Gentiloni: «Il Pnrr va rispettato, ritardi e caro-materiali: disagio comune in Ue»

Il commissario europeo ha aperto i lavori all’evento del gruppo Caltagirone Editore

Gentiloni: «Il Pnrr va rispettato, ritardi e caro-materiali: disagio comune in Ue»
Gentiloni: «Il Pnrr va rispettato, ritardi e caro-materiali: disagio comune in Ue»
di Andrea Bassi
Venerdì 2 Dicembre 2022, 00:07 - Ultimo agg. 12:03
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Commissario Paolo Gentiloni, embra che l’economia europea stia virando verso la recessione. Qual è la visione di Bruxelles su questo rischio?

«Le nostre previsioni parlano più di una contrazione invernale dell’economia che di una recessione. La possibilità, cioè, che si abbia l’ultimo trimestre di quest’anno e il primo trimestre del prossimo con un segno negativo, seguito da una graduale e limitata ripresa nella seconda metà dell’anno. La recessione dipende anche da noi. È una prospettiva “policy dipendent”, dipende cioè dalle politiche che riusciremo a fare sia a livello europeo che a livello nazionale».

L’economia italiana dopo la pandemia si è dimostrata reattiva, manterrà la rotta?

«Il percorso dell’Italia di uscita dalla drammatica crisi del Covid è stato un percorso piuttosto rapido. È chiaro che il Paese ha un problema in più rispetto ai partner europei, ovvero l’alto debito. È un limite alle possibilità di sostegno all’economia. Ma c’è l’antidoto: il Pnrr. In che modo riusciremo a spendere quei soldi sarà molto importante».
 

Giorgia Meloni ha detto di non sapere se saremo in grado di centrare tutti gli obiettivi del Pnrr. L’Italia ha enormi problemi che derivano dall’elevato costo dell’energia. Come può l’Europa, che da mesi discute invano del tetto al prezzo del gas, non tener conto di queste difficoltà?

«Questi problemi non sono solo italiani.

I prezzi dell’energia sono insostenibili dal punto di vista della competitività internazionale per la gran parte dei Paesi europei. È una sfida che grava sull’intero sistema industriale europeo, anche di fronte alle decisioni prese dal congresso americano con il suo Inflation Reduction Act, un programma che incentiva fortemente le produzioni Usa. Un paio di giorni fa ho visto un’indagine impressionante della Bdi tedesca, secondo la quale un quarto delle medie imprese tedesche starebbe pensando di rilocalizzare per via della differenza di competitività dovuta ai prezzi dell’energia. Non credo ci siano soluzioni miracolose con il tetto al gas. Penso invece che si dovrebbe spingere su un nuovo strumento finanziario comune che sostenga la competitività, che affronti i rischi di frammentazione tra i Paesi a seconda del diverso spazio fiscale. È la proposta che ho fatto insieme al collega Breton due mesi fa. Credo stia facendo passi in avanti e penso che potrebbe diventare nei prossimi mesi una proposta della Commissione. Certamente serve un passo in più. Attenzione però, perché ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente».

Quali?

«La prima è che il passo fatto per il Next Generation Eu, il debito comune di 800 miliardi, è una novità enorme. Smentisce decenni di discussioni interne all’Unione. E non è facilmente ripetibile dopo un anno. Per questo penso che si potrebbe ragionare di basare questi nuovi strumenti finanziari sui prestiti, che comunque per i Paesi ad alto debito e per i mercati sarebbero utili. La possibilità di ripetere fondi straordinari che mettano in comune debito o, come sarebbe logico, avere una capacità fiscale permanente, dipenda un po’ da come andrà il Pnrr. Se funziona, questa esperienza sarà ripetuta. Non prolungando il Next generation Eu, ma in altro modo».

C’è davvero questa possibilità?

«L’Europa non ha un ministero del Tesoro comune, ma potremmo avere una capacità fiscale comune. Per arrivarci bisogna però che funzioni il principale di questi strumenti, gli 800 miliardi del Next generation Eu. Tutti i Paesi hanno difficoltà. Alcuni hanno chiesto rinvii sulla data del 2026, ma questi rinvii non sono possibili dal punto di vista tecnico, politico e legale».

Sono ipotizzabili rinvii, invece, per gli obiettivi del 2022?

«Conosco bene le difficoltà dell’Italia, non vengo dalla Norvegia. Però guardiamo anche ai nostri vicini. L’unico Paese europeo che ha maggiore difficoltà di assorbimento delle risorse europee rispetto all’Italia è la Spagna, che sta cercando a testa bassa di mantenere gli impegni del Pnrr. Bisogna correggere quel che va corretto, ma lavorare per centrare tutti gli obiettivi». 

Ormai appare però chiaro che l’Italia non riuscirà ad arrivare nei tempi previsti per ottenere i prossimi 23 miliardi. Cosa accadrà in termini concreti a questo assegno?

«Penso che il governo stia lavorando per rispettare gli impegni. Ho incontrato la presidente Meloni a Bruxelles e ho apprezzato che sia stata la sua prima visita internazionale, un gesto politicamente significativo. Incontro spesso il ministro Giorgetti e ovviamente il ministro Fitto. Conosco le difficoltà. Se ci sono dei ritardi vanno affrontati. Si possono fare dei ritocchi. I servizi della Commissione stanno incontrando tutti i ministri in questi giorni e domani (oggi, ndr) ci sarà un evento conclusivo. Credo che la sfida debba essere mantenuta. Per l’Italia questa è un’occasione e questa occasione non può essere perduta». 

Un’ultima domanda, a che punto è il Patto di stabilità?

«Ho presentato una proposta che è stata accettata dalla Commissione. E questo è già un passo importante. Il patto rimarrà sospeso per il prossimo anno, ma credo che se c’è una cosa che non ci possiamo permettere è di entrare in un territorio in cui hai delle regole ma non le applichi perché sono inapplicabili. Abbiamo bisogno di regole molto più graduali, più flessibili e applicabili. Martedì ci sarà una prima discussione».
 

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