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GIORGIA MELONI

Camere, accordo a un passo: il Senato a La Russa, a Montecitorio andrà un leghista. Meloni pressa Berlusconi, ma i nodi restano

Camere, accordo a un passo: il Senato a La Russa, a Montecitorio andrà un leghista. Meloni pressa Berlusconi, ma i nodi restano
Camere, accordo a un passo: il Senato a La Russa, a Montecitorio andrà un leghista. ​Meloni pressa Berlusconi, ma i nodi restano
di Francesco Malfetano
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 13 Ottobre 2022, 00:02 - Ultimo agg. : 10:03
4 Minuti di Lettura

«C’è ancora stasera, c’è tempo. Non troppo ma ce n’è». A offrire la sintesi di una giornata di trattative convulse stavolta è Giancarlo Giorgetti, sempre più ministro del Tesoro in pectore. Quando lascia Montecitorio la sensazione è che bilancini e manuali Cencelli non troveranno riposo nella notte. E a tutti gli effetti sarà proprio così. Questa mattina del resto deputati e senatori prenderanno possesso dei loro scranni alle Camere per stabilire, in primis, chi dovrà guidarle. Non mostrarsi uniti in questa fase sarebbe un segnale catastrofico per il centrodestra perché non solo contraddirebbe tutti i «siamo ottimisti» e «coesi» rivendicati fino a questo momento, quanto allungherebbe i tempi per ricevere l’incarico da Sergio Mattarella.
E così a ribollire sono anche i telefoni. Salvini poco dopo le parole di Giorgetti sveste la felpa padana per indossare quella del mediatore e fare un passo in avanti. O meglio farne fare uno indietro a Roberto Calderoli per la poltrona di presidente del Senato. Dopo aver richiesto per lui la seconda carica dello Stato ancora nel pomeriggio, la Lega decide quindi di lasciare che a palazzo Madama diventi presidente Ignazio La Russa. La Camera però andrà ad un leghista. Il nome? Ancora da definire, ma non necessariamente sarà uno tra il vicepresidente Riccardo Molinari o Nicola Molteni. D’altro canto per Montecitorio, spiegano, «c’è più tempo». Il voto decisivo non si terrà prima di domani mattina.

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Gli incastri

Anche a Camera e Senato sbloccati però, il gioco di incastri è tutt’altro che completo. In cambio del dietrofront di Calderoli, Salvini – che prima del vertice federale con i suoi nel pomeriggio ha anche incontrato Meloni vis-a-vis – chiede tanto. Le Infrastrutture con delega alla Guardia costiera per sé, il Viminale ma per un fedelissimo “politico” (anche se alla fine non disdegnerebbe il prefetto di Roma Piantedosi), gli Affari Regionali, l’Agricoltura, il Tesoro per Giancarlo Giorgetti e qualche altro ministero meno importante. «Una follia» liquida però uno dei consiglieri della leader di FdI. «Uno schema irricevibile» risponde secco un’altra fonte di vertice, sia che si comprenda nell’accordo il ministero dell’Interno con un fedelissimo del Capitano sia che il Viminale resti escluso dal pacchetto. «La Lega chiede delle compensazioni – ragionano ancora a tarda sera a via della Scrofa – ma al massimo ci sarebbe da compensare Forza Italia». 

 

Gli azzurri

E proprio con il Cavaliere le trattative sono infuocate. Meloni, che pure aveva detto «basta» ai vertici nelle case del leader azzurro, varca i cancelli di Villa Grande proprio mentre la Lega si riunisce a Montecitorio. L’obiettivo è pressare il Cavaliere per blindare La Russa (e la missione è compiuta) e dissuadere Berlusconi dall’imporre Licia Ronzulli per un ministero di peso. Quest’ultimo punto, però, com’è noto lascia perplesso Silvio, che ribatte chiedendo almeno Giustizia e Sviluppo Economico per i suoi. Caselle che però «proprio non possiamo dargli», sospirano ai vertici di FdI. La sola possibilità che alcuni sherpa meloniani considerano ancora in piedi è al limite spostare al MiSE Antonio Tajani, visto come una figura di garanzia. A quel punto però, rinunciando agli Esteri a cui sembrava indirizzato il coordinatore di FI, bisognerebbe sbloccare un’altra casella per gli azzurri. Re-innescando un gioco di specchi che, anche secondo i più ottimisti tra gli osservatori, non si concluderà se non «all’ultimo minuto». Le trattative sono in corso. Berlusconi a cena riceve anche i consiglieri di sempre Fedele Confalonieri e Gianni Letta (insieme al governatore calabrese Roberto Occhiuto). Due che il leader azzurro schiera quando i giochi si fanno davvero duri. E, adesso, pare proprio esser così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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