognarsi persino le grandi dotcom della Silicon Valley: altro che giusta remunerazione del capitale investito.

La gallina sta smettendo di fare le uova d'oro a beneficio di pochi». Quanto al ripristino del viadotto, Toninelli insiste: «Autostrade i soldi li mette, ma lo ricostruiamo noi il ponte». Una possibilità sul tappeto è il tandem tra Fincantieri e Cassa depositi e prestiti, tuttavia sarà il governo a decidere, mette le mani avanti il ministro. Che rassicura anche sulle divergenze di vedute all'interno dell'esecutivo: «Il governo è compatto sul non permettere più ai privati di speculare sulla sicurezza. Ho parlato con Di Maio e Salvini, le nazionalizzazioni non vengono fatte a tappeto. Ci sono casi molto chiari come la A10, in cui una struttura è stata fatta con i soldi dei cittadini e data ai privati che hanno fatto immani guadagni. Il paradosso è che il non aver fatto investimenti ha permesso ai privati di tenere per il collo lo Stato, obbligandolo a prorogare le concessioni dietro promessa di investire».

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