Il duetto Sala-Zaia e le divisioni del Sud

di Massimo Adinolfi
Mercoledì 26 Giugno 2019, 08:00
4 Minuti di Lettura
Erano abbracciati l'uno all'altro, Beppe Sala sindaco di Milano, Pd, e Luca Zaia governatore del Veneto, Lega, in occasione della presentazione della candidatura di Milano Cortina. Magari, in futuro, si daranno freddamente la mano, in qualche studio televisivo, prima di portare l'uno all'altro la sfida per il governo del Paese, ma dinanzi al comitato olimpico internazionale si sono presentati l'uno con la mano sulle spalle dell'altro, con il presidente del Coni Malagò, il presidente del Consiglio Conte, il saluto del presidente Mattarella, e l'intera delegazione a sostenere unita la proposta italiana per le future Olimpiadi. Ce l'hanno fatta. Hanno esultato insieme.

Sette anni sono tanti, sette giorni sono pochi. Tanti però ne mancano all'inizio delle Universiadi a Napoli. L'ultimo post che il sindaco De Magistris ha dedicato all'evento, il 17 giugno, conteneva questo passaggio: «Oggi la città attira investimenti privati (il cui denaro è nella disponibilità delle persone che investono) e pubblici (che ci siamo guadagnati e che non sono di proprietà di chi ha l'obbligo di investire sui territori). Il Governo è distante da questo evento di portata nazionale, le donne e gli uomini della Regione Campania svolgono il loro ruolo in cooperazione leale con il Comune, la città di Napoli ancora una volta si è caricata la grande fetta di lavoro e responsabilità».

Ora, è inevitabile che chi legga queste parole non percepisca alcuna sintonia fra le istituzioni. Non c'è stata, infatti. Ci si accorge della critica. Si registra una lagnanza. Se poi si legge tutto il resto, si avverte certo, l’orgoglio del sindaco, il senso di gratitudine verso la città, la voglia di motivare tutti per la migliore riuscita della manifestazione, ma rimane nelle orecchie la nota stonata: per Palazzo San Giacomo, il governo è lontano e non ha aiutato, la Regione ci ha messo i soldi ma li gestisce in maniera proprietaria e comunque non ha fatto nulla più che il suo dovere. Nessun abbraccio, nessuna esultanza fianco a fianco: su uno stesso palco, in nome di uno stesso progetto.

Così abbiamo due modi di interpretare il proprio ruolo (più, verrebbe voglia di dire, un terzo, quello a cinque stelle, visto che nella vicenda Olimpiadi - come in altre vicende – il M5S non ha mostrato il massimo della coerenza: ma questa è un’altra storia): in un modo, si fa squadra; nell’altro, si sta da soli. In un caso, si saldano i livelli istituzionali, si stabiliscono sinergie, si trasmette un’immagine di unità; nell’altro, non si guarda oltre il proprio orticello, e si recrimina, si puntualizza, si rinfaccia. Si dipinge il proprio impegno come tutto cuore e passione, oltre ogni immaginabile ostacolo, senza mezzi e senza soldi, e tutto l’impegno altrui come nient’altro che un atto dovuto. «Leale cooperazione», d’accordo: ma niente di più (perché di meno proprio non si poteva dire).

A De Luca tocca fare lo stesso, per evitare che de Magistris metta il suo cappello sopra le Universiadi. E allora, che si tratti di un ultimo sopralluogo o della presentazione della mascotte, deve ribadire fino all’immediata vigilia dell’evento che il Comune chiacchiera, chiacchiera, ma non ci ha messo un euro, non uno di quelli che pure aveva promesso: si tratta di un evento finanziato interamente dalla Regione Campania, e se Napoli avrà risistemato gli impianti è tutto merito di Palazzo Santa Lucia. De Luca ha ovviamente ragione. Un po’ meno, però, ne ha il suo partito, che per un singolare allineamento - che, ad osservarlo oggi, ha quasi del miracoloso – ha espresso negli anni scorsi la guida di tutte le regioni del Mezzogiorno, senza mai riuscire a tradurre questa favorevole congiuntura in un’azione politica comune, in iniziative incisive e, soprattutto, convergenti.

Si potrebbe continuare, dunque, guardando oltre Napoli e oltre la Regione. Perché tutta la storia, recente e meno recente, del Meridione è funestata da una storica debolezza, fatta di localismi, clientelismi e particolarismi, e da ultimo di improbabili revival neoborbonici. Con quale danno per le prospettive di sviluppo e di crescita del Sud non ci vuol molto a immaginarlo.

E, intanto, all’orizzonte si annuncia un progetto di regionalismo differenziato che rischia di essere persino dirompente, se disegnato male, e che quindi richiederebbe il massimo di coesione nazionale, per non riuscire squilibrato e miope. Ma chi è, oggi, il soggetto politico che si fa portatore di questa visione unitaria?

Il post di de Magistris finisce così. Napoli città mondo. Certo: chi lo nega? Ma attenzione che, mentre Napoli fa orgogliosamente mondo a sé, tutto il resto del mondo, senza troppo turbarsene, non prosegua la sua storia da tutt’altra parte.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA