Dal Reddito a quota 34%, quei decreti attuativi mai arrivati

Dal Reddito a quota 34%, quei decreti attuativi mai arrivati
di Nando Santonastaso
Martedì 25 Agosto 2020, 07:00 - Ultimo agg. 15:23
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Forse sono persino più numerosi dei 400 indicati dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi nell'intervista alla Stampa. Basta contare quelli ereditati dal governo giallorosso e risalire via via fino al governo guidato da Enrico Letta. Già, perché a quanto pare arriva anche lì l'onda lunga dei decreti attuativi che mancano all'appello. Secondo il sito Linkiesta, i soli atti relativi agli ultimi decreti legge varati dal Conte bis durante l'emergenza Covid-19, dal Cura Italia ai Dl Liquidità e Rilancio, ammonterebbero a 358, che si aggiungono ai 186 del governo gialloverde ai 211 del gabinetto Gentiloni, ai 119 di Renzi e agli ultimi 11 ancora non approvati dell'esecutivo di Letta. Tanti, sicuramente troppi e sicuramente alcuni ormai inutili visto che non saranno più necessari.

Vecchio e tuttora irrisolto il problema, reso però ancora più paradossale dalla stagione della politica degli annunci. Le norme rimaste lettera morta perché, appunto, prive degli indispensabili provvedimenti attuativi sono entrate a pieno titolo nel prezzo pagato alla burocrazia, alla instabilità dei governi e ad una incapacità ormai acquisita della politica di considerare il fattore tempo come lo intendono le imprese: con scadenze certe, cioè, e non aleatorie.

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Il racconto dell'emergenza, spalmato sugli ultimi decreti del governo, ne è l'ennesima dimostrazione. Ci sono voluti due mesi per capire come sarebbero state stabilite le modalità per il rilascio delle garanzie bancarie per gli aiuti attraverso Sace alle imprese maggiori e altrettanto è avvenuto a proposito del decreto sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento dell'esame di Stato: una corsa contro il tempo ha impedito il caos pur essendo stato varato in tempi certi il relativo decreto del governo.

Ma anche al di fuori dell'emergenza sanitaria, i conti non tornano. Manca, ad esempio, un Dpcm per consentire la completa attuazione della legge che destina al Mezzogiorno il 34% della spesa ordinaria dei ministeri: la legge, intendiamoci, è pienamente operativa ma il provvedimento che deve emanare il Presidente del Consiglio resta necessario per verificare le modalità e i tempi attraverso i quali le singole amministrazioni dello Stato ottempereranno al rispetto della norma. Naturalmente il continuo ricorso a decreti di urgenza ha finito ulteriormente per ingolfare gli uffici ministeriali e in particolare quelli legislativi ma questo, in fondo, andava messo nel conto di un sistema tradizionalmente complesso e spesso persino sconosciuto agli stessi politici.
 


Lo dimostra il fatto che anche per una legge che, nel bene e nel male, simboleggia l'attuale legislatura, come quella che ha introdotto il Reddito di cittadinanza, manca ancora qualche pezzo, ovvero decreti attuativi non ancora adottati a distanza di due anni dall'introduzione della discussa norma. Secondo Redattore sociale che ha approfondito il tema, sul sito dell'Ufficio per il programma di governo si possono verificare i sette provvedimenti attuativi non ancora adottati tra cui alcuni non proprio secondari rispetto all'annunciato obiettivo di contrastare la lotta alla povertà. Tra essi quello che prevede l'istituzione di un comitato tecnico-scientifico per il progetto di ricerca relativo alla valutazione del Reddito stesso. Lo schema, fa sapere il Ministero del lavoro, è già stato predisposto ma non è stato ancora condiviso con gli uffici di diretta collaborazione.

L'allarme più grosso è scattato in occasione del decreto Rilancio anche perché doveva essere il primo passo della cosiddetta Fase 2, la ripresa cioè sia pure parziale del Paese dopo il lockdown. In realtà insieme al Cura Italia erano ben 165 i decreti attuativi previsti dai provvedimenti di urgenza emanati dal governo, con 17 ministeri coinvolti. A fine maggio solo 31 risultavano adottati, ma, in particolare per il decreto Rilancio si era fermi a quota 9. I ritardi si sono sommati alla complessità delle nuove norme com'è accaduto in particolare per l'Ecobonus e la maxi detrazione prevista. L'attesa per una misura particolarmente importante perché potrebbe rilanciare la piccola economia dei territori è diventata spasmodica ma è stato necessario mettere in sintonia i ministeri dell'Economia e dello Sviluppo economico per tracciare un percorso che solo negli ultimi tempi sul piano tecnico sembra aver imboccato la strada della chiarezza e dell'operatività. Difficile, di conseguenza, non sorprendersi di fronte al fatto che su 266 articoli del decreto Rilancio, ben 75 richiedevano provvedimenti attuativi, come emerge dalla puntuale ricognizione di Open polis.

Una malattia inevitabile? Sicuramente no.
Molti degli ultimi governi, compreso quello in carica, sono ricorsi a provvedimenti auto-applicativi, che non richiedono cioè decreti attuativi. Il guaio è che sono ancora una eccezione rispetto alla pessima consuetudine che nessuno riesce ad annullare. 

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