Meloni, prima uscita dopo le elezioni: «Difenderemo l'interesse nazionale con le parti sociali»

Meloni, prima uscita dopo le elezioni: «Difenderemo l'interesse nazionale con le parti sociali»
Meloni, prima uscita dopo le elezioni: «Difenderemo l'interesse nazionale con le parti sociali»
di Mario Ajello
Domenica 2 Ottobre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 16:08
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La formula è, con un lieve sorriso di sicurezza e la voce un po’ rauca per i tanti comizi, «se saremo chiamati a governare questa nazione...». La sostanza è che nella sua prima uscita pubblica dopo la vittoria elettorale e tra selfie e battimani di un pezzo d’Italia, quella rappresentata dalla Coldiretti, Giorgia Meloni traccia l’identikit politico del suo governo. Ogni parola che pronuncia, davanti a questa platea al Castello Sforzesco, serve a descrivere ciò che la destra vuole offrire a un Paese che le si è affidato non per ragioni ideologiche ma per vedere risolti problemi sempre più gravi. E per avere in Europa più voce, più peso, e una posizione che faccia valere «l’interesse nazionale italiano». Sono queste tre parole il cuore di tutto. «Quando segnalavamo che si parte dalla difesa degli interessi nazionali per arrivare a soluzioni comuni - osserva Meloni - non lo facevamo perché eravamo populisti ma perché eravamo lucidi». E ancora: «La postura dell’Italia deve partire dalla difesa del suo interesse nazionale per arrivare a soluzioni comuni. Questo cambierà nei prossimi mesi, che non vuol dire avere un approccio negativo verso gli altri ma positivo verso se stessi». 

Una nuova idea di nazione, libera da quelle timidezze o subalternità che la destra rimprovera alla sinistra e che rappresenta invece un valore e una pratica da recuperare e rilanciare in pieno secondo la leader di FdI.

Il governo «di alto profilo» in gestazione sulla base di questo nuovo protagonismo in Europa, dove si deve stare non di meno ma di più con la forza delle proprie istanze esattamente come fanno altri Paesi, vuole dare un segno di discontinuità. 

Un altro aspetto illustrato da Meloni è quello della concretezza: «In questi giorni ho scelto di limitare le uscite pubbliche, per dedicarmi anima e corpo ai dossier urgenti», è l’incipit. Poi: «Abbiamo in mente di dare risposte efficaci ai problemi dei cittadini. Sul caro energia siamo in costante contatto con il governo uscente, impegnato in una trattativa molto complessa a livello europeo. Interverremo subito sui costi energetici ma dobbiamo anche sapere che, qualsiasi soluzione troveremo, impatterà tra qualche mese sulle nostre bollette». Dunque, Meloni non si nasconde la complessità dell’opera. E comunque, ancora sull’energia: «È necessario fermare la speculazione, serve una soluzione europea». 

È il produttivismo un’altra linea guida su cui la destra di governo intende orientarsi. «Bisogna restituire al Paese una strategia industriale, a partire dall’agro-alimentare», dice lei. E parla di lavoro Meloni. Lo Stato, questo è il suo approccio, deve lasciare mani libere e «non disturbare chi vuole fare, chi vuole creare ricchezza, chi produce lavoro, chi vuole assumere. Usciamo da una legislatura, nella quale si è detto che la povertà si poteva abolire con un decreto, che la crescita e la ricchezza si creavano con un decreto, ebbene: non è così! La ricchezza in questa nazione la fanno le aziende con i loro lavoratori». Uno Stato che disegna la cornice, insomma, che crea le condizioni perché ognuno possa sviluppare i propri talenti per la crescita delle aziende e del sistema Italia. Una concezione liberale, quella a cui farà riferimento il prossimo governo, del rapporto tra cittadini e istituzioni. 

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Un esecutivo produttivista è anche quello che «difende il Made in Italy, protegge i suoi marchi, valorizza i suoi prodotti d’eccellenza» e senza timidezze compete sui mercati e mette in prima fila i propri interessi commerciali, così come fanno gli altri Paesi. Più fiducia nell’Italia e nei suoi punti di forza, ecco. 

L’altro tratto del governo che verrà è quello della concezione non titanica di se stesso e non auto-riferita e auto-centrata. «Non intendiamo fare da soli. Non ho mai creduto che la politica potesse dare le risposte migliori a qualsiasi materia, ma deve ascoltare i corpi intermedi. Quindi aspettatevi, anche voi di Coldiretti, di essere coinvolti come tutte le altre associazioni di categoria». Il non rinchiudersi nel Palazzo, e confrontarsi con tutte le parti sociali, è la bussola del governo che ancora non c’è. 

 

Il sovranismo come parolaccia è fuori dagli schemi della dottrina Meloni. La filosofia pratica che la destra di governo vuole adottare - quella appunto per cui «l’Italia deve partire dal suo interesse nazionale per trovare soluzioni comuni europee» non è sovranismo. Semmai lungimiranza. Esempio: «Il tema della sovranità alimentare è centrale. Ci dicevano che il libero commercio senza regole ci avrebbe reso ricchi. È accaduto il contrario. E il nostro Paese si è indebolito. Ormai dipendiamo da tutti per tutto». E dunque, non si tratta di diventare autarchici ma di ripensare la globalizzazione rafforzando il commercio, l’industria e l’agricoltura italiane. «Serve un approccio serio - incalza Meloni - alla questione delle catene di approvvigionamento. Sono strategiche e l’Italia e l’Europa le devono ripensare». Intanto l’identikit del governo Meloni, se Mattarella sceglierà lei, promette di contenere un altro ingrediente. Quello dell’ambientalismo del fare: «La sostenibilità ambientale va difesa ma insieme a quella economica e sociale. Vogliamo proteggere l’ambiente, ma con l’uomo dentro, senza fingere che non esista, senza cacciarlo». 

Non resta poi, alla Meloni, che avvicinarsi a un banchetto dove firma la petizione mondiale per fermare lo sbarco a tavola del cibo sintetico («il latte senza mucche», «il pesce senza mare»). Poi torna a Roma. Inseguita da commenti così: «Non l’ho votata ma spero che riesca a governare bene perché questo, right or wrong, is my country». 

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