Nei corridoi di Porta Pia si misurano i passi da qui alle Europee con una certa angoscia: c'è ormai la ragionevole certezza che alla fine di maggio per Danilo Toninelli scatterà la tagliola. Ma a unire alcuni dei dirigenti del ministero è la diffusa convinzione che il titolare grillino del Mit si sia messo in trappola da solo. Non è più un mistero per nessuno ormai, neppure in casa M5s: una volta certificato il probabile sorpasso alle urne, la Lega chiederà la testa di Toninelli. «Al suo posto raccontano al Mit- arriverà il viceministro Rixi se non sarà condannato. E se non sarà lui sarà un altro leghista, di fronte al totale fallimento di Danilo si è rassegnato anche Di Maio». Fonti interne raccontano difatti che il ministro sia sempre più isolato. Arroccato in una stoica resistenza contro i leghisti, ma anche contro i suoi. È del resto ormai molto tempo che Toninelli è sparito dai radar pubblici. Conseguenza di una serie di «gaffe, errate valutazioni, disorganizzazione e incompetenza», che gli hanno alienato anche le simpatie dei colleghi stellati. «Ormai non riceve più parlamentari del Movimento da mesi: senatori di peso come Patuanelli e Coltorti (l'alternativa su cui punterebbe il M5s al Mit), gli sono ormai ostili».
Lo strappo più profondo con i vertici del M5s, si sarebbe consumato al tempo della Tav. «Di Maio gli aveva chiesto raccontano al Mit - di produrre un dossier alternativo, e invece Danilo non ha provveduto. Non è un caso che poi Conte lo abbia commissariato». Ma nel mirino è finito anche l'analisi costi-benefici. «Un pasticcio: si voleva dimostrare che la Tav non serviva, e invece con la storia delle minori accise sul gasolio abbiamo fatto autogol: pensare che nell'analisi dei costi, è stata omesso persino l'impatto di Ires e Irap che le imprese avrebbero versato allo Stato pur di forzare la mano». «Sappiamo bene come andrà a finire svela una fonte interna il premier Conte sbloccherà l'opera dopo le Europee, dopo aver strappato condizioni di favore dall'Unione e da Macron». Profondo ma non decisivo lo strappo sulla Tav. A far scattare davvero la tagliola per Toninelli sarebbe stata infatti un'altra vicissitudine più recente: il via libera al passante di Bologna, che ha scatenato l'ira del plenipotenziario locale Massimo Bugani. «Non parliamo di uno qualsiasi, ma di un membro dell'associazione Rousseau. Inutile dire che è stato come fare lo sgambetto al patron Casaleggio jr.», raccontano al Mit. Dove si ricorda con amarezza anche il pasticcio dei seggiolini per i bebè. «L'obbligo doveva partire da quest'estate, ma il ministro si è scordato di fare il decreto».
La Tav, il Passante di Mezzo. Se da mesi Toninelli è sulla graticola è per via delle grandi opere ferme al palo. Per uscire dall'angolo il ministro ha rilanciato di recente lo «sblocca cantieri». Che però a Porta Pia viene liquidato come un grande bluff. «Leggetelo, non sbloccherà niente, eccetto la Lioni-Grottaminarda. È una scatola vuota, si scarica alle regioni la responsabilità di realizzare le infrastrutture, in modo da addebitare ai governatori la paralisi dei cantieri che continuerà a regnare sovrana».
Ma che cosa ne è delle analisi costi-benefici su decine e decine di grandi opere? La risposta che arriva dal Mit è raggelante: «Finora non si è mai lavorato a nessun dossier, a quanto ci risulta non esiste neppure un elenco delle opere da sbloccare». I motivi di tanto ritardo, andrebbero rintracciati nella «disorganizzazione e incompetenza» che avvolge il ministero. «Toninelli si è circondato di soli avvocati e non presiede mai le riunioni tecniche: ci manda i segretari dei suoi segretari». E c'è poi il caos dei capi dipartimento del ministero. «Una sciagura, chi è esperto di porti si occupa di strade, chi è esperto di strade di porti e così via: che ci voleva a sfruttare al meglio le competenze?», si mormora al Mit. «Il punto è che il ministro è molto intelligente, preparato in fatto di giurisprudenza, ma poco in confidenza con le cose tecniche e troppo narciso: si interessa troppo ai post e alla comunicazione sui social, e poco ai nodi del Paese. E ascolta solo gli yes-man». Intanto l'orologio ticchetta inesorabile. Al Mit si attende rassegnati il cambio della guardia.
La Lega vuole la poltrona di Toninelli, poi ok alla Tav
di Francesco Lo Dico
Venerdì 17 Maggio 2019, 07:00
- Ultimo agg. 13:23
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