Di Maio-Salvini, niente intesa sul premier e Mattarella prepara il piano B

Di Maio-Salvini, niente intesa sul premier e Mattarella prepara il piano B
di Marco Conti
Domenica 13 Maggio 2018, 07:30 - Ultimo agg. 12:30
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Due leader alle strette si ritroveranno di nuovo oggi al Pirellone per arrivare ad un'intesa, che ancora non c'è, su chi guiderà il governo giallo-verde. Matteo Salvini da ieri sente di nuovo sul collo il fiato dell'alleato-riabilitato, mentre Di Maio - più sensibile agli avvertimenti che arrivano dal Colle - ha colto nel discorso su Einaudi l'ultimatum di Mattarella e il rischio che torni a riaffacciarsi l'ipotesi del governo di garanzia a certificazione delle incapacità di M5S e Lega.

Da giorni i due leader e le loro delegazioni si fanno riprendere dalle telecamere seduti intorno ad un tavolo alle prese con grafici, tabelle e numeri. Da giorni sembrano ufficialmente ignorare che domani, Costituzione alla mano, al presidente della Repubblica non devono portare faldoni programmatici, ma dare conferma dell'intesa politica fornendo il nome del possibile presidente del Consiglio.
 
L'accordo programmatico in corso tra i due partiti - ammesso che ci sia - attiene infatti alla sfera politica e non agli obblighi costituzionali che hanno assunto quando hanno chiesto tempo al Capo dello Stato. Dopo due mesi e mezzo di trattative che hanno principalmente coinvolto grillini e leghisti, sembra ancora mancare la pedina più importante. I reciproci veti continuano infatti a bloccare sia la candidatura di Di Maio che quella di Salvini per palazzo Chigi. Una strategia interdittiva che i due applicano l'uno contro l'altro e che è proseguita anche ieri nel progressivo downgrading di nomi di tecnici, professori e terze file dei rispettivi partiti.

Il rischio che, senza uno scatto in avanti, si arrivi alla fine a proporre un nome di premier-terzo un po' a caso e privo delle dovute competenze, preoccupa Sergio Mattarella che ieri, citando Einaudi, ha disegnato gli ampi confini che gli assegna la Costituzione sia nella nomina del presidente del Consiglio che nella valutazioni dei ministri che si intendo proporre. Arrivando anche a ricordare il potere che ha il Capo dello Stato nel rinvio alle Camere di leggi prive di coperture di spesa o con coperture aleatori come potrebbero essere i condoni.

Per capire sino a che punto il ritorno in campo di Berlusconi e il discorso di Mattarella aiutano o complicano il raggiungimento di un'intesa, lo si capirà domani quando - salvo proroghe - Di Maio e Salvini saliranno al Quirinale per spiegare i termini dell'intesa e il nome del possibile premier. Sino a ieri sera i due, più o meno all'unisono, si sono affrettati a sostenere che «ci sono ampi punti di convergenza» e che «se salta l'intesa si torna a votare». Ma è proprio la lunga trattativa ad aver trasformato la minaccia di un ritorno a breve alle urne in una pistola scarica. Chiusa la finestra di luglio se ne potrebbe riparlare in autunno, ma nel frattempo occorre che il Paese abbia un governo nel pieno dei suoi poteri che possa rappresentare l'Italia ad importanti appuntamenti europei e internazionali.

Ed è qui, nel possibile protrarsi dello stallo, che l'ipotesi del governo di garanzia, potrebbe riuscire dal cassetto della scrivania di Mattarella. Una soluzione che, dopo tante riunioni, promesse, dichiarazioni e tavoli, rischi di trasformarsi però in una sconfitta politica per i due giovani leader.

Senza contare che, con Silvio Berlusconi pronto a tornare in Parlamento alla prima occasione utile, anche la strada di un ritorno al voto con il centrodestra proposto ieri a Salvini da Giorgia Meloni, non è priva di insidie per chi ora dice di trattare con il 37% in tasca. Ma il ritorno sulla scena del Cavaliere, che l'azzurro Sestino Giacomoni propone provocatoriamente come premier a M5S e Lega, restringe i margini anche di Di Maio. Il leader grillino nella lunga trattativa con il potenziale alleato mostra ora di soffrire il pressing di Davide Casaleggio molto orientato verso l'accordo e la formazione di un governo.

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