«M5S mai col Pd», pressing della base: l'ombra della scissione

«M5S mai col Pd», pressing della base: l'ombra della scissione
di Valentino Di Giacomo
Domenica 25 Agosto 2019, 08:30
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«Mai col Pd». La base si ribella e i gruppi di Camera e Senato rischiano la scissione. È quanto sta succedendo nella galassia del Movimento 5 Stelle nelle ultime ore per l'accordo possibile con il Pd. Le pagine social dei grillini sono inondate di commenti sprezzanti. Ma le polemiche non si fermano solo alla base: i parlamentari M5s si dividono anche loro in correnti attraverso i propri profili Facebook e Twitter. C'è chi chiede di verificare la possibilità dell'intesa con i Dem almeno mettendola ai voti sulla piattaforma Rousseau, chi è per siglare subito l'accordo e poi quelli che invocano un ritorno alla Lega.
 
Il risultato è un partito spaccato, anche se è presto per stabilirne esattamente le proporzioni. Il gruppo M5s ha dato comunque a maggioranza pieno mandato a Di Maio e ai due capigruppo per avviare le trattative.

Impossibile stabilire quanto possano essere davvero attendibili le dinamiche social dal sentiment alimentato sul web. Non tutti i commenti sono infatti spontanei. Da qualche giorno, per condizionare la trattativa tra Pd e M5s, si è attivata anche la cosiddetta Bestia, la portentosa macchina social di Luca Morisi, guru della comunicazione virale al servizio della Lega di Matteo Salvini. Basta dare uno sguardo ai profili della galassia leghista: l'account Twitter ufficiale del Carroccio rilancia diversi articoli che raccontano dei malumori della base grillina. «Suicidio Pd-5Stelle» è uno degli hashtag più in voga. Poi ci sono gli appelli agli M5s lanciati dai leghisti per far partire una vera e propria campagna virale: «Amici attivisti pentastellati - è il messaggio rilanciato da centinaia di utenti leghisti online - vi prego di usare tutti questa foto. Fatevi sentire. Fatevi contare. Non siate complici. Salvate il Movimento e gli italiani. Non salite a bordo cazzo». La foto da condividere è una bandiera a 5 Stelle con l'hashtag Senza di me con il Pd. Tweet rilanciato anche dal team del Carroccio, tra cui la napoletana Gaia Gherardelli, responsabile comunicazione della Lega Giovani.

Di sicuro i commenti sui profili M5s non saranno tutti veraci, ma ce ne sono comunque a centinaia di attivisti che criticano l'apertura di Di Maio a Zingaretti. I malumori non si registrano però solo nella base, anche i parlamentari si punzecchiano. «Qualcuno ripone le speranze di un nuovo governo nel Pd di oggi e come al solito il Pd è sempre pronto a deluderle tutte e - scrive Massimo Bugani, consigliere M5s di Bologna e socio di Rousseau - ancor prima di iniziare il tavolo di ieri, le almeno 10 correnti, in perenne guerra tra di loro, stavano già litigando. Poi ancora attacchi: «Il Pd - dice l'ex deputato - vuole fare un Governo per via della paura e non con il coraggio. Lo vuole fare per paura che Salvini governi da solo, per paura di andare tutti a casa. Nessuna di queste è per me una ragione in grado di garantire solidità ad un eventuale governo M5S-Pd. Questo Pd dovrebbe solo dire sì ai 10 punti, dire sì a Giuseppe Conte e seguire chi come noi ha un'identità. Noi del voto non dobbiamo avere paura e non avremo mai paura». L'appello non cade nel vuoto e Gianluigi Paragone rilancia subito il tweet. Ma dall'altro fronte risponde Giuseppe Brescia, che già ieri in un'intervista al Mattino aveva fatto capire l'aria che tira nel gruppo. «I vari Bugani, Paragone potrebbero fare silenzio e rispettare il lavoro che sta facendo Di Maio in questa fase così delicata - ha scritto Brescia su Twitter - il mandato dell'assemblea è chiaro, rassegnatevi». Post rilanciato da pentstellati vicini al presidente della Camera, Roberto Fico, come Carla Ruocco, Luigi Gallo, Roberta Lombardi e l'eurodeputata Marta Grande.

La maggioranza dei 5 Stelle è per l'accordo, ma ora Di Maio teme che qualsiasi decisione possa prendere il suo gruppo possa spaccarsi. Tanti restano al coperto e non si sbilanciano, ma sia un ritorno alla Lega che un accordo col Pd potrebbe in ogni caso far deflagrare gli scontri e portare alla scissione.
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