Scontro nel governo sul deficit al 2,4%: vince la linea dura di Di Maio e Salvini

Scontro nel governo sul deficit al 2,4%: vince la linea dura di Di Maio e Salvini
di Andrea Bassi e Marco Conti
Domenica 21 Ottobre 2018, 08:30 - Ultimo agg. 18:03
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Più del condono. Più delle incomprensioni delle ultime 36 ore tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nel consiglio dei ministri di ieri, il dibattito si è acceso sulla risposta da dare alla lettera con la quale la Commissione europea ha contestato la manovra italiana. Da un lato il fronte del segnale a Bruxelles, con i ministri Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi, sostenuto anche dal premier Giuseppe Conte, ha provato a spingere per far scendere almeno fino al 2,1% l'indebitamento in modo da provare a scansare la procedura d'infrazione. Dall'altro, invece, il fronte del «no», con il muro issato da Di Maio e Salvini sulla conferma di tutte le cifre già inviate alla Commissione, a cominciare proprio dal deficit al 2,4% del Pil. Una discussione che i presenti all'incontro hanno definito «molto animata», ma dalla quale, alla fine, la linea uscita vincente è ancora una volta quella dei due vice premier. L'unica cosa che Conte è riuscito ad ottenere, è stata una dichiarazione di «irreversibilità» dell'euro, e di fedeltà all'appartenenza all'Unione dei due leader dei partiti che sostengono l'esecutivo.
 
«Non c'è alcun proposito di uscire dall'Ue o dalla moneta unica, stiamo bene in Ue le cui regole vogliamo modificare», ha detto Salvini in conferenza stampa. «Finché resterò capo politico del M5S e finché ci sarà questo governo non c'è nessuna volontà di lasciare Ue o la zona euro», gli ha fatto eco Di Maio. Parole rivolte più ai mercati, che domani riapriranno dopo il downgrading di Moody's e alla vigilia dell'ormai scontata bocciatura europea della manovra, che a Bruxelles. Il deficit per il 2019 dunque, resta fissato al 2,4%. Con il corollario che nemmeno il deficit strutturale, ossia depurato dall'andamento del ciclo economico e delle misure una tantum sarà rivisto. Il suo peggioramento rispetto alle stime rimarrà di circa un punto e mezzo di Pil. Ed è a questo parametro che la Commissione guarda. Se a parole sia il presidente del Consiglio Conte, che i due vice premier, Salvini e Di Maio, si sono detti pronti a collaborare con l'Europa, e il primo anche ad incontrare Moscovici e Juncker, nei fatti quello che si prospetta è un muro contro muro.

Domani, entro mezzogiorno, il ministro Tria invierà la risposta alla Commissione. Il giorno dopo, martedì, è già prevista una riunione a Strasburgo dell'esecutivo comunitario in concomitanza con una sessione plenaria dell'Europarlamento. L'occasione potrebbe essere presa al balzo dalla Commissione per bocciare per direttissima la manovra italiana rilasciando immediatamente l'opinione che avvia la procedura d'infrazione. Quali frecce rimangono a Roma per provare a trovare un accordo con Bruxelles? Conte ieri ha provato ad anticipare qualche spiegazione che dovrebbe essere contenuta nella lettera di risposta. Da una previsione di deficit dello 0,8%, ha spiegato il premier, «ci trovavamo già all'1,2% e se aggiungiamo le clausole di salvaguardia che valgono lo 0,7% finiamo vicini al 2%. Sembra che siamo balzati al 2,4% con una manovra arrischiata». Tutto questo rumore, insomma, sarebbe per nulla. Per un deficit extra di soli 5 miliardi di euro rispetto a quanto l'Ue avrebbe concesso all'Italia. Conte inoltre, si è detto convinto di poter raggiungere gli obiettivi indicati nei documenti programmatici del governo, anche grazie alle riforme. Riforme che da sole potrebbero far crescere il Pil dell'1,2%. Si vedrà se basterà a convincere i partner.

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