Giustizia, i sindaci in piazza a Roma: «Indagati per tutto, basta»

Giustizia, i Sindaci in piazza: «Indagati per tutto, basta»
Giustizia, i Sindaci in piazza: ​«Indagati per tutto, basta»
di Diodato Pirone
Giovedì 8 Luglio 2021, 07:00
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Perché i partiti, tutti, ci hanno messo tanto tempo per trovare candidati per le prossime elezioni comunali che coinvolgono tutte le grandi città italiane? Perché ci sono così poche personalità che ambiscono a diventare sindaco, un tempo incarico assai prestigioso? La risposta sta nella manifestazione dei primi cittadini tenuta ieri a Roma con la quale l’Anci, l’associazione degli 8.000 Comuni italiani, ha lanciato un ultimatum: entro tre mesi va abolito o cambiato radicalmente il testo del reato dell’abuso d’ufficio e almeno tre articoli del Tuel (Testo unico enti locali) che definiscono i compiti dei sindaci. «La situazione è paradossale - ha spiegato Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci - ora se firmi un provvedimento anche banale rischi l’abuso d’ufficio, se non lo firmi rischi l’omissione d’atti d’ufficio». A far traboccare il vaso è stata la vicenda della sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, raggiunta a giugno da un avviso di garanzia per lesioni colpose perché un bambino si era fatto male in un asilo. 

Ma l’allarme risale ad anni fa. Sono più di quattro anni, infatti, che l’Anci attende che sia trasformato in fatti concreti il pacchetto di proposte elaborato proprio per impedire il blocco dell’attività amministrativa. Pacchetto che Decaro, accompagnato da un nutrito gruppo di colleghi, ieri ha presentato al premier Mario Draghi assieme alla richiesta di fare in fretta: se fra tre mesi tutto sarà rimasto come prima i sindaci sono pronti a nuove iniziative clamorose. «Draghi si è mostrato sensibile e solidale - dichiara al Messaggero Decaro - E ci ha assicurato che seguirà con estrema attenzione il tema e le iniziative alle quali il governo sta già lavorando».

La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, sta già lavorando a riformare gli articolo 50,54 e 107 del Tuel (il Testo unico degli enti locali) per ridefinire le responsabilità dei sindaci.  

«Non introdurremo uno scudo penale per i sindaci, ma non è possibile che siano responsabili anche se cade un cornicione - ha ribadito ieri la Lamorgese - Nel provvedimento di revisione del Tuel introdurremo alcune innovazioni anche sulle ordinanze. Siamo consapevoli della difficoltà nel trovare qualcuno che voglia partecipare alla vita pubblica sapendo che poi dovrà affrontare chissà quali problemi giudiziari».

In effetti i numeri - raggruppati dall’ex ministro Enrico Costa, ora in Azione, sul sito www.presuntoinnocente.com - parlano da soli. Secondo i dati Istat, nel 2017 sono stati 6.500 i procedimenti aperti per abuso d’ufficio, ma solo 57 le condanne. Nel 2018 quelli definiti da Gip e Gup (quindi oltre il primo filtro delle Procure) sono stati 7.133 ma ben 6.142 sono stati archiviati. «Nella stragrande maggioranza dei casi - spiega Costa - i sindaci vengono assolti perché il fatto non sussiste ma dopo anni di peregrinazioni spesso su esposti infondati o strumentali delle opposizioni». 

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«Vorrei che fosse chiaro - insiste Decaro - che noi non chiediamo impunità di alcun genere ma solo leggi cristalline che invece di ostacolare la nostra azione come accade attualmente la agevolino». In realtà i sindaci negli anni scorsi qualcosa hanno ottenuto. Ad esempio non è più in vigore la disposizione che li rendeva genericamente responsabili della Protezione Civile, per cui ci sono stati moltissimi casi di condanne di primi cittadini per alluvioni o eventi legati al maltempo sui quali non avevano alcuna responsabilità diretta. L’anno scorso, poi, il governo Conte 2 con il decreto semplificazioni ha limato le norme sull’abuso d’ufficio con l’obiettivo di eliminare o quantomeno ridurre il fenomeno della “paura della firma” per cui sindaci e responsabili amministrativi evitano di varare misure per non esporsi a provvedimenti giudiziari. La mini-riforma ha ricondotto l’abuso d’ufficio a «specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge», escludendo quindi tutti i casi minori previsti da regolamenti dai quali spesso nascevano provvedimenti giudiziari basati sugli esposti di esponenti delle opposizioni o degli interessi colpiti. «Spero davvero che questa sia la volta buona - chiosa Decaro - Perché il fatto che sia difficile trovare candidati sindaci per le grandi città italiane è un campanello d’allarme per tutta la società italiana». 

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