Nomine, governo diviso: trattative fino a notte sulle partecipate. Il vertice a Palazzo Chigi non basta

E manca ancora l’indicazione dei manager alla guida delle 135 controllate in scadenza

Governo diviso sulle nomine delle partecipate, non è bastato il vertice a Palazzo Chigi
Governo diviso sulle nomine delle partecipate, non è bastato il vertice a Palazzo Chigi
di Francesco Malfetano
Mercoledì 12 Aprile 2023, 00:16 - Ultimo agg. 12:40
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Tutti i ministri, o quasi, in attesa dietro una porta chiusa. Per l’esattezza quella della stanza di Giovanbattista Fazzolari a Palazzo Chigi. In conclave appena prima dell’inizio del Consiglio dei ministri, oltre alla premier e al suo fedelissimo, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il primo con al fianco Gianni Letta, il secondo con Alberto Bagnai e Andrea Paganella. Fuori, raccontano i presenti, «si girava come trottole alla ricerca di notizie». Dentro invece, si cercava l’«equilibrio perfetto» sulle nomine dei vertici di tutte e 135 le società partecipate in scadenza quest’anno. 

La fumata più attesa - che non si esclude possa arrivare nella notte - riguarda i tre gruppi nazionali dell’energia, Eni Enel e Terna, insieme a Poste e Leonardo. Per tutti e cinque l’orologio ticchetta più veloce perché le rispettive assemblee pronte a ratificare i nuovi vertici sono ormai state convocate. Tant’è che presidenti e amministratori delegati dovrebbero essere messi nero su bianco in un’unica tornata entro domani anche se il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti - a cui non spetta l’ultima parola, ma la firma sì - è volato a Washington per partecipare al Meeting di primavera del Fondo monetario internazionale. «Può sempre firmare in digitale» ha provato a ironizzare qualcuno.

Al momento, però, di definito non c’è nulla. «Esiste tuttavia uno schema» ragionano a Palazzo Chigi, e prevede che tutti gli amministratori delegati siano indicati da Meloni. «Abbiamo vinto noi - sottolineano infatti in FdI - se ne facciano una ragione». Agli alleati, Lega e Forza Italia, resterebbe quindi la designazione dei presidenti. E neanche tutti. Uno agli azzurri e due al Carroccio per l’esattezza. 

Vale a dire che, in almeno due casi, la premier terrebbe per sé entrambe le cariche. È il caso di Leonardo dove i malumori di chi non digerisce che Roberto Cingolani possa essere il nuovo amministratore delegato sarebbero stati liquidati da Meloni con un «faremo così». Al punto che al borsino delle nomine l’ex ministro è considerato blindato. Con lui, a guidare l’ex Finmeccanica da presidente al posto di Luciano Carta, dovrebbe arrivare l’attuale Comandante della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana. Uno spostamento che, di conseguenza, porterebbe alla guida di Viale XXI Aprile il comandante in seconda, il generale di corpo d’armata Andrea De Gennaro, che gode della stima del sottosegretario Alfredo Mantovano. 

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PARTITA NON SEMPLICE

Tornando a Leonardo, la partita potrebbe non essere in realtà così semplice. Seguendo questa evoluzione - con il duo Cingolani-Zafarana - il ministro della Difesa Guido Crosetto resterebbe con il cerino in mano. E allora ecco che c’è chi non esclude altre possibilità. La prima è che al posto che sarebbe di Zafarana arrivi l’ex ambasciatore in Afghanistan Stefano Pontecorvo. La seconda, mantenendo il numero uno della GdF in campo, prevede che i delfini di Crosetto, Lorenzo Mariani e Maurizio Tucci, siano destinati ad un neonato sdoppiamento della direzione generale, con i due manager a riporto di Cingolani. Comunque vada a finire si tratta di un totale stravolgimento della linea di comando di una delle più grandi aziende italiane che però, spiegano, «non è il modus operandi scelto dal governo». Per Eni e Poste infatti, si prospetta la conferma dei rispettivi amministratori delegati. Da un lato Claudio Descalzi, da molti considerato uno dei consiglieri più ascoltati dalla stessa Meloni e vero fautore del Piano Mattei: dall’altro Matteo Del Fante che tanto bene ha fatto da quando è approdato alla guida di Poste dal 2017. 

A completare il quadro degli amministratori delegati Stefano Donnarumma e Giuseppina Di Foggia. Il primo destinato a Enel quale ad, la seconda - proprio in virtù della poltrona lasciata vacante da Donnarumma - invece a Terna. Di Foggia, unico nome della rosa che permetterebbe a Meloni di tenere fede alla promessa fatta l’8 marzo scorso, è tuttavia considerata in forse. Ancor più nebulosa la partita dei presidenti. Escludendo il caso Leonardo, il solo che può considerarsi ragionevolmente sicuro di accasarsi è Paolo Scaroni. L’attuale numero uno del Milan con un passato in Enel ed Eni, potrebbe tornare all’Enel o, in alternativa, a Terna. Caselle per cui risulta in corsa anche Carta, in procinto di lasciare Leonardo. Un gioco di incastri che, magari già nella notte, troverà una quadra. Ma per ora la fumata bianca ancora non c’è. 

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